L'estate dei suoi ventidue anni era al giro di boa. Le giornate si stavano accorciando, le ondate di caldo erano meno aggressive. Anche il cielo (che per tre settimane aveva visto solo dalla finestra della sua camera al terzo piano di un ospedale di periferia) sembrava diverso. La sensazione che sarebbe stata un'estate da ricordare si era rivelata vera solo in parte: se la sarebbe ricordata, sì, ma non per i motivi che credeva e sperava. A parte un trenta sul libretto universitario e l'illusione che la sua vita sentimentale stesse cambiando per il meglio, gli aveva regalato solo dolore.
Il suo umore era di nuovo raso terra, in un modo che gli ricordò i due insoliti periodi di apatia fisica ed emotiva vissuti tra giugno e luglio, ma almeno questa volta non si chiese perché, sarebbe stato strano il contrario.
Tornare a casa, però, fu un motivo di gioia, un abbondante assaggio dell'imminente (si sperava) ritorno alla normalità. Il piccolo appartamento popolare profumava di detersivo per pavimenti alla fragranza Brezza Marina e di panni stesi ad asciugare al sole, e non di disinfettante e cibo quasi insapore. Il suo letto sarebbe stato di nuovo quel rifugio coperto di cuscini colorati che già una volta gli aveva dato il bentornato dopo una lunga degenza in ospedale, incastonato tra due pareti decorate con poster e fotografie. Era tutto così familiare e al tempo stesso surreale come certi suoi sogni, ma a differenza di questi non faceva paura.
Patrick si sentì di nuovo libero, non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a trattenere le lacrime di commozione che gli bruciavano gli occhi. Non era stato il suo primo ricovero ma era stato quello più difficile. Il primo non gli aveva lasciato traumi, non l'aveva portato ad avere paura degli ospedali; il secondo l'aveva vissuto bene perché in un ambiente protetto si era sentito al sicuro e aveva conosciuto una psicologa dolcissima che l'aveva aiutato molto. Questo terzo round, invece, era stato devastante, una prigionia più asfissiante del gesso al braccio e dell'immobilità forzata. Giornate tutte uguali, scandite solo dall'orario dei pasti e dalle visite di familiari e amici, sempre troppo brevi. I pazienti che si erano avvicendati negli altri tre letti non avevano voglia di far conversazione o se ne avevano, parlavano solo di incidenti, malattie, e di quanto amara fosse la vita.
Aveva letto molto, non appena era stato di nuovo in grado di tenere un libro in mano. Un dossier sulla Banda della Magliana. Racconti di fantasmi, che gli aveva portato Max ignaro del fatto che qualcosa era cambiato nella sua psiche e l'orrore non era più un'innocua fantasia di cui scordarsi a fine lettura. Un trattato di quattrocento pagine sui disturbi della personalità: ora poteva affermare con ragionevole certezza che il ragazzo del quarto piano soffriva di disturbo borderline e probabilmente aveva anche tratti istrionici, mentre Elisa era una narcisista da manuale. Ma a parte leggere, non aveva fatto altro che pensare troppo e aspettare che qualcuno andasse a trovarlo.
Sarebbe dovuto tornare in ospedale per togliere il gesso, per un controllo cardiologico a fine mese, per una lastra al torace. Sperava di riuscire a fare le tre cose tutte insieme. Ora però non voleva pensarci, prima di tutto desiderava bere qualcosa di fresco, fare una doccia, e mangiare del cibo buono. Non ne poteva più di fette biscottate e tè al limone, chiamarla colazione era un' eresia!
Viviana lo sapeva, lei sapeva sempre tutto. Mise la caffettiera sul fuoco, imburrò due fette di pane fresco e le ricoprì di marmellata di albicocche fatta in casa. Sul tavolo c'erano dei biscotti di pasta di mandorle e i pabassinas, i tipici dolcetti sardi con la glassa e le codette colorate.
«Questi li ha portati Max, li ha fatti sua madre.»
C'era anche una brocca di latte, menta e orzata, una bevanda estiva immancabile in casa Martini. Patrick se ne versò un bicchiere e si guardò intorno. Ora non aveva più voglia di piangere, i suoi occhi sorridevano. Era tutto perfetto, era tutto bellissimo. A breve sarebbe tornato alla vita di prima, il suo corpo era in via di guarigione e non ci sarebbe voluto molto prima di riprendere a uscire con gli amici, studiare, conoscere ragazze sperando di trovare finalmente quella giusta. Avrebbe anche dovuto cercarsi un nuovo lavoretto, purtroppo, perché allo Shamrock l'avevano già sostituito e «magari se ne riparlerà l'estate prossima».
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Patrick
General Fiction*storia fruibile anche senza aver letto il volume precedente* **Sono centosedici capitoli ma non molto lunghi** L'ultima estate del ventesimo secolo si preannuncia nient'affatto noiosa per il ventiduenne Patrick, un tranquillo studente universitario...