52. Nube tossica

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Come se ne erano accorti Coniglio (ora legato a lui da un vincolo di riconoscenza poiché dal racconto dettagliato della sorella aveva intuito cos'era accaduto davvero a quel maledetto incrocio e quindi ancora più attento e premuroso nei suoi riguardi) e Viola, se ne accorse anche lui. Stefania era una nube tossica che gravava sulla sua esistenza, togliendogli l'aria, e con la seconda e terza possibilità che le aveva dato si era pulita il bel fondoschiena, per dirla in modo gentile e non esprimersi come avevano fatto Gabriele e Alessio.
Furono proprio le parole di quest'ultimo a rimbombargli in testa mentre riaccendeva il cellulare per memorizzare il numero di Mattia e trovò non uno, non due, ma cinque messaggi .

Chiamami subito, testa di cazzo.

Anzi no, non farlo.

Spero che tu stia avendo un attacco d'asma fatale.

Muori.

Illuso non troverai mai un'altra disposta a sopportarti.

Stefy, dammi tempo, le scrisse più che altro per placarla. Lo sai che non sono abituato a usare un cellulare, mi ero anche scordato di averlo.

La risposta non tardò ad arrivare.

Ah già, voi pezzenti non SIETE ABITUATI. A proposito di pezzenti, hai addosso i tuoi stracci o alla fine ti sei vestito in modo decente?

La mezza idea di chiamarla subito divenne rifiuto totale.

Cosa aveva detto, Alessio?

«Dai retta a me e a tuo fratello. Sei la sua ossessione e ti farà solo del male, e non importa tu non ne sia innamorato, ha già comunque troppo potere su di te.»

Gabriele aveva invece parlato di dipendenza affettiva e lui gli aveva quasi riso in faccia. Come poteva dipendere da una ragazza che a suo dire lo considerava solo un giocattolino da usare perlopiù a letto? E poi lui non aveva carenze affettive, non aveva bisogno di aggrapparsi alla prima persona che gli desse qualche attenzione.
Su due cose però aveva ragione: Viola non gli era indifferente e il fatto che il solo nominarla gli facesse illuminare gli occhi la diceva lunga su ciò che cercasse realmente. Ora non poteva più negarlo, e ne prese piena consapevolezza. Dolorosamente, perché, dettaglio non certo irrilevante che aveva omesso nel parlarne col fratello che forse se ne era scordato, Viola era impegnata. Viola era la compagna di un altro, intoccabile per i suoi principi morali.

La situazione quindi era disastrosa: da una parte c'era una donna ossessionata da lui, incapace di tollerare un rifiuto, dall'altra una che gli faceva battere forte  il cuore non per ansia ma per pura attrazione, che però non era interessata a lui, né in modo sano né in modo malato.

Devo allontanarmi da entrambe, si disse uscendo a prendere una boccata d'aria a fine cena e realizzando che neanche all'aperto riusciva a respirare bene, perché a opprimergli bronchi e polmoni non erano stati il fumo e il caldo della saletta dell'Harrison's pub. In cerca di un angolino protetto dove stare male senza dare nell'occhio, si abbandonò sul sedile della Ford e si concesse un paio di spruzzate della sua medicina miracolosa, sperando di non dover ricorrere anche alle goccine di ansiolitico.

Il sollievo durò poco.

La condensa sui finestrini assunse una sfumatura rossastra come quella che doveva apparire ad Alessio quando si sciacquava le braccia ferite e l'acqua che spariva nello scarico del lavandino non era più limpida.

Rick era appollaiato sul cofano, perfettamente visibile nonostante il lunotto fosse appannato, e aveva un sorriso sadico dipinto sul viso un po' più cianotico della volta precedente in cui si era palesato, una fessura malevola sotto le orbite vuote e profonde.

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