94. Everybody hurts

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"Don't  let yourself go,

'cause everybody cries

everybody hurts, sometimes"

(REM - Everybody hurts)

«Non sono abituato ai superalcolici, ho vomitato pure l'anima.»

«Magari si potesse! Io ci provo da sei anni, ma niente, sembra proprio che debba tenermela.» Alessio scoppiò a ridere, ma nei suoi occhi vibrarono un'amarezza profonda e un velo di tristezza che non sfuggirono a Patrick, confermate da ciò che disse dopo: «Non mi racconti niente di nuovo e quello che per te è un evento eccezionale per me è la norma, però mi fa male. Mi sembra di rivedere me quando forse ero ancora recuperabile. Lo ascolteresti il consiglio di uno che predica bene e razzola male?»

«Tu mi capisci.» Era più una speranza che una constatazione. «So già cosa vuoi dirmi: fermati finché sei in tempo. Magari pensi anche che io non abbia la tua tempra, che rischio di più e che ho qualcosa da perdere.»

Alessio si limitò ad annuire, quasi imbarazzato.

«Neanche mio fratello ha sospettato nulla, per fortuna» continuò Patrick. «Ho approfittato della situazione per dire che non mi sentivo bene fisicamente, mi era rimasta abbastanza lucidità per inventarmi che a pranzo avevo mangiato due tramezzini mezzi avariati o giù di lì. Se la sono bevuta e dopo che mamma mi ha costretto a mandar giù una delle sue tisane mi hanno lasciato tornare a letto senza farmi il terzo grado. Ho dormito fino alle tre del pomeriggio successivo e a cena ho finto di non avere molta fame.»

«Conoscendo la tua famiglia direi che hai imparato a mentire benissimo.» Di nuovo quel velo di amarezza e tristezza: se da una parte Alessio di sicuro apprezzava l'idea di avere un amico che condividesse il suo mal di vivere, dall'altra non avrebbe voluto vederlo scivolare nel nero come era accaduto a lui.

«Non vorrei farlo. Mi sento sporco.»

«È il dolore che ti sporca, non sei tu.»

«Cosa cambia?»

«Cambia, cambia. Tu dentro sei pulito, lo dimostra il fatto che ti senti in colpa per le bugie che dici a chi ti vuole bene. In questo non ci somigliamo per niente, siamo proprio agli antipodi: io sono il nero che chiama altro nero, tu sei il Bianco che fa gola al Nero conquistatore senza scrupoli.»

«Per un po' ci ho creduto anch'io. Di essere bianco, intendo, non che tu non lo sia. Era solo vittimismo e non voler accettare la realtà. Io dissimulo meglio di te, Ale, vi ho convinti tutti di essere una creatura innocente perseguitata dalla sfortuna.»

«Mi fai preoccupare, Paddy. Stai iniziando a parlare come me, a pensare come me, a fare le stesse cazzate che faccio io.»

«E proprio perché penso come te so che hai usato la parola preoccupare non a caso.»

«Non a caso ma inutilmente. Con te i miei giochini non funzionano ed è meglio la smetta, perché se ne facessi di più sottili potrei farti troppo male.»

Lo sguardo di Alessio si incupì ulteriormente e si spostò verso una foto incorniciata, sopra il comodino, che lo ritraeva in compagnia di Manuel, Ivanka e un altro ragazzo. Gerardo. Il Quarto originale, l'amico morto suicida cinque anni prima.

«No, con lui non ho fatto nessun giochino. Però non ho capito che stava ancora male e come è finita lo sai.»

«Stavi male anche tu.»

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora