73. Nani, maiali e talismani

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«Credo che se non fosse accaduto altro mi sarei addormentato e al risveglio avrei rimesso la pistola nell'armadietto non appena fossi rimasto solo. O forse avrei detto ai miei cosa avessi pensato di fare, questo non lo so, ma sento che non avevo davvero intenzione di uccidermi. Stavo prendendo tempo, stavo cercando di ingannare Rickyluca.»

Feci una pausa e strinsi tra le dita la croce azzurra, cercando di regolarizzare il mio respiro prima che divenisse ingestibile. Dover raccontare tutto da capo allo psichiatra che avrebbe sostituito per due settimane quello che mi aveva seguito fino al giorno prima mi stava stressando più del previsto. Il dottor Belli mi era piaciuto subito, era riuscito a guadagnarsi la mia fiducia nel giro di un quarto d'ora con i suoi modi gioviali ed empatici, mentre il suo sostituto era troppo freddo, distaccato, e parlava troppo poco, mi metteva soggezione.

In più non mi sentivo granché bene, fisicamente. Forse stavo covando un brutto raffreddore o una bronchite. Quella mattina approfittando del fatto che il mio era un ricovero volontario e che ero stato giudicato non più a rischio di gesti autolesivi o colpi di testa ero riuscito a ottenere il permesso per una passeggiata nel cortile dell'ospedale (accompagnato da mio fratello e da un infermiere che aveva finito il turno in ritardo e ci aveva offerto una mezzora del suo tempo libero, assumendosi la responsabilità di una concessione non prevista) e mi ero tolto il cappotto nonostante la temperatura fosse prossima allo zero, perché mi dava un fastidioso senso di costrizione. Dopo l'esperienza delle cinghie al letto, il mio corpo aveva bisogno di libertà, non sopportavo neanche gli abbracci di mamma.

«Vai avanti.»

Era una seduta di psicoterapia o un interrogatorio?

«Mamma e papà sono rientrati e sono andati in cucina. Mamma stava piangendo e io mi sono alzato preoccupato, volevo raggiungerli, ma mi sono accorto che riuscivo a sentire quello che stavano dicendo anche solo avvicinandomi alla parete. Parlavano a voce alta, erano convinti non ci fosse nessuno in casa. Mamma ha detto che il loro bambino avrebbe avuto sette anni, se fosse nato, e quel numero mi ha messo subito in allarme perché non so quante volte l'ho ripetuto negli ultimi mesi. Sette anni fa sono stato... Mi è successa una cosa orribile.»

Il dottor Marcon consultò gli appunti del collega e annuì. Il suo volto rimase impassibile, evidentemente non provava alcuna empatia verso un ragazzino pestato a sangue e abbandonato in un campo di grano con i polsi legati a una trave.

«Giugno 1992» disse solo.

«Immagino che poi dovrò raccontarle anche questo.»

«Ora concentriamoci sui motivi per cui volevi ammazzarti.»

«Mamma ha iniziato a urlare che quei maledetti bastardi che mi hanno fatto del male non solo c'è mancato poco mi uccidessero, hanno fatto morire anche il loro quarto figlio. Non riuscivo a capire di cosa stessero parlando esattamente ma poi mamma ha detto...»

Un'altra pausa. Quello che stavo per svelare ora mi sembrava assurdo, superstizioni per gente semplice, ma era giusto riportarlo così come l'avevo sentito e vissuto, e in ogni modo anche a mente fredda e lucida aveva il suo perché. Le superstizioni ci danno una spiegazione per eventi altrimenti inspiegabili, ci illudono di poter controllare ciò che in realtà è casuale o a dare un senso alle cose brutte che ci accadono.

«Ha detto che è la maledizione delle donne della sua famiglia. Nessuna è mai riuscita ad avere più di tre figli, e lei era già stata avvertita quando ha rischiato di perdere me al quinto mese di gravidanza. Poi ha concepito e partorito mia sorella e si è convinta che non c'era nessuna maledizione, finché non è rimasta incinta una quarta volta e ha abortito...per colpa mia. Se non mi fossi cacciato nei guai non sarebbe successo. Non ha detto questo, però. Ha detto che la colpa era sua che aveva sfidato la sorte e che io ho rischiato di morire affinché lei abortisse. Insomma, lei si sente in colpa, ma la colpa è mia. Lo penso ancora, anche se so che Rickyluca non è mio fratello tornato dall'Oltretomba per vendicarsi.»

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