91. Cosa c'è che non va in me, Gabri? Perché sto male?

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Ormai Patrick aveva imparato a distinguere la semplice stanchezza dalle avvisaglie di un nuovo episodio depressivo ma il mattino seguente, aspettando con gli occhi ancora chiusi che la sveglia finisse di trillare, si rifiutò di credere che la sua difficoltà ad alzarsi dal letto non fosse dovuta soltanto al fatto di aver dormito poco e male.

Decise che non sarebbe andato a lezione per la seconda volta quella settimana, a cuor leggero perché il lunedì non era dipeso da lui, la visita cardiologica era stata fissata per le dieci e mezzo e non avrebbe potuto fare altrimenti. Nessuno si sarebbe preoccupato, tantomeno l'avrebbero biasimato: anzi, con buona probabilità sarebbero stati fieri di lui per aver scelto di rimanere a casa a ricaricare le batterie. Era stata la stessa Viviana a suggerirgli, la sera prima, di prendersi un giorno di vacanza e anche se non avevano detto nulla, suo padre e suo fratello sembravano d'accordo. Niente sforzi per il fragile Paddy, asmatico, cardiopatico, depresso e allucinato, nessuno aveva voglia di tornare al Pronto Soccorso o affrontare le spese di un funerale.

Così cercò a tentoni il pulsante per disattivare la sveglia, rendendosi conto che anche quel semplice gesto gli costava fatica, che i suoi movimenti erano ancora più rallentati di quanto non fossero normalmente al risveglio.

I tagli sull'avambraccio continuavano a bruciare, a pulsare: più tardi avrebbe dovuto cambiare la fasciatura e trovare il modo di liberarsi delle bende sicuramente sporche di sangue in modo che nessuno scoprisse il suo segreto.

Si ricordò di essere stato sorvegliato a vista per tutta la notte e aprì gli occhi per controllare se ci fosse ancora qualcuno.
Era solo, appurò con sollievo, e scivolò di nuovo sotto il piumino e in un sonno più sereno, privo di incubi, senza pugnali che gli trafiggevano il petto.

«Buongiorno, fratellino.»

Tornato dal bagno, quattro ore dopo, trovò Gabriele seduto alla scrivania ingombra di libri e fotocopie. La tapparella era stata alzata e la luce del bel mattino primaverile invadeva la stanza. Strizzò gli occhi, infastidito.

«Quei platani ti hanno proprio devastato, eh?»

Impossibile non cogliere una nota di pesante sarcasmo nella voce del fratello, ma fece finta di nulla e si sedette sul letto, indeciso se tornare a dormire o affrontare una nuova giornata che si preannunciava molto pesante. Come il suo corpo: se non avesse saputo che era impossibile, avrebbe detto di essere ingrassato di una cinquantina di chili dalla sera precedente. Anche ora che era completamente sveglio, continuava a muoversi lentamente.

«Rimani a casa, oggi?» chiese, dopo aver risposto con una scrollata di spalle.

«Ho un grave attacco di misantropia. Non potrei mai studiare in mezzo ai comuni mortali.»

«Io faccio parte di questi? Vuoi che me ne vada?»

«Tu non sei un plebeo, sei un patrizio

«Questa era pessima.»

«In effetti so fare di meglio.» Il tono di Gabriele si addolcì, sul suo viso apparve un mezzo sorriso più affettuoso e Patrick abbassò la guardia. Forse, tutto sommato, sfogarsi con suo fratello l'avrebbe aiutato. Magari senza dirgli proprio tutto, perché parlare di Padre Giampiero l'avrebbe fatto andare fuori di testa.

«Stai lavorando alla tesi, vero?»

«Sì.»

«Hai già una data?»

«Dicembre. Per Natale sarò il dottor Martini, se tutto va bene.»

«Certo che andrà tutto bene. Sei il genio di casa. Ci dirai l'argomento della tesi prima o poi, o lo scopriremo quando la discuterai?»

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora