103. Something in the way

55 10 16
                                    

Sulle prime, quella Domanda Molto Delicata mi sarebbe scivolata addosso se non fosse stato che andava a minare la fiducia che iniziavo a riporre nel dottor Valenti, requisito imprescindibile per la riuscita della terapia.
Avevo intuito da un pezzo dove volesse andare a parare con altre domande, più sottili, e certe possibili interpretazioni del mio immaginario onirico e allucinatorio, ed ero giunto alla conclusione che alla radice del mio malessere non ci fosse alcuna molestia sessuale. Non solo non ricordavo niente del genere, non avevo neppure comportamenti sospetti o vuoti di memoria diversi da quelli sperimentati nell'ultimo anno. Avevo sempre vissuto la sessualità in modo sereno (salvo implicazioni emotive dovute a problemi nella relazione con le donne con le quali ero andato a letto), senza eccessi né in un senso né nell'altro, e il mio sentirmi sporco aveva tutt'altri fondamenti. 
Motivo per cui risposi con relativa serenità che no, non ricordavo di aver subito un certo tipo di abuso e comunque non avevo motivo di sospettarlo.

«Anche il mio terapeuta precedente credo volesse farmi questa domanda» aggiunsi, accendendo una sigaretta (ormai ne fumavo in media sette al giorno, qualcosina di più se trascorrevo troppo tempo solo con i miei pensieri). Ero consapevole che così facendo avrei dimostrato che quella Domanda Molto Delicata mi aveva in qualche modo turbato, ma anche fiducioso nella mia capacità di spiegare perché.

«È per questo che hai interrotto la terapia?»

«Anche. Non mi trovavo bene con lui e non gli interessava conoscere la mia interpretazione in merito a quelli che anche lei considera segni di abuso sessuale. Lei non mi ha mai chiesto da dove penso provenga la violenza estrema dei miei incubi.»

Mi ritrovai a fissare il crocefisso sulla parete opposta. Una scultura lignea, di fattura moderna e per niente realistica, ma che riusciva comunque a comunicare dolore e sofferenza come il Cristo di gesso appeso nello studio di Padre Giampiero. Fu allora che lo stramaledettissimo interruttore nel mio cervello fece di nuovo click, oscurando il mio raziocinio. Gli effetti devastanti però avrei iniziato a mostrarli più avanti, sul momento ebbi solo una fugace ma intensa visione del mio corpo inchiodato - anzi, legato con del filo spinato, ça va sans dire - a una croce, i muscoli tesi in un'agonia insostenibile, la cassa toracica sul punto di schizzare fuori dal petto. Un'immagine che mi aveva accompagnato per otto anni evocata dalle parole del parroco e che ora la mia mente aveva eletto a rappresentazione del mio interminabile martirio, arricchita da dettagli racimolati qua e là e dall'esperienza vissuta nel giugno del 1992.

«Testa, ci succhi il cazzo fino a farci venire tutti e poi ti ficco una bottiglia rotta nel culo. Croce, ti appendo a un albero, ti frusto col metodo Marini e poi ti sbudello a calci.»

Era uscito croce e lì si era deciso quale sarebbe stata, la mia Croce. Legato. Frustato. Sventrato. Ero ancora convinto che ammalarmi di depressione e sviluppare tratti psicotici fosse scritto nei miei geni o forse nel mio Destino, ma non potevo più ignorare l'impatto di quel trauma che credevo di aver superato del tutto.

«Il parroco ha sparso sale sulle mie ferite» continuai, lo sguardo ancora fisso sul crocefisso e di nuovo ci vidi me stesso, questa volta con un pugnale conficcato all'altezza del diaframma. «Lui non voleva farmi del male, anzi, voleva aiutarmi a dare un senso costruttivo a quanto accaduto ed è proprio questo a rendere le sue parole un coltello che non la smette di affondare nella mia anima. Sono arrabbiato con lui, ha sbagliato tempi e modi, ma una parte di me evidentemente gli ha creduto e pensa che io debba espiare le mie colpe attraverso lo strazio fisico e mentale. Il mio è un martirio senza fine, perché non valgo nulla, continuo a sbagliare e non ho la forza di cambiare.»

«Cristo non è stato crocefisso per riflettere sui propri errori» mi fece notare il dottor Valenti, con piglio provocatorio. «Passi dall'usare la parola martirio in senso metaforico alla sua accezione religiosa che sembri non conoscere.»

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora