39. La bambina col vestito rosso

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«Tutto bene?»

La ragazza non era stupita, solo preoccupata. Lo guardò dritto negli occhi e gli diede un pizzicotto sull'avambraccio. Di sicuro aveva già visto accadere qualcosa del genere ad Alessio, avrebbe pensato Patrick più tardi (non senza sentirsi a disagio, e sottilmente spaventato, all'idea di mostrare segni di squilibrio emotivo).

«Sì» rispose lui, ancora poco convinto nonostante tutto sembrasse tornato alla normalità. «Perché?»

«Sembravi assente.» 

Assente era la stessa parola usata da sua madre la settimana prima in circostanze analoghe. Se l'era cavata spiegando di essere sovrappensiero. Gabriele per fortuna non si era accorto di nulla, altrimenti gli avrebbe fatto il terzo grado. Sentiva che quella cosa che gli accadeva di tanto in tanto non era del tutto normale, ma del resto non gli arrecava danno, e quindi andava bene così, almeno a livello razionale. Magari l'aveva già sperimentata in passato senza darci peso e se ora si poneva il problema era solo perché gli ricordava cose che avrebbe preferito scordare.

«Ero sovrappensiero» disse anche questa volta.

«Tutto bene?» ripeté Ivanka. «Anche Alessio ha queste assenze, sono diventata un'esperta.»

«Mi sento un po' spento» ammise allora Patrick.  Forse parlarne con qualcuno, tutto sommato, non era una cattiva idea, e di lei si fidava. Sua madre era appena scesa per andare a prendere un caffè dalla signora Sofia, non c'era il rischio origliasse e venisse a sapere che il suo cucciolo stava meno bene di quanto si ostinasse ad affermare. «Non riesco a ripartire, a fare le cose che facevo prima.»

«Ti va di fare l'amore?»

«Penso di sì, ma se non esco mai di casa è difficile che...»

«Intendo con me. Ora.» La ragazza gli sorrise, gli posò una mano su una coscia. Aveva lo stesso tono con cui lo avrebbe invitato a mangiare un gelato, ma i suoi occhi erano pieni di dolcezza, con in più una luce maliziosa.

«Che stai dicendo?» Patrick tutto si sarebbe aspettato meno che una proposta tanto esplicita. E va bene che a volte era ingenuo e negli ultimi tempi il suo cervello sembrava lavorare a mezzo servizio, ma credeva di essere ancora in grado di cogliere certi segnali da parte di una fanciulla. Non aveva mai avuto motivo di credere che Ivanka potesse vederlo come qualcosa in più di un amico.

«Non ti piaccio?»

«Quand'ero adolescente avevo una cotta per te, ma ero troppo timido per provarci.»

Ivanka, incredibilmente, arrossì (più tardi avrebbe spiegato di non averlo mai sospettato, pur essendo da sempre consapevole del proprio fascino).

«Voglio sapere solo se ti farebbe piacere fare l'amore con me, per distrarti un po'. Il sesso è un palliativo potente, non risolve i nostri problemi ma ti lascia addosso tanto benessere anche dopo. Se pensi possa aiutarti a riaccenderti, io sono più che disponibile.»

Patrick era spiazzato. Aveva capito cosa volesse dire, ne avevano parlato più volte ed era anche d'accordo, ma non sapeva cosa rispondere. Apprezzava l'offerta (non solo perché lì sotto tutto continuava a funzionare meglio che più sopra, ma anche perché riusciva a coglierne il nobile intento), però non poteva accettare. Gli sarebbe sembrato di approfittarsi di lei, e provò una sensazione sgradevole all'idea che lei si concedesse troppo facilmente per far felice un amico (nel migliore dei casi), e che avesse poco rispetto del proprio corpo, di se stessa. Ivanka aveva un lato oscuro, dietro quegli occhi limpidi e il suo sorriso dolcissimo, e lui aveva paura di scoprirlo.

«Non devi farlo per me.» Lo disse un po' a malincuore, tuttavia sapeva di star facendo la cosa giusta.

«Lo faccio volentieri. Sei mio amico, ti voglio bene. E sei anche carino.»

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora