56. Fantasie malate

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«Ucciderti? Ma come ti viene in mente?» La reazione di Stefania fu così spontanea da instillargli il dubbio di aver letto male o di aver sognato. Divincolandosi sotto il corpo della ragazza, riuscì a sbattere l'avambraccio ferito contro la testiera del letto, affidando di nuovo al dolore il compito di riportarlo alla realtà. Non cambiò nulla. Lei continuò a fissarlo incredula, a porgli la stessa domanda.

«Davvero pensi io voglia ucciderti?»

«Cosa dovrei pensare? Staccati da me. Non vorrei farti male, lasciami andare tu oppure...»

«Lo vedi che non ci credi neanche tu? Se davvero mi credessi capace di ammazzarti mi avresti già fatta rotolare sul pavimento. A meno che sotto sotto non ti alletti l'idea di morire strangolato o con la testa fracassata.»  Stefania lo afferrò per i capelli, bloccandolo di nuovo sotto il suo corpo, e allungò una mano verso il comodino mentre con l'altra gli sollevò la maglia fino a scoprirgli il petto.

Patrick non vide cosa stesse prendendo, lo capì solo quando la cera bollente gli scivolò sulla pelle, tracciando irregolari striature rosse al centro del suo torace sussultante. Stefania soffocò le sue urla premendogli una mano su naso e bocca, e strofinò il pube sul suo.

«Potrei ucciderti davvero, soffocarti e guardarti morire, ma poi dopo qualche minuto di piacere, cosa mi resterebbe se non il ricordo dei tuoi ultimi rantoli? Non sono un'assassina, non potrei mai farti del male. Voglio solo giocare, simulare, immaginare...»

La ragazza gli tolse la mano dal viso, ma continuò a tenerlo bloccato tra le proprie gambe, con gli occhi traboccanti di desiderio.

«Lasciami andare immediatamente. Sei malata, Stefy, e non voglio più avere niente a che fare con te» riuscì a dire Patrick una volta ripreso fiato, incapace però di liberarsi e non per inferiorità fisica. «Lasciami andare, altrimenti io potrei farti male e non me lo perdonerei mai.»

«Malata! Come tuo solito non hai capito un cazzo.» Lei, comunque, obbedì. Mollò la presa e si sedette, lanciandogli un'occhiata sprezzante. «Sono fantasie, scemo. Speravo ci arrivassi da solo senza dovertele spiegare, anzi credevo ci fossi già arrivato e che ti piacesse.»

«Hai scritto che vuoi vedermi morire. Mi hai fotografato quando neanche ci conoscevamo... non è normale, non è la stessa cosa che immaginarmi mentre faccio sesso con un mio amico.» A inquietare Patrick, più delle fantasie estreme che iniziava a comprendere meglio, era l'idea che Stefania gli avesse scattato una foto mentre dormiva, senza conoscere neanche il suo nome, e avesse continuato a farlo quasi sempre senza che lui se ne accorgesse. Per non parlare di quello che gli aveva appena fatto.
E di nuovo si trovò a pensare di dover fuggire il prima possibile altrimenti in qualche modo lei sarebbe riuscita ad averla vinta per l'ennesima volta. Non sarebbe stato difficile, almeno materialmente, e a come gestirne le conseguenze - perché di sicuro Stefania l'avrebbe tormentato, pedinato, aggredito con monologhi estenuanti e tentativi di fargli cambiare idea, fosse solo per orgoglio - avrebbe pensato dopo, magari aiutato da Gabriele e dai suoi amici.

Eppure rimase. Un po' per curiosità, un po' perché non poteva fare a meno di mettersi nei panni della ragazza e percepirne la fragilità alla base del suo attaccamento morboso. Qualcosa gli diceva che, a meno non fosse stato lui a cedere, non l'avrebbe più sfiorato.

È ossessionata da me. Non è innamorata ma è come se lo fosse.

«Ti ricordi il giorno che ci siamo conosciuti? Al bar ti ho quasi ignorato, mi sei sembrato belloccio ma poco interessante, un noioso bravo ragazzo» rispose lei, dopo aver riposto il quaderno nel cassetto con tutta l'aria di essersi pentita di averglielo mostrato. «Poi ti ho visto dormire, con quelle strisce rosse sul petto...e ti ho immaginato morto. Quando abbiamo fatto l'amore, per qualche istante è stato come se stessi morendo di nuovo e mi sei sembrato ancora più bello, stavi morendo sopra di me, dentro di me, e ti ho messo una mano sul cuore, dopo. Sono stata travolta da due emozioni fortissime e contrastanti, speravo che smettessi davvero di respirare e allo stesso tempo sapevo che sarebbe stato terribile perderti. Mi è piaciuto anche pensare stessi soffrendo e che ero stata io a donarti piacere e dolore.»

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora