79. E batte forte il cuore, anche per lo stupore

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«Quindi hai superato Sociologia con ventotto... Complimenti!»

«Ah, hanno già dato la notizia al telegiornale?»

La grandine che tamburellava sul tettuccio della Ford e sul parabrezza aveva indotto Patrick ad aspettare che si placasse prima di partire. Un contrattempo che Viola aveva trovato provvidenziale, il segno che la Natura assecondava la sua piccola follia.

«Ho chiamato Coniglio, visto che il tuo cellulare era sempre spento. Ti ho pensato tutta la mattina, so quanto fosse importante per te quell'esame.»

«Molto importante» confermò Patrick. Ne avevano parlato di ritorno dallo Strawberry Fields, quando Danilo gli aveva dato un passaggio fino a casa, e la sera prima, al telefono. «Se fosse andata male... Beh, niente di irreparabile ma... Insomma, lo sai, sì.»

«Non ti piace molto parlare di te, eh?»

«Non mi piace ripetere sempre le stesse cose. Credo di averti annoiata abbastanza con questa storia.» Sul volto del ragazzo si leggeva un lieve disagio, era chiaro non fosse abituato a stare dalla parte di chi si sfogava invece di quella di chi ascoltava gli sfoghi altrui, ma non sembrava irritato. Viola decise comunque di non insistere, ripromettendosi però di approfondire la questione appena possibile. Voleva conoscerlo meglio, capire cosa nascondesse dietro quegli occhi limpidi. Voleva essere sua amica, a prescindere dall'attrazione fisica e dal sospetto ci fosse anche di più, dietro il desiderio di passare del tempo insieme.

«Progetti per il resto della giornata?»

«Niente di che. Voglio riposarmi e dimenticare di essere uno studente. Tu?»

«Ancora non lo so. Danilo è andato a studiare in Facoltà, le mie amiche avranno di meglio da fare che sopportare le mie chiacchiere e non ho neanche faccende da sbrigare in casa. Credo che mi riposerò anch'io e mi dimenticherò di essere un'impiegata ancora poco convinta del lavoro che ha scelto.»

Riposiamoci insieme. O stanchiamoci. Qualunque cosa andrà bene, basta che non ci salutiamo tra dieci minuti.

Patrick, inaspettatamente, le scostò una ciocca dal viso e la guardò dritto negli occhi, con una dolcezza che le fece venir voglia di abbandonarsi tra le sue braccia e raccontargli tutto ciò che non andava nella sua vita, compresi i propri dubbi sulla natura del sentimento che la legava a Danilo.

«Che dici, Viola? Dov'è finita la tua polvere di stelle?»

«In una voragine.»

«Forse so cosa vuoi dire...»

«Forse. Ma non credo di essere depressa, se è questo che intendi. Sono solo... insoddisfatta? Non so se sia il termine migliore per descrivermi. Sono confusa, di sicuro, è un periodo grigio. Vuoto.»

Rispose senza rendersi conto che, a parte col compagno, mai si era lasciata andare a simili confidenze, mai aveva abbandonato la sua facciata di spensieratezza, neanche quando era evidente che qualcosa non andasse. Anzi, di norma tendeva a nascondere come poteva i suoi sbalzi d'umore, e quel malessere a volte fortissimo altre più simile a un'eterna, sottile malinconia - sottile ma sempre in sottofondo a definirla e scomporla in tanti frammenti, alcuni luminosi altri opachi come la visione che aveva del futuro.

«Vuoi...andiamo a casa mia? Mangiamo qualcosa e poi possiamo parlare o guardare un film, stiamo un po' insieme. Ti proporrei qualcosa di più divertente ma ... con questo clima non è il caso di andare in giro.» Patrick parve sul punto di aggiungere altro, ma non lo fece, e il riferimento alla mezza bufera che si stava scatenando, per quanto sensato, aveva un che di forzato. Parve anche leggermente in imbarazzo, con buona probabilità perché temeva che le sue buone intenzioni potessero essere fraintese.

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora