50. Testa o croce?

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Meno di un minuto dopo l'invio dell'SMS con cui lui la informava di aver deciso di accettare l'invito al compleanno di Viola, Stefania lo chiamò al cellulare e non si perse in inutili convenevoli.

«Chi è questa tipa che compie gli anni?»

«Mi ero stupito non me l'avessi ancora chiesto.» Patrick proruppe in una risata così fragorosa che la sua mano destra scivolò istintivamente a cercare l'inalatore nella tasca dei jeans. Ormai si era convinto che Stefania non avrebbe fatto domande, forse per metterlo alla prova e vedere se e quando le avrebbe dato dettagli sul suo impegno di quel sabato sera. 

«Chi è? È una bella ragazza?»

«Sì, è molto carina. È un'amica di Matteo.» Si guardò bene dal dire Coniglio, perché non voleva sentire battute feroci sul conto dell'amico. «Ed è innamoratissima del suo ragazzo.»

Stefania ignorò quell'ultima informazione, sicuramente anche nella propria testa, pur conoscendolo abbastanza da sapere che non avrebbe mai provato a conquistare una donna già impegnata.

«Come ti vestirai?»

«Ho i jeans neri e la camicia viola.»

«Ussignùr, lo sai cosa vuol dire cacofonico

«L'unica cosa che noterà del mio abbigliamento sarà che è un ostacolo tra le sue mani e il mio corpo. Così va meglio? Sei gelosa, Stefy? Hai paura che ti stia nascondendo qualcosa?»

«Ma figurati. Scopati chi vuoi, l'importante è che poi torni da me. Ma prima fatti una doccia e beviti una spremuta zuccherata per recuperare le forze. Anzi, hai mai sentito parlare della Red Bull? La chiamano energy drink. Ecco, prenditene un paio di lattine, ché io non mi accontento delle briciole.»

«Sei gelosa!» Patrick rise di nuovo. Non era del tutto infastidito dalla possessività di Stefania, a conti fatti ridicola dato che tra loro non era cambiato niente, erano ancora solo due amici a cui piaceva andare a letto insieme. O così si imponeva di credere, nonostante il modo in cui aveva pensato a Viola negli ultimi giorni avrebbe dovuto fargli capire che non aveva bisogno di autoconvincersi di qualcosa che era palese:  se fosse stato innamorato della signorina Valle non sarebbe stato così emozionato al pensiero di passare del tempo con un'altra. In parte era più che lusingato da quel tono sprezzante, dal sospetto che lei l'avrebbe fatto sbranare dai suoi cani se avesse saputo di non essere l'unica tazza in cui lui affondava il biscotto, come avrebbe detto Coniglio.

«Sul serio, Stefy, se vuoi venire anche tu non c'è problema» continuò, dopo aver lanciato un'occhiata alla sveglia e realizzato che aveva ancora mezz'ora per finire di prepararsi. «L'invito è valido anche per eventuale compagna, testuali parole della festeggiata. Basta che non mi metti in imbarazzo e non inizi a raccontare dettagli della nostra... di quello che facciamo quando siamo soli.»

«Non ho voglia di passare una serata con i tuoi amichetti scemi. Andrò a mangiare giapponese con Francesca, ci sentiamo quando hai finito.»

A parte una ventina di messaggi e un paio di chiamate per controllare la situazione. Per poco non glielo disse, si trattenne solo per paura di dare il via a una discussione infinita ed esasperante. Ogni volta che l'accusava di avere manie di controllo, sul serio o per provocarla, lei scattava sulla difensiva e diventava molto, molto molesta. Evidentemente aveva una coda di paglia lunga quanto i suoi monologhi degni di un dramma teatrale.

Fu lui a chiudere la telefonata, rimanendo a fissare il Motorola per cinque minuti buoni, finalmente vedendolo per quello che rappresentava: un mezzo per controllarlo, appunto. Ancora una volta dovette dare ragione a Gabriele, che aveva mangiato subito la foglia e aveva cercato di farglielo capire fin dall'inizio. E lui, così ingenuo da rasentare la stupidità, non aveva voluto credergli.

PatrickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora