68.Una chiacchierata con un vecchio amico

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Non cercate fuori di voi il vostro maestro. (...) Quelli che stavamo aspettando siamo noi.

-Gli Anziani di Oraibi
Nazione Hopi, Arizona-


La città estesa davanti ai miei occhi, illuminata dalle luci rosate dell'alba, mi sembrava davvero stupenda ma, allo stesso tempo malinconica, come se riflettesse le emozioni da cui ero pervasa in quel momento

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La città estesa davanti ai miei occhi, illuminata dalle luci rosate dell'alba, mi sembrava davvero stupenda ma, allo stesso tempo malinconica, come se riflettesse le emozioni da cui ero pervasa in quel momento.

Le montagne avvolte nella nebbia apparivano come una barriera blu, immobili e maestose, proteggevano Torino dall'esterno e allo stesso tempo ne delimitavano il territorio. Sia guardando a destra che a sinistra, la loro imponente sagoma era sempre come una presenza costante e rassicurante per i suoi abitanti, perché li faceva sentire al sicuro, vicini all'imponente bellezza della natura persino nella frenesia della città.

Spesso mi capitava, mentre camminavo per strada, di guardare per caso nello spazio tra due case, per rimanere incantata dalla vista delle Alpi, così diverse da tutto il resto, eppure perfettamente in armonia con l'ambiente circostante.

I primi raggi di un sole rosso e intenso iniziarono a illuminare prima le punte degli edifici più alti, come la Mole, e poi gradualmente i tetti rossi, per poi scendere lenti e sinuosi come un telo di velluto verso i primi piani delle case.

Vedere il lungo momento di transizione dalla quiete della notte al completo risveglio della città era davvero splendido e mi chiesi perché non ci avessi mai pensato prima. Beh, forse sapevo perché, ora che ci pensavo: di solito a quell'ora dormivo.

Ormai da giorni mi era impossibile chiudere occhio, non appena sprofondavo nel mondo onirico si alzavano le note stonate prodotte dal violino di Will, che spesso mi provocavano anche dei veri e propri incubi terrificanti. Mi trovavo ormai quasi sempre nella situazione di aver paura di addormentarmi. Neanche vedere l'affascinante risveglio della città dalla ringhiera in pietra del Monte dei Cappuccini riusciva a risollevarmi del tutto, anzi, era quasi come se mi rispecchiasse mostrandomi tutte le emozioni che provavo in quel momento sotto forma del silenzio del mattino e della nebbia che sfumava i monti.

In ogni caso, ero felice che quella notte fossi uscita dalla finestra di casa per andare a respirare un po' d'aria e godermi un po' di tempo in completa solitudine.

Era quasi una settimana che non mi facevo una dormitina piena e completa, e i segni stavano iniziando a sentirsi, non solo nelle borse sotto gli occhi che notavo ogni mattina davanti allo specchio, ma anche nelle mie capacità che si indebolivano e nella mia testa che non era più in grado di ragionare come prima. Mi era capitato più di una volta, negli ultimi tempi, di trovarmi a sbagliare alcune mosse di parkour o di non riuscire più a fare alcune delle acrobazie che prima mi venivano tanto naturali.

In compenso avevo trovato rifugio nei libri, passando interi pomeriggi solo a leggere. Non mi dispiaceva affatto, però sentivo che era sbagliato, c'era qualcosa che non andava in me, e quel qualcosa era Will, o perlomeno lo stato in cui vergeva, che mi condizionava fin troppo nel profondo.

CEREBRUM ~ La figlia dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora