Sprofondai nella morbida poltrona in velluto che arredava la camera di Yoann. Si trattava di uno spazio accogliente ma anonimo, che ancora non si era impregnato del suo sapore. Le pareti, seppur adornate e curate nel minimo dettaglio, parevano nude. Non che fosse un ambiente poco ospitale, anzi: l'ampia portafinestra che dava all'esterno irradiava la luce opalescente di quella giornata sull'ampia scrivania in legno, il cui taglio era irregolare ma sinuoso. Su di essa erano sparsi fogli di traduzioni che ne nascondevano altri più vecchi, ricoperti di calcoli incomprensibili.
Al termine della lezione non me l'ero sentita di andare direttamente a casa, ancora troppo immersa nei pensieri in cui quei discorsi mi avevano fatta sprofondare. Mi ero recata lì in cerca di risposte; ne avevo ricevute alcune, eppure altre centinaia ne erano germogliate fuori.
Per cui, avevo solo bisogno di distrarmi un po', e aiutare Yoann a studiare italiano mi era sembrata la soluzione migliore. In verità studiammo ben poco e il resto del tempo lo passammo a chiacchierare del più e del meno, seguendo il flusso dei pensieri.
«Yoann, posso farti una domanda?» chiesi, di punto in bianco, in un momento in cui il silenzio si era interposto tra di noi.
Lui annuì, in attesa che parlassi. Di domande ne avrei centinaia, in realtà. Morivo dalla voglia di chiedergli perché si fosse trasferito in Italia, perché la sua camera fosse spoglia come se non avesse avuto il tempo di preparare i bagagli, e perché non volesse mai parlare della sua famiglia.
Ma quelle erano tutte cose di cui ero certa avrebbe parlato lui solo quando fosse stato pronto.
«Per quale motivo non ti sei mai accorto che parlavamo in Ephiano invece che francese?»
Lui giocherellò con la matita che aveva tra le dita, ragionando sulla domanda.
«La verità?» sollevò infine lo sguardo. «Non lo so proprio.»
Si lasciò andare a una lieve risata che catturò anche la mia nella medesima musica, poi riprese: «Cioè, quello che non mi spiego è proprio come ho fatto a non accorgermi che tu sei un'Ephura!»
Annuii, ricordando quei giorni. «Anche perché i miei pensieri erano parecchio... ehm incasistrani.»
Quella parola era proprio perfetta per descriverli, dovevo riconoscerlo a Padma. Non mi venivano in mente termini più appropriati.
«Esatto. Però, come capirai meglio con il Secondo Livello, in realtà i pensieri non vengono percepiti sempre, se non si cerca di ascoltarli.»
«In che senso?»
Yoann posò due dita sulla tempia scoperta, nel lato in cui non ricadeva il morbido ciuffo di rame, e adagiò il mento sul pollice della stessa mano. Gli occhi sembravano invece persi in pensieri avvolti tra loro in un nodo inestricabile. «È difficile da spiegare. Diciamo che alcuni vengono proprio gettati fuori, all'esterno, come se si volesse gridare qualcosa che però non viene espresso a voce. Altri invece restano protetti, rintanati nel loro cantuccio, con una porta chiusa alle loro spalle. Credo dipenda dall'intimità dei pensieri o delle emozioni di cui sono pregni.»
Annuii. Aveva senso. Di solito tendevo a tenermi per me i dubbi più strani, come se stringendomeli al petto il più possibile avessero evitato di diventare realtà. Era avvenuto così per la morte di Barbara e i miei sospetti in merito alla mia presunta responsabilità per l'accaduto, e lo stesso si era verificato con le mie congetture in merito alle stranezze di Yoann.
«Per questo hai percepito solo i pensieri più stupidi, come quando paragonavo la Fimberti a un alieno o ragionavo sul taglio di capelli del bidello!» compresi, e lui annuì, ridendo al ricordo.
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CEREBRUM ~ La figlia dell'inganno
Fantasy{ REVISIONE IN CORSO } L'Erede di Arkon è tornato. Il mio signore vi distruggerà, uno dopo l'altro. Questa è la vostra fine. (Estratto dalla storia) *** Piccole e grandi stranezze irrompono gradualmente nella vita di Livia Ferri. Peccato che lei sia...