84.Irregolare normalità

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«Scusate l'ignoranza, ma l'Ephia di Barcellona non dovrebbe essere... beh, a Barcellona?» chiesi, trovandola una domanda più che lecita, dal momento che, nel mentre, con un ampio salto, stavo attraversando la foce del fiume Besòs, che si trovava, per l'appunto, fuori città.

L'atmosfera lievemente grigiastra del cielo, quasi invernale, che si rispecchiava nelle acque calme del fiume e in quelle sciabordanti del mare, rappresentava uno sfondo perfetto per la meta verso cui ci stavamo dirigendo. La quale, al momento, non sembrava nulla di più né di meno di un'orribile, cinerea, centrale termoelettrica composta da tre alti comignoli; dallo sbocco di quello centrale, fuoriusciva persino un vistoso fumo bianco.

Rappresentava tuttavia una figura familiare, siccome che anche a grande distanza, in particolare dalla spiaggia che frequentavamo di solito - così come da tutto il litorale che quel giorno avevamo attraversato -, quei tre comignoli, chiamati Les Tres Xemeneies, erano fin troppo distinguibili per via della loro figura imponente che affacciava direttamente sul mare.

«Non sempre, come vedrete, le Ephie si trovano all'interno della città. Spesso è più facile gestirle da una distanza ravvicinata esterna che permette di avere però una visione d'insieme. Anche se personalmente credo che questa l'abbiano scelta soltanto per la sua vista mozzafiato. Non si può certo dire che non abbiano gusto!»

In effetti non eravamo poi così tanto lontani da Barcellona; Sant Adrià de Besòs era solo un minuscolo paesino stipato tra Barcellona e Badalona, altra città che probabilmente veniva supervisionata dagli Ephuri locali. Quel poco che vedemmo del paesino lungo la strada che delimitava la centrale termica, lo si poteva descrivere con una sola parola: spento. Non una macchina che attraversasse quel percorso che pareva in mezzo al nulla pur con le case popolari e un Alcampo* situati oltre la strada, e non un'anima viva che con la sua presenza avrebbe potuto vivacizzare quegli scialbi graffiti che caratterizzavano il muro delimitante l'Ephia.

«Siete sicuri che questo sia il posto giusto?» chiesi, titubante, sperando dentro di me che mi dicessero che in verità avevano sbagliato completamente strada e che adesso saremmo dovuti tornare indietro. Non accadde nulla del genere.

«Direi proprio di sì!» esclamò finalmente Ewan fermandosi di fronte a uno slargo delimitato da un cartello con delle scritte in catalano che indicavano, probabilmente, che quella era una centrale termica. A riempire la maggior parte dello spazio, era, però, un'inferriata blu che non permetteva di vedere nulla oltre se non i tre lunghi camini che svettavano verso il cielo, e una porta del medesimo colore.

"Liv, Yoann, ascoltatemi bene" disse la voce di Padma nelle nostre teste. La ragazza si era fermata alcuni passi indietro rispetto a Ewan, Elias e Liss, i quali si erano già avvicinati a quello che supposi nella realtà dovesse trattarsi di un cancello, costringendo noi due a fare altrettanto. "Molto di quello che vedrete qui dentro sarà, diciamo... diverso da ciò a cui siete abituati nell'Ephia di Torino. L'importante è che voi fingiate che sia tutto normale, chiaro? Non devono sospettare minimamente che siate abituati a qualcosa che non somiglia a ciò che vedrete."

La fissai attentamente. Di certo le sue parole non rendevano ciò che si trovava oltre quel muro tanto allettante. Era da tutta la mattina, durante il viaggio lungo il litorale, che Padma sembrava essere particolarmente inquieta, e ciò non era da attribuire esclusivamente alla presenza di Ewan, di questo ero certa. Come se, in un certo senso, stessimo per addentrarci in un terreno nemico in cui era meglio non abbassare mai la guardia.

Decisi di tenere fede al suo consiglio.

Per un paio di minuti non accadde nulla, sembrava come se tutti fossero in attesa di qualcosa, forse un qualche tipo di segno dall'altra parte. Dopotutto, se ben ricordavo, era stata Padma a disattivare l'illusione che proteggeva l'Ephia di Torino per me, proprio perché mi stava accompagnando al suo interno; ma se invece lì nessuno fosse stato a conoscenza del nostro arrivo, come saremmo potuti entrare? Certo, potevamo sempre scavalcare il muretto o il cancello, ma ero più che sicura che in tal caso ci saremmo trovati semplicemente all'interno di quella che non appariva nientemeno che una centrale termica, per giunta in funzione. Bisognava riconoscere che lì si erano spinti molto avanti con le illusioni; mantenere intatta una visione in continuo movimento richiedeva un impegno di gran lunga maggiore rispetto che a una stantia o in lenta modificazione, come nel caso di quella di Torino.

CEREBRUM ~ La figlia dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora