82.Il grido

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In quel momento ne fui più che certa: non esisteva nulla al mondo peggiore del grido generato dall'orribile miscelamento di paura e dolore che mi strappò via a forza dalla dolce sinfonia del violino della quale ero schiava e padrona allo stesso tempo. A parte forse il grido del violino stesso, ma non era questo il caso.

Ci impiegai diverso tempo per rendermi conto che quella tortura acustica veniva da fuori di me, e in un certo senso ne fui pure sollevata. Come si poteva provare un tale dolore fin nelle viscere della propria anima e, nonostante questo, riuscire ancora a vivere?

Sentii, come attutito, lo scricchiolio del letto sopra al mio e intravidi l'ombra con la sagoma di Padma che scendeva con un balzo per andare a scuotere la fonte del grido nel letto a fianco. Avevo appena adattato il cebrim della vista notturna, che la luce tornò a riempire il locale, accesa dall'interruttore che mamma, papà, e Yoann, avevano acceso entrando nella stanza. Non sembravano loro però, ma più che altro tre zombie spettinati e mezzi sonnambuli. Non molto diverso, ovviamente, l'aspetto che dovevo avere io in quel momento, già solo per il nido intricato che, sulla mia testa, sembrava aver preso il posto dei capelli.

«Liss, calmati, è solo un sogno, solo un sogno...» continuava a ripetere Padma alla ragazza che intanto aveva aperto gli occhi ma continuava a guardarsi intorno terrorizzata, a dibattersi e a scalciare, allontanando, rannicchiata in un angolino del suo letto, qualunque tentativo di rassicurazione da parte dell'altra Ephura.

«VATTENE! VATTENE!» riuscii a distinguere tra un grido e l'altro. «SPIA! SEI TU LA SPIA! VATTENE!»

Solo quando Padma, senza mai distogliere lo sguardo da Liss, fu indietreggiata di qualche passo, questa riuscì gradualmente a calmarsi, pur continuando a respirare affannosamente.

Quando si accorse di essere il fulcro di tutti gli sguardi dei presenti nella piccola e ombrosa camera, deglutì un paio di volte e uscì dall'anfratto di letto nel quale, nel caos del momento, si era rifugiata forse inconsapevolmente.

«Ho avuto un incubo» enunciò, con tono molto più fermo di quello che mi sarei aspettata dopo una scenata del genere, rivolta ai miei genitori che la fissavano ancora inebetiti. «Tornate pure a dormire, non c'è di che preoccuparsi. Con permesso.»

Mamma si spostò lievemente per permetterle di raggiungere la porta, aprirla silenziosamente, scivolare oltre di essa, e poi sbatterla dietro di sé con un tonfo che fece sobbalzare sia Yoyo che i miei genitori.

«Ma che cavolo ha gridato prima? Era islandese, quello?» chiese papà strofinandosi gli occhi, la voce impastata dal sonno.

Con un sospiro di sollievo mi resi conto che non avevano sentito nessun riferimento alla spia, dal momento che Liss aveva parlato in Ephiano e non in italiano.

«Probabilmente sì, non ci ho capito niente neanch'io, comunque» risposi.

«Dai, torniamo a dormire» sbadigliò mamma, «siete sicuri che Liss non abbia bisogno di un abbraccio?»

«Non credo proprio» mugugnò Padma.

Quando la porta si chiuse, nella camera piombò il silenzio. Né io, seduta sul mio letto a fissarmi i piedi, né Padma, appoggiata parzialmente alla scala a pioli con la schiena e gran parte del busto, riuscimmo a trovare la forza di articolare una sola parola per diversi, lunghi, minuti.

«Non è la prima volta che Liss ha... uno di questi incubi» interruppe finalmente quel tormentato silenzio la voce di Padma. «Succedeva molto spesso quando era più piccola. Poi ne ha avuto uno dopo Venezia. E adesso di nuovo...»

Inutile esplicare il collegamento questa volta; come dimenticare quanto accaduto quella mattina? Per giunta in quest'ultima occasione Liss era stata proprio attaccata direttamente da Hel, che non era semplicemente "apparsa", come a Venezia.

Tuttavia, mi risultava difficile comprendere perché si ostinasse tanto a prendersela con Padma, che in questa occasione, in particolare, aveva solo tentato di aiutarla. D'altra parte, in un certo senso, riuscivo a intuire il ragionamento di Liss in quella determinata situazione: era stata Padma a proporre la gara che ci aveva portati al largo e a dividerci, rendendoci pertanto vulnerabili agli Arkonanti. Eppure, continuava a risultarmi ancora troppo inverosimile che potesse essere proprio lei la spia.

«Padma» dissi, con tono fermo, decisa, questa volta, ad avere delle risposte, «perché Liss è così fermamente convinta che tu sia la spia?»

«Ha importanza, dal momento che, come continuo inutilmente a ripetere, non sono io?»

«Non hai risposto alla mia domanda, e non sto dicendo che tu lo sia. Ma perché Liss ne è convinta?» insistei.

Padma sbuffò, annoiata. «Liss ha molti più problemi di quel che sembra, credimi. Non ha mai neanche tentato di darmi una possibilità, e così ormai ci ho rinunciato da un pezzo. Perché io? Semplicemente perché non potevano essere Ewan, Elias, Lauren o nessun altro di quelli a cui lei teneva particolarmente. Ha trovato la situazione più facissibile, e l'ha sfruttata. Ormai non cambierà idea fino a prova contraria.»

Con un sospiro, Padma si decise finalmente a salire la scala a pioli, sparendo così alla mia vista e concludendo la conversazione che per me, però, non era conclusa affatto. Quando si sarebbe decisa a rivelarmi finalmente la verità sul suo conto?

Tentai di mettermi a dormire, ma il mio corpo non si mosse nemmeno di un millimetro, costringendomi lì seduta, immobile come un respiro trattenuto. Fissavo il letto vuoto e sfatto di Liss, che ancora non era tornata, e mi chiedevo: era quello il risultato della morte? Come poteva una sola entità, persona, Ephura, qualunque cosa fosse, provocare quel dolore tanto intenso da cambiare l'intera vita di una persona? Dal momento che non avevo mai perso nessuno di caro, tutto ciò mi sembrava talmente lontano e irraggiungibile, ma al tempo stesso vicino perché avevo la consapevolezza che presto o tardi sarebbe accaduto anche a me.

Ero nel mirino di Hel, che mi piacesse o no.

Mi alzai lentamente e mi diressi verso la porta, giusto per vedere come stava. Anche solo pensare alla probabilità della morte di una qualunque tra le persone a cui tenevo mi provocava un indicibile vuoto al petto, che aveva bisogno di essere riempito dall'amore di chi ancora mi stava a fianco e mi amava. O magari semplicemente di una spalla amica a cui appoggiarsi in quel momento di difficoltà, e pensai che lo stesso valeva per Liss.

Una volta fuori, però, trovandomi nell'open space dell'ingresso, mi trovai di fronte a una scena diversa da quella che mi aspettavo. Yoann, poco lontano da me, alzò un dito davanti alla bocca per intimarmi il silenzio. Dedussi, senza bisogno di comunicazione mentale e verbale, che anche lui aveva avuto intenzione di andare a consolare Liss, prima di cambiare idea e di rimanere a guardare, come stava facendo quando ero arrivata io.

La ragazza era seduta di spalle a una delle sedie della cucina, di lei vedevamo solo i chiarissimi capelli spettinati e lievemente elettrici, e parte del pigiamino estivo che indossava.

Non ci sarebbe stato nulla di strano, se non si contava la flebile voce che emetteva, gradualmente sempre più bassa, nella cadenza di una sorta di canzoncina, una ninna nanna forse, in una lingua incomprensibile che supposi trattarsi di islandese. La cosa più stravagante di quella situazione, però, era che dopo alcune parole si bloccava, restando muta per qualche secondo, e ricominciava la canzone dall'inizio, per poi interrompersi di nuovo in un altro punto e riprendere pochi attimi dopo, a fermarsi e riiniziare a cantare, poi sostare e bisbigliare, indugiare e sussurrare con una ripetitività che assumeva, via via che andava avanti, una forma sempre più inquietante.

"Che sta facendo?" chiesi con il cuore che batteva a mille.

"Non lo so," rispose Yoann, confuso quanto me, "ma credo che sia meglio lasciarla sola, al momento."

Annuii, concorde, senza però riuscire a distogliere lo sguardo da lei. Quell'immagine mi intimoriva e preoccupava allo stesso tempo, ma entrambe le emozioni si erano coalizzate per impedirmi di avvicinarmi a qualunque costo. Come aveva detto Yoann, Liss aveva bisogno di restare un po' sola con i suoi demoni.

Mentre chiudevo piano la porta, guardandola per un'ultima volta da dietro la serratura, mi tornò in mente una frase che aveva detto prima Padma: Liss ha molti più problemi di quel che sembra, credimi.

CEREBRUM ~ La figlia dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora