46. Il vortice dei poteri.

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Con le sue grida disperate alle spalle, proseguii con Bliksem, ancora non ero debolissima, ma le forze stavano diminuendo molto in fretta; quello che aveva detto Zjarrit si stava avverando.

"Leyra, è meglio che sali ingroppa a me."

"Per ora ce la faccio."

Era più resistente di me, e sapeva nascondere bene ciò che provava, ma anche lui si stava indebolendo, l'energia che mi trasmetteva era più fievole, e la ferita aveva riniziato a farmi male. Il tunnel si faceva sempre caldo, mi sembrava di stare tra le montagne infuocate, l'unica differenza era la signora facente parte delle Banshee.

"Leyra, siamo molto vicini al vortice."

"Lo pensavo. Sto facendo molta fatica a resistere dal farmi trascinare."

"È inutile farlo, per entrare nel Narak dovrai per forza essere risucchiata da quel vortice."

"No. Prima voglio vederlo."

"Cosa devi vedere? Del fuoco che gira su se stesso a velocità impressionante?"

"No. L'entrata per il Narak."

"Cosa? Non sai neanche dov'è l'entrata?"

"Non credo che qualcuno si svegli la mattina dicendo: oggi che faccio? Oh sì; vado a farmi una passeggiata nel Narak."

"Quando ti svegli con questa voglia, ti prego non chiamarmi."

"Bliksem!"

"Va bene, scusa. Se vuoi arrivare al bordo del vortice senza essere risucchiata, dovresti mettere da parte il tuo orgoglio e salire ingroppa a me."

"Va bene, hai vinto."

Montai su Bliksem, e proseguimmo il cammino; come già mi aveva preannunciato, la forza che mi chiamava a sé si fece più forte e per contrastarla dovetti aggrapparmi alla sua criniera. Nella mia testa iniziò ad apparire una voce, rideva fragorosamente, ma molto distante, la voce era divertita dal mio arrivo, come se sapesse che ci sarei andata molto presto. La debolezza era raddoppiata dal punto in cui mi ero separata dagli altri, come sarei arrivata a quel vortice?

"Leyra, ce la fai?"

"Dovrei essere io a chiedertelo, visto che porti anche me!"

"Non hai tutti i torti."

"Ce la faccio o no dobbiamo andare avanti."

"Leyra, sai che io ti seguirò?"

"Si. Lo sapevo già prima, ma davanti a Ryu non potevo dirlo."

Rimasi a bocca aperta, eravamo in una stanza gigantesca, a forma di cupola, tutta intagliata nella terra e ricoperta di un materiale apposito per mantenere la forma, la struttura era mantenuta dal legno, lavorato in modo lineare e semplice; al centro della stanza si apriva un buco perfettamente rotondo, che andava a rovinare quel bellissimo pavimento di marmo bianco, aveva forma conica e si delineavano tutte le curve che effettuava il fuoco.

"Cavolo! I poteri di mio padre erano molti."

"Si principessa, ma i vostri, racchiusi nel vostro corpicino sono molti di più."

"Sono una scatola magica?"

"In effetti si. Siete la fonte di ogni magia, e la fonte di tutti i vostri guai."

"Grazie molte."

"Silenzio! Una presenza a me sconosciuta si sta avvicinando rapidamente, ed è molto forte."

Bliksem si girò di scatto verso il tunnel, ora la percepivo anch'io, anche se molto fievole. Era una presenza calda e confortevole, la mamma, solo lei mi trasmetteva queste sensazioni. Scorsi in lontananza la sua veste greca, per indossarla doveva aver abbandonato a metà una riunione tra i grandi, correva verso di me.

"Leyra ti prego, non farlo."

Le sue parole mi supplicavano di non andare, di lasciare tutto com'era, ma non era giusto arrivati a questo punto. Perché avrei dovuto affrontare tutti quei problemi, gli imprevisti, le litigate, per rinunciare a un passo dall'obiettivo? Non lo avrei mai fatto, ma se lei sarebbe arrivata al mio fianco me lo avrebbe impedito di certo. Scusa mamma, pensai, ma era l'unica strada.

"Bliksem, dobbiamo entrare nel vortice. Ora!"

"Perché?"

"Niente domande, ascoltami!"

Si diresse dritto verso il bordo, lo fermai un istante, sentii pronunciare altre parole molto tristi:"no, Leyra fermati, per favore." Stava piangendo, questo mi faceva ancora più male, ma accantonai quel sentimento, dovevo essere lucida, individuai tra le fiamme una porta, non c'era molta scelta dovevo tentare, il tempo era tiranno.

"Vai!"

"Nooooooo! Leyra!"

Alla fine ero stata io a gettarmi nel vortice, Bliksem mi faceva da ancora. La scia di fuoco in pratica era strada, non appena la toccai, si creò intorno a noi una bolla violacea, non poteva che essere Dorotea. Eravamo distanti dalla porta, soprattutto per la velocità con cui scendevamo, alzai gli occhi al cielo, e al bordo del vortice in ginocchio, c'era la mamma che piangeva a dirotto, guardava a vuoto, quindi non mi vedeva, ma la vista di quella scena fu come una freccia al petto; vidi qualcuno prenderla di peso e portarla via contro il suo volere; era l'unica cosa sensata da fare. La domanda se era giusto o sbagliato me la posi, ma la risposta non riuscivo a trovarla. Se papà sapeva che era tanto pericoloso non mi avrebbe mai chiesto di raggiungerlo, ma devo calcolare anche che mamma conosce meglio il mio nemico, le cose non coincidono, a meno che non ci sia dietro qualche inganno. La cosa più probabile a mio avviso.

"Bliksem, la vedi quella porta?"

"Si."

"Bene, dobbiamo entrare lì."

"Ne sei sicura?"

"Non al cento percento, ma si."

"Allora chiedilo a Dorotea."

"Dorotea?"

"Principessa. Ditemi!"

"Devo entrare dov'è quella porta, potete farlo?"

"Certamente. Sapete a cosa vi serve questa barriera vero?"

"Non gliene ho parlato?"

"Bliksem! Non è un bene tenere certe informazioni nascoste."

"Di cosa si tratta?"

"La mia barriera vi proteggerà da Ade, e dal mondo morto. Nessuno sarà in grado di perforarla, a meno che voi non vogliate."

"È legata a me?"

"Certo. I miei poteri sono legati a voi principessa, io posso dare l'imput, e creare queste barriere per proteggervi, ma ad alimentarle siete voi."

"Grazie per avermelo detto."

"Di nulla. Ora vado spedita verso quella porta."

Sparì dalla mia vista, e la bolla accelerò il passo, mi riportò alla mente le belle scampagnate che facevo con lo zio Apollo, sul suo bel carro dorato, come il sole del primo mattino, i suoi cavalli erano bianchissi, quasi non si distinguevano dalle nuvole, l'unico dettaglio che ti facesse capire la differenza erano le loro criniere, la femmina, Diellore, l'aveva bionda, molto accesa, tanto da sembrare lo scudo della mamma, mentre il maschio, Aurinko, era un biondo più spento, che prendeva il colore del sole al tramonto, la mamma era sempre preoccupata quando mi portava con sé, diceva che correva come un pazzo tra quelle nuvole dispettose che volevano giocare con lui, io invece mi divertivo, e aspettavo sempre più la sua chiamata per coglierla al volo. Ebbene, Dorotea guidava esattamente come lui, l'ebrezza e l'adrenalina mi resero felice, anche se ebbi un po' di paura, perché andava talmente veloce che a pochi metri dalla porta, pensavo la prendessi in pieno muso, invece l'attraversammo, come se fossimo spiriti.

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