56. Primo bacio.

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Quelle porte le vidi aprirsi a rallentatore, mi ero dimenticata che la prima cosa che vedevo erano le mezze librerie che non permettevano di vedere chi c'era nella stanza. Il silenzio regnava in quell'area, nessuno dice una parola o faceva alcun rumore. Gli ultimi cinque giorni erano stati così? Zjarrit ci fece fermare un attimo e raggiunse gli altri, che non sapevano nulla.

"Zjarrit novità?"

"Si, signor Zeus, credo che queste notizie faranno tornare tutti come prima. Avanti!"

Guardavano tutti Zjarrit un po' frastornati, non capivano cosa stesse dicendo, poi noi uscimmo dalle librerie e rimasero tutti a bocca aperta, tranne la mamma che scoppiò in lacrime correndoci in contro per stringerci in un abbraccio. Le sue mani erano la mia cura a qualsiasi cosa, tra le sue braccia ogni pensiero volava via, il mio rifugio sicuro.

"Siete vivi! Tu ragazzina non farlo mai più!"

"Non posso prometterlo."

"Non sapete quanto vi voglio bene."

Non appena la mamma si staccò da noi i miei occhi incrociarono i suoi, era sotto la finestra, quella luce lo faceva assomigliare a un dio, voleva forse rubare la scena a zio Apollo? Il più bel ragazzo che avevo mai visto e di cui ero pazza. Non si mosse di una virgola, tutti i ragazzi vennero ad abbracciarmi, il nonno e la nonna erano dietro di me, insieme alla mamma, già mi avevano stritolato. Il nonno non era molto contento per il ritorno di papà, come già sapevo, ma in questo momento era fiero di me e felicissimo per la mamma, il resto lo aveva chiuso a chiave e gettato in fondo al mare, magari poi il fratello per una gentilezza glielo avrebbe riportato, ma non subito. Tutti quegli abbracci, quelle domande, niente proveniva da lui, ancora con il libro in mano sotto la finestra; perché non si avvicinava? Io sarò stata molto riservata, ma in questo mi batteva, non voleva far sapere niente? Mi avrebbe presa a parte poi? Per dirmi cosa, che avevo frainteso tutto? Stavo impazzendo, avrei dovuto fare io il primo passo? Papà era stato accolto dai regnanti attuali, e solo ora capii perché era pietrificato. Lo sguardo che sosteneva non era il mio, ma quello di mio padre. Si stavano studiando, l'unica cosa che non capivo era come facesse papà a rispondere alle domande poste da Kalayo, il padre di Ryu. Nel momento in cui mi accorsi di quello che stava accadendo, papà interruppe il tutto, guardandomi con un sorriso smagliante. Mi stava prendendo in giro? Questa volta però i suoi occhi erano su di me, li sentivo, il suo sguardo caldo mi stava facendo diventare un peperone, l'imbarazzo era arrivato oltre la testa, straboccava; i ragazzi continuavano a fare domande e a parlare tra loro, Bliksem, Wissen e Dorotea si gustavano la scena, e quando non rispondevo io, interveniva Bliksem che raccontava al mio posto. Erano entusiasti del mio lavoro negli inferi e di tutte le prove che avevo affrontato e portato a termine, ogni volta che menzionava una prova, il mio sguardo ricadeva su Ryu, che quasi in segno di risposta sorrideva, come se sapesse già come l'avevo superata, l'unica prova che non annunciò Bliksem, era quella dello scontro con Ryu. Non so se io glielo avrei detto, ma parlò solo di uno scontro con un demone, mentre io sapevo che era lui. A prima vista, le spalle, la corporatura e soprattutto i suoi splendidi occhi, anche se erano di un rosso intenso, lasciavano trasparire le piccole pagliuzze dorate che lo caratterizzavano, quella era la certezza di chi avessi davanti, anche se non volevo accettarlo. Di solito era il contrario, occhi dorato e pagliuzze rosse, ma non cambiava, lo avrei riconosciuto comunque. In quel momento, prese il sopravvento sui miei occhi, e magari solo su quelli, la mia testa era sgombra da qualsiasi cosa, ma al con tempo piena di lui. Quella falcata lunga che lo caratterizzava, il suo portamento elegante e molto fine, erano perfetti, lui era perfetto. Questo è quello che c'era tra la mamma e il papà? Quella volta ad Elefytria fu un colpo di fulmine? Per questo non riuscivamo a stare lontani neanche se ci facevamo del male a vicenda? Non aspettavo altro che ritrovarmelo a due passi da me, ma come sempre, da quando ero tornata dagli inferi tutto andava a rallentatore, preannunciava qualcosa di pericoloso? Ero catturata da lui, sul mio lato sinistro sentivo un gelido presentimento, sicuramente proveniva da papà, in fondo per lui ero quella bambina in fasce, non aveva vissuto con me, e doveva abituarsi ad avere accanto una ragazza. Il mio chiodo stava a poca distanza, in questo momento solo lui poteva tenermi con i piedi a terra, perché con la mente navigavo oltre oceano. Il mio unico timore era l'essere rifiutata, ma non era quello che gli leggevo in faccia. Una volta che sarebbe arrivato di fronte a me, cosa gli avrei detto?

"Ciao."

La sua voce era una soave melodia; che stupenda malattia mi aveva attaccato.

"Ciao."

Ero al quanto imbarazzata, penso lo avesse capito.

"Devo mostrarti una cosa."

Prese il mio braccio e mi tiro a sé per poi dirigermi dov'era prima, il libro era lì, aperto, forse era quello il motivo che lo aveva spinto a venire da me. Che delusione! Gli altri avevano assistito alla scena ed erano un po' spiazzati dal suo comportamento, ma non si scomposero più di tanto.

"Dimmi. Cosa volevi sapere?"

"Oh, certo!"

Si avvicinò a me, sentivo il suo respiro sul petto, dove la giacca era leggermente aperta, i nostri nasi si sfioravano quasi, io non riuscivo a sostenere i suoi occhi; deviò la strada e si avvicinò al mio orecchio.

"Cosa ti ricordi?"

All'istante divenni rossa e abbassai lo sguardo, sapevo che non eravamo soli, ma dico sul serio, non facevo caso a loro.

"Beh, io..."

Non sapevo cosa rispondere. Anzi cosa volesse sentirsi dire. Si scostò dal mio orecchio, tornando di fronte a me, si abbassò e riprese ad ipnotizzarmi con gli occhi.

"Io ricordo qualcosa che non mi dispiace a fatto."

"Cosa?"

"Vuoi saperlo davvero?"

Lo guardavo, cosa non gli dispiaceva a fatto? In questo momento ero un po' tonta, lo avevo baciato, cosa c'era di così importante di cui io mi ero scordata? Si alzò, interrompendo per un secondo il nostro sguardo, mise due dita sotto il mio mento e mi tirò su il viso, prese possesso delle mie pupille e nello stesso momento posò le sue labbra sulle mie, con l'altro braccio mi cinse la vita e mi tirò a sé. Le sue labbra erano qualcosa di meraviglioso, io mi ero solo posata a stampo, lui invece mi baciava veramente, non era finto era la realtà. Quel contatto mi trasmetteva ciò che aveva provato, in testa vedevo le immagini di lui che lottava contro se stesso per non farmi male, ma purtroppo ero stata io ad avvicinarmi. Lui mi amava!

Drago, la verità celata.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora