53. Out of my league

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Sky

Scendo dall'auto di Kai, dopo aver rifilato un saluto generale e mi incammino verso il portone di casa mia con una sensazione tremenda allo stomaco. Mi sento osservata, e so anche da chi.

Noto la macchina dei miei fratelli arrivare e parcheggiare al solito posto, quasi rincuorata dal fatto di non essere sola. La stanchezza prevale, così decido di aspettarli e non impazzire per cercare le chiavi di casa nella borsa di Mary Poppins.

Ho la capacità di perderle in ogni dove.

Contro la mia stessa volontà, sposto leggermente lo sguardo verso Trevor, che insieme al suo amico, è ancora fermo ad aspettarmi. Incrocio il suo sguardo, crudelmente fisso su di me da quando li ho lasciati.

Chissà che cosa gli passa per la testa.
Forse è meglio non saperlo, in effetti.

Durante il viaggio del ritorno non ci siamo rivolti parola.
Io gli ho detto di ciò di cui ho bisogno, ora sta a lui fare la prima mossa.

Io lo aspetterò finché posso. Ma oltre questo, non posso fare nulla se non andare avanti.
«Perché fai il palo della luce?» afferma Dean, piuttosto confuso nel vedermi immobile dinnanzi al portone come un bodyguard ad una festa.

«Vi aspettavo.» lui annuisce ma decide ugualmente di non porre ulteriori domande ed entriamo, riuscendo a percorrere tutte le scale senza avere un mancamento o svenire nei pianerottoli.

Ho due ore di tempo per farmi una doccia rigenerante e parlare con Jake, Dean e Ivy prima di andare a trovare Will.

Non dormo da non so quante ore.

«Casa dolce casa.» esordisco, varcando la soglia.
Non credevo che potesse mancarmi, e invece è stato esattamente così. Anche se è solo da giovedì che non vi metto piede, sembra passata un eternità.
Sarà perché ho creduto di non rivederla mai più in queste ultime ore.

«È bello sapere che non è cambiata di una virgola.» continuo scherzando, lanciando lo stesso una frecciatina ai miei fratelli che hanno il culo troppo pesante per darsi da fare e diventare utili per la pulizia di questa casa. Solo Jake dà una mano.
Fosse per Dean, vivremmo nella sporcizia più totale, tra lattine di birra e buste vuote di nachos.

Mi tolgo la giacca, sistemandola sull'attaccapanni e per smorzare questo silenzio imbarazzante, inizio a parlare : «Siamo ricchi, quindi? Andremo a vivere a New York con una villa a 3 piani?» scherzo, con la poca ironia rimasta.

«Ci divideremo il malloppo tutti insieme, compresi i Raiders. E poi noi abbiamo molti debiti da saldare, pagare la struttura di Will, le continue visite mediche che stiamo rimandando da mesi... Probabilmente ci rimarrà poco da spendere per noi.» mi spiega Jake.

«Pensiamo prima alle cose importanti.» faccio riferimento a Will. «Il resto ce lo terremo per il futuro. A lavoro sto guadagnando abbastanza.»

Sotto il letto ho una scatola con tutti i miei risparmi fino ad adesso e probabilmente fino alla fine dell'anno scolastico, se riuscirò a mantenermi il lavoro, arriverò ad una bella somma che mi permetterà di andarmene via.

Sono successe tante cose durante questi mesi.
Così tante che non ricordo nemmeno più quale mi abbia segnato di più.
Tante cose sono cambiate.

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