28. The game - SECONDA PARTE

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⚠️ capitolo pesante, molto più forte del precedente. se siete sensibili, non leggetelo.
consiglio la lettura ad un pubblico consapevole 🙏🏻

Evan Pov's

Non c'è.

Il mio sguardo ha setacciato tutta la sala, più e più volte, ma lui non è da nessuna parte.

Eppure i suoi amici si.

Sbuffo, prima di riempirmi l'ennesimo bicchierino di  tequila, e di berlo tutto d'un sorso.

Sono l'una e cinquantaquattro, ed io non mi sono mai annoiato come stasera.

Il che è ironico, dato che ovunque ti giri trovi gente che combina guai e che si diverte da matti.

La verità è che il mio piano è completamente andato a farsi fottere. Volevo mostrare a Tom quanto stessi bene senza di lui.

Cosa assolutamente non vera, ma mi sarebbe piaciuto farglielo credere. E invece lo stronzo, sembra essere scomparso dalla circolazione.

«Vuoi ballare?» un ragazzo, con la tuta dei rapinatori della Casa di Carta, mi sorride maliziosamente.

Lo squadro da capo a piedi.
Alto, spalle larghe, braccia muscolose, capelli neri e bel sorriso.

Aggiudicato.

«Perché no.» mi alzo, seguendolo in pista. La sua mano si posiziona dietro la mia schiena, facendomi più vicino a sé. E questa mano piano piano scende fino al mio fondoschiena.

Dritto al punto insomma.

Ma come sempre la fortuna è dalla mia parte.

La musica si spegne e non si riesce a vedere più niente a causa del buio.

«Ma allora lo fai a posta.» dico guardando il soffitto, rivolgendomi a chiunque ci sia lassù che si sta divertendo a rendermi la vita un inferno.

Nello stesso momento, sento un odore fin troppo conosciuto alle mie narici. «Ti sono mancato?» mi sussurra all'orecchio Tom, prima di trascinarmi via non so dove.

E da quello che posso capire, trascina anche il ragazzo con cui stavo ballando. O almeno, volevo ballare.

Camminiamo per vari metri, senza preoccuparci di spingere delle persone e ci fermiamo soltanto poche volte, prima di arrivare dinnanzi ad un seminterrato.

Qui ci sono poche candele ad illuminare il sentiero. Scendo le scale, deglutendo sonoramente, con un incredibile ansia all'altezza del petto.

Will mi ha raccontato di queste celle, e anche se stiamo parlando di Will, l'essere meno affidabile del mondo, la paura ha la meglio.

«Fa' l'uomo Aladdin.» mi spintona Tom, facendomi camminare più veloce. «Sento la tua paura fin qui.» borbotta.

Osservo le sbarre che circondano una cella, che assomiglia più ad una gabbia. Non so come facevano a respirare lì dentro, senza nemmeno la presenza di una finestra.

«Dove stiamo andando?» domanda il tizio di prima, che chiamerò Denver come il personaggio della serie tv. Non ho nemmeno fatto in tempo a chiedergli il nome.

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