36. So why don't we go somewhere only we know? (2)

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Sky

Che cazzo ci fa qui?
E soprattutto perché sta lì impalato sotto la pioggia?

Sbuffo, infilandomi le prime scarpe che trovo, uscendo poi di casa senza nemmeno cercare l'ombrello. Non ho tempo da perdere.
Percorro le scale ad una velocità che non credevo mi appartenesse, rischiando di inciampare sui miei passi almeno 5 volte.

Non sarà venuto per parlare con me, ma cazzo se lo farà.

Infatti, nemmeno due secondi dopo aver aperto il portone, inizio a sbraitare.

«Che cazzo ci fai qui?» non ho la minima intenzione di andarci piano con lui.

Non si smuove dalla sua posizione, ignorandomi completamente. Come se la mia presenza non gli interessasse.

«Hai sentito che cosa ti ho detto?» arrivo di fronte a lui, incrociando le braccia al petto per risultare ancora più minacciosa.

Sono già completamente zuppa. Da capo a piedi.
E nonostante odi quella sensazione di bagnato, sporco e appiccicoso, la ignoro completamente concentrandomi solo ed esclusivamente su di lui.

«Piove.» dice semplicemente. Il suo tono di voce è lieve, quasi impercettibile. È come se si stesse sforzando addirittura di respirare.

A causa del cappuccio, tutto ciò che riesco a intravedere è la sua bocca carnosa, rossastra anche adesso, e una piccola parte del naso.
Ma gli occhi no. Mi sfuggono anche questa volta.

«Come ho fatto a non accorgermene?» replico sbalordita, sperando che il mio sarcasmo riesca a farlo incazzare.

«Rientra in casa, Skylyn.» mi ordina, continuando a tenere il capo chino.

«Guardami.» ribatto con voce decisa.
Ma in realtà sto tremando. Le mani, le gambe, il cuore.
Mi trema tutto.

Un tuono spaventoso mi fa balzare all'indietro, e premo la mano sul petto ascoltando i battiti accelerati del mio cuore a causa dello spavento preso. Sto davvero rischiando l'infarto per un coglione del genere?

Purtroppo, e con mia grande vergogna, sì.

«Rientra, Skylyn. Non ho intenzione di ripeterlo.»

«E io non ho intenzione di farlo. Non prima che tu abbia almeno risposto ad una delle mille domande che ho da farti.»

Sospira pesantemente, e finalmente trova il coraggio di puntare le sue iridi nelle mie. Scure come il cielo in questo momento, e spente.
Non vedo niente in quegli occhi, se non una gran voglia di andare via da me.

«Perché non mi hai mai permesso di vederti quando eri in carcere?» sputo fuori senza preavviso.

Rimane spiazzato dalla mia domanda.
Ma dovevo coglierlo di sorpresa.
Sono più che sicura che si era già preparato un ipotetica risposta riguardo la sua assenza durante il mio compleanno, ma non aveva programmato qualcosa per questa. Non era pronto.

«Non volevo vederti.» biascica provando a convincere se stesso.

«Hai detto di non avermi mai odiato. Ciò significa che sapevi che mandarti in carcere era l'ultima delle cose che avrei voluto fare. Quindi non ti credo. Anzi, sono fermamente convinta che tu in realtà abbia davvero voluto vedermi, quindi cosa ti ha fermato allora?»

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