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11. Amici

«Ora mi spieghi che cosa avevi di tanto importante da dirmi per venirmi a cercare addirittura in discoteca?» dico senza mezzi termini. Appena uscita dalla discoteca ho individuato la jeep nera di Niccolò dove mi sono fiondata senza nemmeno salutarlo. Mi ha rovinato la serata, devo essere anche garbata?

«Ciao anche a te, non sapevo frequentassi le discoteche, non mi sembravi il tipo.» il suo tono è di una tranquillità che mi manda fuori di testa, se ne sta lì stravaccato sul sedile mentre guarda fuori dal finestrino come se niente fosse intento a fumare una sigaretta.

«Sai com'è, ho diciannove anni e un minimo di vita sociale.» rispondo ovvia, gettando la piccola borsa argentata ai miei piedi. Odio quando le persone ignorano il fatto che sono un'adolescente solo perché ho una famiglia alle spalle che cerca sempre di proteggermi. 

«Non si direbbe...» alza le spalle Niccolò, senza mostrare la benché minima intenzione di mettere in moto la macchina e di andarcene da qui.
«Ah no? E da cosa non lo si direbbe, sentiamo?» mi stacco con le spalle dal sedile, ruotandomi quasi completamente verso di lui per guardarlo meglio. Indossa la solita giacca di pelle, eppure c'è qualcosa che lo rende tremendamente bello, ogni volta più di quella precedente.

«Forse dal fatto che te ne stai tutto il giorno in casa a studiare o a ballare in quella palestra, e non esci mai.» alza, anche se di poco, la voce. Ha ragione, la maggior parte del mio tempo lo trascorro così, perché una delle poche volte che mi concedo dello svago deve rovinarmi tutto?
«Ti sbagli Niccolò, come puoi vedere il fine settimana mi concedo anche io il lusso di uscire.» allargo le braccia, dicendo una, anche se piccola, bugia. Non è che resti sempre in casa, a volte o il venerdì o il sabato mi concedo un'uscita con le mie amiche, anche se non accade poi così frequentemente. 

«E con chi usciresti?» il ghigno che ha dipinto sul volto mi fa venire un'improvvisa voglia di colpirlo dritto in faccia con la mia borsa, sicuramente tutti quei brillantini non gli farebbero poi così tanto bene.
«Con le mie amiche, ovviamente.» ancora una volta il tono risultava ovvio, con chi dovrei uscire altrimenti?

«Amiche che hai scaricato non appena ti ho inviato un messaggio?» quella frecciatina, anzi, quell'arco mi arriva dritto in faccia, facendomi sentire improvvisamente una persona terribile. Niccolò ha ragione come sempre, come ogni maledetta volta ha ragione.

«Niccolò io non so nemmeno come tu abbia fatto ad avere il mio numero, quando ho visto il tuo messaggio ho pensato che fosse successo qualcosa, ma a quanto pare no dato che me ne avresti parlato subito invece di stare qui a interrogarmi della mia vita sociale.» cerco di salvarmi in calcio d'angolo, anche se quelle cose le penso realmente.

«Il numero me lo ha dato mia madre, per tua informazione.» precisa, facendomi diventare tutto più chiaro, a volte mi dimentico del fatto che lui sia il figlio di Anna, talmente sono diversi. «E poi non dovevo parlarti di niente.» alza le spalle di fronte al mio sguardo corrucciato. Sono sicura si sia fatto di qualche stupefacente molto, molto potente.

«Se le cose stanno così torno dentro dalle altre, le ho abbandonate senza motivo.» indignata, faccio per aprire lo sportello quando una mano afferra il mio esile braccio ora ricoperto dal cappotto color cammello che mi piace tanto. Non appena mi volto vedo gli occhi di Niccolò guardarmi in maniera diversa, come se dispiaciuto, come a volermi chiedere qualcosa.
«Non tornare là dentro, per favore.» come per confermare la mia impressione, il suo tono esce quasi disperato e quella sua richiesta, seppur priva di punto interrogativo, risulta più come una supplica.

«E dimmi Niccolò, perché non dovrei?» sto cercando di mantenere la calma. Dopotutto mi ha mi ha fatto abbandonare le mie amiche per restarmene qui in silenzio insieme a lui, cosa vuole da me?

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora