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15. Farfalle

Dopo una piacevole domenica trascorsa insieme alla mia famiglia nella casa dei nonni a Fregene dove si sono momentaneamente stabili per qualche settimana, è un nuovo lunedì. Amo la casa a Fregene e adoro passarci un paio di settimane in estate, ma preferisco di gran lunga la nostra casa sul lago a Bracciano così come mio padre, mentre mia madre al contrario è decisamente più tipa da colazione con vista e passeggiate sul lungo mare con la sua amatissima Saint Barth.

«Bene, pensi che se mi innamorassi di un ragazzo non proprio dei parioli, deluderei mia madre?» domando, picchiettando incessantemente il mio lapis sul banco, risvegliando l'attenzione della mia amica che subito si volta, impreparata.
Lunedì significa automaticamente scuola, siamo alla seconda ora e già non ne posso più di sentir parlare la professoressa di equazioni fratte. Come se non bastasse, oggi questa divisa mi sta più scomoda del solito, il che non aiuta proprio a concentrarmi.
Benedetta dal canto suo mi rivolge uno sguardo a dir poco confuso, ed io non la posso biasimare. «In che guaio ti sei cacciata, Lù?»
Soffoco una risata. Nonostante ne abbia parlato con mio fratello che è la persona di cui mi fido più al mondo, sento la necessità di confrontarmi con una mia coetanea, e Benedetta è quanto più ho vicino ad una migliore amica.
«In nessuno, è solo che questo pensiero mi tormenta.» è vero, mia madre sogna da sempre per me un ragazzo, come dice lei, alla mia altezza, che tradotto in altre parole sarebbe Gianmarco. Il fatto che i miei sentimenti per Niccolò crescano giorno dopo giorno non fanno altro che aumentare la mia ansia, ansia di deluderla.
«Facciamo un passo indietro, ti sei innamorata?» domanda lei cercando di fare chiarezza, dopotutto le sono piombata addosso all'improvviso, senza un minimo di accenno ai fatti precedenti.
«No! È che credo di provare dei sentimenti nei confronti di un ragazzo che non è proprio il prototipo di mia madre, per intenderci è l'esatto opposto di Gianmarco.»  Nonostante sapessi già la risposta la sua domanda mi ha mandata un attimo in confusione: io non sono innamorata di Niccolò, né so se mai lo sarò, l'unica cosa di cui sono consapevole al momento è solo che i sentimenti che provo nei suoi confronti aumentano, giorno per giorno.
«E chi sarebbe questo ragazzo?» domanda curiosa, nascondendosi dietro le spalle dei nostri due compagni abbastanza alti da coprirci anche da seduti.
Dopo un sospiro e una riflessione della durata di dieci secondi decido di dirglielo, non mi piace fare le cose a metà e dal momento che l'ho tirata dentro chiedendole la sua opinione penso sia giusto dirle tutto. «Niccolò, il figlio di Anna.» dico io, se possibile ancora più sottovoce come per paura che si senta, anche se qua a scuola dubito fortemente che lo conoscano per nome.
Alla mia risposta Benedetta spalanca gli occhi, come avevo già previsto. «Come, ancora lui?»
Annuisco, con un sorriso imbarazzato.
Quando ero più piccola ed avevo la mia prima cotta per Niccolò lo dissi subito a Benedetta, che iniziò ad osservarlo più attentamente per darmi un giudizio. Lo considerava un bel ragazzo certo, ma anche un maleducato, sborone ed uno che diceva tante parolacce. Lei era l'unica che lo sapeva. Al tempo eravamo molto più legate di adesso, trascorrevamo insieme ogni pomeriggio dopo la fine della scuola e proprio in queste occasioni aveva avuto modo di vedere Niccolò. Il nostro rapporto era molto solido, io mi fidavo quasi al cento per cento di lei così come lei faceva con me.
«Mi auguro sia cambiato, per lo meno.» alza gli occhi al cielo, facendomi cadere in una nuova risata.
Mi faccio più seria, spiegandole com'è adesso la situazione. «Sì, adesso siamo amici, anche se siamo usciti insieme un paio di volte e non lo so, sentivo delle sensazione strane nello stomaco.» spiego aggrottando le sopracciglia mentre mi porto una mano all'altezza dello stomaco, nel punto in cui ogni volta che sono insieme a Niccolò sento una voragine aprirsi.
La mia amica mi sorride dolcemente, afferrandomi la mano. «Non sono strane, sono solo le farfalle.» dice con una semplicità nella voce da far invidia. Perché fa sembrare tutto così dannatamente semplice, quando di semplice non c'è proprio niente?
«Oggi molto probabilmente c'è Niccolò all'uscita di scuola...» Benedetta non fa in tempo nemmeno ad aprire bocca che una voce stridula ci fa sussultare. Penso di non essere mai stata così in imbarazzo come adesso in tutta la mia vita.
«Signorine! È dall'inizio dell'ora che parlate, che ne dite di continuare a farlo fuori?» ci urla contro la professoressa di matematica indicando con l'indice la porta d'ingresso dell'aula, che raggiungiamo in silenzio e a testa bassa, scoppiando poi a ridere non appena fuori dal suo raggio visivo. Finalmente fuori da quel buco.

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora