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37. espressività, dimestichezza, memoria e autocontrollo

Ansia, angoscia, tremolio, paura, chi più ne ha più ne metta. Oggi è il grande giorno, ci sarà lo spettacolo di fine stagione dell'accademia ed io non potrei essere più in ansia di così. È tutto il giorno che sono qua dentro. Ieri ho passato l'intera serata con Niccolò, il quale sapendo che avevo intenzione di provare anche ieri sera, me l'ha severamente proibito portandomi a giro per Roma così che ogni mia ansia e preoccupazione potesse volare via.
Ah Niccolò, se solo sapessi che basti tu a farle sparire non sprecheresti nemmeno così tanta benzina per girare Roma.

Questa mattina io e tutte le altre ragazze che stasera si esibiranno insieme a me ci siamo presentate di fronte all'accademia verso le nove, con tanta ansia e facce decisamente addormentate date le ore piccole che avevano fatto a provare.

«Tu che hai fatto ieri sera?» mi domanda Letizia una volta terminata l'ultima prova. Dopo quella sera in discoteca non siamo più uscite insieme. Tra Niccolò, lo studio e la danza a malapena trovo il tempo di vedere Benedetta fuori scuola, quindi figuriamoci Letizia.

«Sono andata a fare un giro.» faccio spallucce, finendo con un ultimo sorso l'acqua della mia borraccia, avvicinandomi al distributore per riempirla.

«E con chi?» domanda curiosa, togliendosi le sue punte.

«Con un amico.» Letizia non vive ai parioli, non frequenta la mia stessa scuola e non conosce mia madre. Che male c'è a dirglielo?

«Dì la verità, è lo stesso di quella sera!» nonostante più volte abbia tentato di convincerla che quella sera non ero con un ragazzo lei ha sempre insistito, portandomi ad ammettere la verità seppur tenendo nascosta la sua identità. Non rispondo, mi limito a sorridere facendole subito intuire quale sia la risposta. «Spero che sia riuscito a distrarti nel modo giusto.» fa un sorriso ammiccante.

«Letizia!» esclamo forse con voce troppo alta, tirandole una scarpetta in testa.

«Scherzavo!» entrambe scoppiamo a ridere prima di essere richiamate dalla nostra insegante. Manca ormai un'ora e qualcosa di più. Ci siamo. Tutte torniamo nei nostri panni e ciascuna col suo borsone esce dall'accademia per salire sul bus che è stato noleggiato per portarci nel luogo dove avverrà lo spettacolo. Niente meno che il teatro dell'Opera di Roma.

Una volta dentro veniamo mandate tutte a prepararci negli appositi camerini. Interpreteremo Giselle. Un'opera che parla di una contadina innamorata di un nobile che si finge pastore per illuderla e che finisce per farla diventare pazza. L'opera termina con la morte della ragazza per il troppo dolore e un susseguirsi di eventi soprannaturali. Sono emozionata, mi sento come una ballerina importante che si prepara per il suo primo spettacolo sul palco dell'Opera di Roma, lo stesso palco su cui ogni anno ballerini di un certo calibro si esibiscono e si sono esibiti negli anni. La cosa che più mi angoscia è che sarò io ad interpretare Giselle, il personaggio principale. Quando mesi fa Stefania mi ha confessato di aver scelto me come protagonista ho sentito un grande mix di emozioni. Da una parte ero al settimo cielo perché dopotutto questo è un piccolo passo, che poi tanto piccolo non è, verso la realizzazione del mio più grande sogno. Da un lato però, oltre all'ansia di interpretare un ruolo fondamentale, mi sono sentita in colpa per tutte le mie compagne che, avendo lavorato quanto me, si sono ritrovare a svolgere chi un ruolo secondario, chi proprio di sfondo.

«Non ci possiamo sempre preoccupare per gli altri, Ludovica. In una compagnia è normale che ci sia il protagonista, sennò non si potrebbero realizzare opere del genere. Io non ti ho scelta perché sei più brava delle altre. Non conta solo la bravura in questo campo. Contano l'espressività, la dimestichezza, la memoria e l'autocontrollo. In pochi hanno tutte queste capacità e una tu sei una di questi. Ti conosco da quando eri piccola così, non posso di certo sbagliarmi.»

Il discorso che mi ha fatto Stefania quel giorno, prima che io mi sbilanciassi abbracciandola forte e ringraziandola. Sono entrata in accademia quando avevo cinque anni e guardavo con gli occhi a cuoricino e la bocca spalancata le ragazze più grandi sognando un giorno di diventare come loro. Adesso lo sono, e non me ne sono mai resa conto fino a questo momento.
Quando siamo tutte pronte, truccate e con i vestiti della prima esibizione indosso siamo agli sgoccioli, manca veramente pochissimo. La nostra insegante sale sul palco per presentare quello che sarà l'evento di oggi e ringraziare ognuno dei presenti. Cerco di sbirciare da dietro il sipario nelle prime file della platea ma non riesco a scorgere il volto che tanto cerco.

«Chi cerchi, il tuo Albert?» domanda Letizia facendomi ridere.

«Spero in qualcosa con un finale un po' più allegro.» rispondo alludendo al fatto che, alla fine dell'opera, ne escono separati con la morte di lei ed i sensi di colpa di lui.

Io e Letizia siamo costrette a terminare la nostra conversazione quando siamo tutte chiamate a metterci in posizione per l'entrata in scena.
Sospiro. È più di un anno che lavoriamo questo spettacolo, forse il più grande che l'accademia ha mai realizzato. È ora di mettere in pratica tutti gli insegnamenti, le correzioni e i miglioramenti fatti in tutto questo tempo. Lancio un veloce sguardo a Stefania che mi sta già guardando, con un sorriso e un pugni chiusi a farmi forza.

Il sipario si apre e il mio sguardo vaga subito nella platea, trovando finalmente quello che tanto cercava. Niccolò è seduto su una delle poltroncine in mezzo a sua madre e a mio fratello Riccardo. I suoi occhi mi guardano con un meraviglioso sorriso, è come se fosse ammaliato. Non ho parlato a nessuno di che opera si trattasse, né tantomeno del fatto che io interpreti il personaggio principale. Ho voluto che scoprissero tutto da soli, al momento della prima. Non appena i nostri sguardi si incrociano noto una scintilla prendere spazio nei suoi occhi. Gli faccio un piccolo sorriso per poi portare l'attenzione sul resto del teatro. A causa di Niccolò non mi ero ancora resa conto di essere all'interno del teatro dell'Opera di Roma che quando mi si presenta davanti quasi mi fa vacillare, ma mi riprendo all'istante. Il resto dei miei familiari, oltre a mio fratello non li ho nemmeno guardati. Niccolò mi ha fatto dimenticare persino il posto dove mi trovo.

Ma ora basta pensare a Niccolò, si va in scena.

Capitolo più corto, da adesso inizia una serie di capitoli dedicati a questo spettacolo, che ho deciso di pubblicare insieme lo stesso giorno perché sono tutti fortemente legati tra loro.
Vi dico subito che il prossimo capitolo sarà interamente scritto senza alcun dialogo, o meglio, con pochissimi dialoghi, è un affronto ai sentimenti di Ludovica in relazione alla messa in scena di Giselle...spero che vi possa piacere 🤍

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora