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24. Silenzio

Il cartello Milano appare davanti a noi intorno alle tre di pomeriggio. Nessuno dei due ha più fiatato da quel momento, da quando abbiamo parlato dei suoi amici. O meglio, Niccolò ha continuato a cantare non fermandosi un attimo, tutte  le canzoni che ci hanno tenuto compagnia per l'intero il viaggio ma che, per la prima volta, ho trovato difficile ascoltare. Dopo aver letto quella frase non sono più riuscita ad ascoltare una canzone in pace senza pensare al blu negli occhi di Wendy seppur io questa Wendy non l'abbia mai vista. Non ho nemmeno dovuto trattenermi dal non cantare, non ne sentivo proprio la necessità, non ero concentrata su quello. Una volta terminato il primo disco ho inserito il secondo, Peter Pan, il mio preferito. Ma quando è partita la terza traccia, La stella più fragile dell'universo ho dovuto faticare per trattenere le mie emozioni. Nonostante i miei sforzi però non sono riuscita ad impedire ad una lacrima di scorrere sulla mia guancia. La mia canzone, quella che ho sempre desiderato che qualcuno mi dedicasse.
Non so dire se Niccolò si sia accorto o meno del mio stato d'animo dal momento che il mio volto è quasi sempre stato girato in direzione del finestrino e mai verso di lui. Poco m'importa, però.
Una volta fuori dall'autostrada ci imbattiamo nelle vie di Milano, che Niccolò pare conoscere abbastanza bene.

«Ti va di mangiare qualcosa, hai fame?» domanda per la prima volta dopo ore di silenzio, risvegliandomi dal mio stato di trance. Mi volto verso di lui con aria persa, le tracce del disco sono terminate e da un po' siamo passati alla radio che adesso trasmette una canzone dei Negramaro, La prima volta.

Annuisco semplicemente, tornando poi con lo sguardo sul panorama, ben diverso da quello della nostra Roma. Qua a Milano tutto sembra essere cupo e grigio, diversamente da Roma dove tutto è colore, arte e storia.

Dopo qualche minuto ci fermiamo di fronte ad un locale decisamente diverso da quelli di Roma, qua infatti si respira aria milanese.

Spesso le persone danno per scontato che noi dei Parioli, sempre vestiti bene e benestanti, sogniamo di vivere a Milano. Milano è la città del lavoro, della moda e degli snob. Quello che a Roma è visto come un quartiere pieno di snob, a Milano è la normalità. Milano è piena di quartieri come quello dei Parioli, eppure a me questa città non dice niente. Non mi ci vedrei mai a vivere, non mi dà quel senso di conforto e calore che riesce a darmi solo la capitale.
Infatti non sono molte le volte in cui ho visitato il capoluogo lombardo, seppur mia madre non perde tempo per farci un giro ogni tanto. Ci sarò stata sì e no un paio di volte, forse tre, e direi che mi sono bastate.

«Quando sono a Milano per concerti o eventi vari io e ragazzi veniamo sempre qua.» mi spiega di fronte al locale, molto grazioso che invita subito ad entrare. Ci sei stato anche con gli occhi blu di Wendy? Vorrei domandare, ma mi trattengo per non fare la più grande figura di merda della mia vita.

Una volta seduti, senza nemmeno consultarci su cosa prendere, ordiniamo al cameriere un piatto di pasta al pomodoro per me ed una cotoletta alla milanese per lui, accompagnati da un bicchiere di vino bianco ciascuno. Abbiamo evitato di prendere una bottiglia perché Niccolò deve guidare almeno fino all'albergo.

Quella di mio fratello è una sorpresa, ho contattato un suo compagno di università che, promettendo di rimanere in silenzio, ci ha fornito tutte le informazioni sulla festa che organizzerà questa sera. Ha deciso infatti di affittare una villa poco fuori Milano dove attenderemo tutti insieme la mezzanotte per festeggiare con musica, alcol e chi più ne ha più ne metta, mentre domani farà una semplice cena a casa con i suoi compagni di università, giusto per dargli il tempo di riprendersi dalla sbronza che si prenderanno stasera.
Per l'occasione dunque io e Niccolò abbiamo prenotato due camere in un albergo appena fuori dal centro che è raggiungibile con la metropolitana. Finito il pranzo lo raggiungeremo per prepararci ed una volta pronti potremo partire in direzione della festa.

«Ludovì, mi dici che te succede?» domanda improvvisamente, e quando sento che utilizza il mio nome intero capisco che il discorso è più serio di quanto pensassi.
Sbuffo, e ora cosa gli dico? Cosa mi invento? Non posso dicerto dirgli che ci sono rimasta male leggendo la dedica che ha scritto per la sua ex fidanzata. Che poi, non è che stanno ancora insieme? Nuovo dubbio sbloccato, nuova angoscia sbloccata.

«Niente, che mi dovrebbe succedere?» domando con aria spaesata, come se non capissi di cosa lui stia parlando.

«È da ore che non dici una parola. Da quando abbiamo messo la musica ti sei zittita e non hai più parlato, cos'hai?» spiega, facendosi più vicino a me.
Abbasso lo sguardo, giocando nervosamente con le mie mani.

«Niente Nic, davvero. Da piccola soffrivo tanto di mal d'auto e la strada mi ha dato un po' noia, tutto qua.» mento. Non ho mai sofferto di mal d'auto in vita mia, ma mi è sembrata la scusa più credibile.

Infatti lo vedo annuire, per poi riprendere a parlare. «Ora però non siamo più in auto, quindi puoi parlare.» insiste, facendomi alzare involontariamente gli occhi al cielo.

«Non mi va Nic, davvero. Non ho dormito e mi sento stanca, non vedo l'ora di arrivare in albergo e rilassarmi un po'. Scusa.» tronco il discorso, facendogli capire che non ho alcuna voglia di parlare, men che meno con lui.

«Va bene, come vuoi.» dice zittendosi e prendendo in mano il cellulare, dal quale non si stacca fino a che, dopo una decina di minuti, arrivano le nostre ordinazioni.

Ringraziamo ed iniziamo a mangiare in silenzio, con in sottofondo solamente le voci dei pochi clienti presenti dato il tardo orario e la musica proveniente dalla radio.
Finito il pranzo, sempre in religioso silenzio, ci alziamo e andiamo a pagare.
Nonostante insista Niccolò decide di pagare lui il pranzo e quando si mette in mente una cosa è impossibile fargli cambiare idea. Perciò mi sono dovuta rassegnare e, messo il navigatore, abbiamo raggiunto il nostro albergo, sempre in silenzio e con lo sguardo fisso davanti a noi.

Capitolo cortissimo rispetto ai soliti...c'è aria di crisi tra i nostri protagonisti, ma Ludovica non ha il coraggio di dire la verità, non riesce ad ammettere di essere gelosa nemmeno a sé stessa.

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora