40. Ma ora ti prego, mi porti al mare?
Mio padre alza il bicchiere per l'ennesimo brindisi, ridendo forse un po' troppo. Credo proprio che questa sera tocchi a mia madre riportarci tutti a casa. Per l'occasione è stato mio padre ha scegliere il locale, un ristorante storico di Roma, l'Antica Pesa, non molto distante dal Gianicolo.
Mio padre è seduto capotavola, di fianco ha mia madre mentre di fronte a lei al lato opposto siede Anna. Riccardo ha tanto insistito per stare vicino a Niccolò, che infatti è seduto di fianco a lui con vicino sua madre. Io e mio fratello siamo invece al lato opposto, vicino a nostra madre. Io sono nel mezzo, esattamente di fronte a Niccolò. Mi trovo infatti in seria difficoltà, non sapendo come incrociare il suo sguardo senza sentire un formicolio alla bocca dello stomaco e sorridere come un'ebete.
Ormai siamo al dolce, la cena è proseguita a dir poco benissimo: mio padre ha parlato per tutto il tempo con Anna e con mia sorpresa anche con Niccolò, menzionando la sua carriera, le sue aspettative e i progetti futuri. Anche mio fratello maggiore ha parlato tanto con lui, ormai direi che si possono definire amici a tutti gli effetti. Per la prima volta sono a cena fuori con la mia famiglia e mi sento bene.
Questo clima di intimità mi fa illudere per un secondo che questa possa essere una normale cena di famiglia in un futuro prossimo, in cui Niccolò è il mio ragazzo e lo porto la sera a cena a casa mia. Parla e ride con tutti, come se fosse la normalità. È una serata perfetta, l'unica cosa che cambierei è la disposizione dei posti: avrei ucciso con le mie stesse mani Riccardo quando, nel momento in cui Niccolò stava per occupare il posto di fianco a me libero lasciato apposta da Lorenzo, lo ha richiamato pregandolo di raggiungerlo dall'altra parte del tavolo. Cosa che Niccolò ha fatto, non prima di avermi lanciato uno sguardo mortificato al quale però ho risposto con un sorriso seguito dalle spallucce. Sapevamo entrambi che non potevamo insistere. Non sono mancate di certo occhiatine tra noi due, ogni secondo era buono per rivolgerci uno sguardo dolce ed un sorriso che entrambi facevamo fatica a nascondere tanto che Lorenzo mi ha tirato una gomitata un bel paio di volte. L'armonia di questa magnifica sera però è spezzata dalla figura di mia madre, la quale ha sempre mantenuto un comportamento sobrio ed elegante, non sforzandosi nemmeno a parlare con chi le stava intorno. Si è limitata infatti a lanciare occhiatacce alle battute di mio padre e a mangiare a piccoli bocconi la sua tartare di manzo.
Finita la cena si è aperto un dibattito su chi tra mio padre e Niccolò dovesse pagare la cena, vedendo come vincitore il primo che non ha perso tempo a strisciare la carta sul pos.«Ce rifamo, Emanuè.» afferma Niccolò facendo ridere tutti, mentre sua madre gli tira un pugno sul braccio.
«Niccolò!» lo rimprovera la donna per il modo troppo confidenziale con cui si è rivolto a mio padre. Un modo che mi ha riempito il cuore di gioia e di speranza.
«Lascialo Anna, mi piace questo ragazzo. È semplice e schietto, non vedo l'ora di rifarci.» gli sorride mio padre dandogli una pacca sulla spalla. Se il mio cuore prima si stava riempiendo ora sta decisamente scoppiando. Tanto che non riesco più a trattenere un sorriso che pure un cieco vedrebbe. D'istinto anche gli occhi di Niccolò si posano su di me, ricambiando il mio sorriso. Forse abbiamo una speranza, Nic.
I miei genitori ed Anna escono dal ristorante per fumare ed io non perdo tempo a raggiungere Niccolò prendendo posto sulla sedia di Anna momentaneamente vuota, mentre Lorenzo cerca di distrarre Riccardo portandolo lontano da noi due.«Mi è dispiaciuto non stare vicino a te stasera.» sussurra tirandomi indietro una ciocca di capelli. Amo quando lo fa ma al momento ho il terrore di veder spuntare le nostre famiglie.
«Nic...» dico piano mentre allontano la sua mano. Ho uno sguardo mortificato, odio doverlo fare ma entrambi sappiamo quanto sia necessario.
«Hai ragione, scusa. Non devi esserne dispiaciuta, anzi, devi essere tu a fermarmi perché non ce la faccio più a vederti così, davanti a me, e non poterti nemmeno sfiorare.» si passa una mano sul viso, scompigliandosi anche i capelli. Lo vedo che non ce la fa più, nessuno dei due è più in grado di reggere questo segreto, di vivere una storia fatta di bugie e ansia di essere scoperti, neanche stessimo commettendo un crimine. Lo guardo e provo un senso di colpa immenso. Non riesco a non pensare quanto possa stare meglio nel vivere una relazione con una ragazza normale, senza tutti i problemi che invece ho io. Sarebbe meglio per lui, vivrebbe più sereno.
«Lo so Nic, hai perfettamente ragione. Ti prometto che troveremo una soluzione.» cerco di tranquillizzarlo, nonostante sia davvero difficile riuscirci senza accarezzarlo, sfiorarlo e abbracciarlo dicendogli che andrà tutto bene. Non so quale strana forza mi stia trattenendo. «Ma ora ti prego, mi porti al mare?» il capo di Niccolò, ora abbassato, scatta subito su nel sentirmi pronunciare uno dei suoi celebri versi.
«Hai bevuto?» domanda, sbalordito.
Io ridacchio, scuotendo la testa. Stasera non ho bevuto nemmeno un sorso di prosecco. «Non ho bevuto, ho solo voglia di trascorrere un po' di tempo con te, e cosa c'è di meglio di vedere l'alba insieme in spiaggia?» io, Niccolò, un telo, la spiaggia e il sole che nasce dalle onde del mare. Non chiederei altro.
Lui sbuffa. È combattuto, si vede. «E cosa diciamo ai tuoi?»
Sorrido vittoriosa, ha accettato. «Quello lascia fare a me.»
*
Siamo appena usciti dal ristorante, ci fermiamo un attimo nella piazzetta prima di raggiungere le macchine ed io ne approfitto per parlare con mio padre.
«Papà.» lo richiamo, facendogli cenno di allontanarci un attimo dagli altri.
«Dimmi tutto, tesoro.» mi invita a continuare con quel suo sorriso che da quando sono piccola è oggetto di conforto, e non di pressione. Mio padre mi ha sempre rivolto un sorriso, che io vincessi o perdessi al contrario di mia madre.
«Prima quando siete usciti ho ricevuto un messaggio da Benedetta, i suoi hanno litigato di nuovo e lei ha bisogno di un po' di compagnia. Niccolò si è proposto di accompagnarmi, lui domani mattina non ha niente da fare, porterebbe Anna a casa e poi passerebbe a lasciare me da Benedetta così da lasciarvi andare a casa e riposarvi.» la casa di Benedetta non è lontana dalla nostra, però non rimarrebbe comunque di strada.
Mio padre mi rivolge un sorriso, poggiandomi una mano su una spalla. «Va benissimo tesoro, tra amiche è importante sostenersi. Non ti preoccupare, dico tutto io alla mamma. Vai con Niccolò.» gli sorrido riconoscente, non troppo per non farmi scoprire.
«Grazie, papà.» mi volto, diretta verso i miei fratelli. Do un abbraccio forte a Riccardo scompigliandogli i capelli che mamma impiega sempre quindici minuti a sistemare prima di uscire per poi passare a Lorenzo.
«Dormo da Benedetta.» gli comunico, grattandomi leggermente il naso. È una cosa nostra che abbiamo inventato quando eravamo piccoli. Ogni volta che ci diciamo una bugia in pubblico ci grattiamo il naso così da far capire all'altro che non è vero. Non c'è bisogno che gli dica la verità, lo capisce nel momento in cui mi vede montare nei sedili posteriori dell'auto di Niccolò, con un sorriso che va da parte a parte del mio volto.
☆
Prima cena di famiglia! Al padre di Ludovica sembra stare molto simpatico il nostro Niccolò, a differenza della madre che non pare apprezzare molto quest'atmosfera, ben lontana dai pranzi sofisticati a cui viene invitata solitamente.
Niccolò dopo un momento di sconforto per non poter nemmeno sfiorare la sua Ludovica si riprende non appena la ragazza gli chiede di essere portata al mare, proprio come nella sua canzone.
Anche questo capitolo è più corto, spero comunque che possiate apprezzarlo...a più tardi col prossimo 🤍
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Piccola Stella | Ultimo
FanfictionLudovica de Santis ha diciannove anni e la vita che tutti desiderano: una bella casa nel quartiere più bello di Roma, una famiglia abbastanza unita e ottimi voti a scuola. Pratica danza da ormai dodici anni eppure questa sembra essere l'unico spirag...