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44. Il Destino

«Ti amo, ti amo, ti amo.» sussurro sulle labbra di Niccolò, prima di unirle alle mie in un dolce bacio.

Il disco è uscito, a mezzanotte precisa siamo andati in studio e con tutto il resto dello staff abbiamo aspettato l'ora in cui Colpa delle Favole, il terzo disco di Niccolò, è diventato di tutti. Dopo io, il cantante e Adriano ci siamo diretti a casa di Niccolò dove ci stavano aspettando gli altri per brindare e festeggiare insieme agli amici di sempre. Il disco contiene tredici tracce, tra cui alcuni singoli già usciti come la canzone di Sanremo e Fateme Cantà. Le altre sono tutte inediti, ma non per me. La nona traccia infatti, è la mia preferita. La canzone che ha scritto per me e che ha suonato al pianoforte di fronte alle nostre famiglie, senza paura di esprimere i suoi sentimenti.

Dopo la cena Niccolò è tornato a casa sua ed io sono rimasta con la mia famiglia, abbiamo pensato che avendo trascorso tutto il pomeriggio assieme e dovendo trascorrere anche la serata successiva con gli altri ragazzi, fosse stato meglio tornarcene ognuno a casa propria. Quando i Moriconi hanno varcato il portone, dopo vari abbracci e saluti, è arrivato il momento più importante, il confronto con i miei. Non temevo tanto il giudizio di mio padre e di mio fratello, che ormai stravedevano entrambi per Niccolò, quanto quello di mia madre. Ci siamo quindi seduti sul divano ed un silenzio tombale ha avvolto la stanza. Un silenzio spezzato solo dal mio piede che batteva nervosamente sul pavimento.

«Molto bella la canzone di Niccolò.» a parlare è proprio mia madre, che durante la serata non si era proferita più di tanto.
«Confermo assolutamente, se a quindici anni già scriveva così non immagino ora.» afferma mio padre, come se non si fosse andato ad ascoltare tutta la sua discografia. Il fatto che quella canzone, con tutte le probabilità del mondo dedicata a me, coincida con il nostro primo incontro mi fa venire qualche dubbio. Inoltre, ho subito riconosciuto i versi che erano scritti nel foglio sulla sua scrivania durante la prima serata di Sanremo, quando mi sono imbattuta nella sua stanza.
«Quindi, che ne pensate di Niccolò?» faccio la fatidica domanda, indirizzandola più che altro a mia madre visto che il pensiero degli altri lo so già. «È un bravo ragazzo, anche se tu meriti certamente di meglio che un cantante.» la sua frase non mi stupisce, dopotutto me la immaginavo, eppure mi da comunque un fastidio tremendo. Era per questo che ho sempre avuto paura di parlarne con lei.
«E cosa mi meriterei?»
«Un tipo come Gianmarco, un ragazzo intelligente, di buon famiglia e con un futuro certo. Il cantante è un lavoro di fortuna, oggi c'è e domani non più. Se gli dovesse andare male, di cosa vivrà?» è vero, lavori del genere sono questione di fortuna, non decidi tu se piacere alla gente o meno. Gianmarco invece sa che un domani avrà un ruolo nella società di suo padre, in tribunale c'è già un posto con su scritto il suo nome, pronto ad accoglierlo appena laureato. Gianmarco è il partito perfetto, quello che ogni ragazza sogna. Ogni ragazza tranne me. «Di amore. Io avrò lui come lui avrà me, basta questo. Basterà pensarci quando vivremo un giorno bello e non ci perderemo mai.» affermo, ricordando le parole di Niccolò quando abbiamo guardato l'alba a Bracciano, quando ha detto di amarmi. «A volte basta l'amore.»
«Credevo che avessi smesso di leggere le favole tanto tempo fa, Ludovica.» dice mia madre con una risatina. «Non si vive d'amore, non nel mondo reale almeno. Guarda la realtà, basterà ancora l'amore quando non ci sarà niente in tavola da mangiare? O quando non basteranno i soldi per le bollette?»
«Angela, basta. Mi sembra che tu stia esagerando.» la blocca mio padre. Non posso credere che lo abbia detto veramente.
«Non sto esagerando, sto solo guardando in faccia la realtà.» afferma sicura mia madre facendo spallucce, continuando a sorseggiare quanto rimasto nel suo flûte di champagne. «Una realtà proprio de merda.» non sono mai stata così diretta con i miei genitori, non parliamo mai in modo così schietto, penso di averlo imparato da Niccolò. «Mi sembra che la situazione non fosse molto diversa quando tu e papà vi siete innamorati.»
«Ludovica, non ti ci mettere anche tu.» cerca di calmarmi mio padre. La loro relazione è sempre stato un argomento taboo nella nostra famiglia. Ringrazio solo che Riccardo è andato di sopra in camera sua, almeno posso parlare liberamente.
«E invece sì.» affermo, sicura delle mie parole. «Papà è andato contro al nonno perché ti amava e perché voleva vivere una vita insieme a te. Lo hai costretto ad abbandonare il suo sogno di diventare medico perché aveva già scelto te. Sei stata egoista all'epoca e lo sei adesso, che non accetti che io mi sia innamorata di un ragazzo che per vivere fa ciò che ama. Tu da ragazzina di campagna con due spicci in tasca ti sei accaparrata il ragazzetto ricco dei Parioli, perché allora io non posso sentirmi libera di amare uno che ha già un lavoro sicuro? Niccolò ha talento da vendere, e solo gli ignoranti come te non se ne rendono conto.»

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora