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21. Avevo solo voglia di sentire la tua voce

Di tempo ne è passato, siamo ormai ai primi di dicembre e tra pochi giorni è il compleanno di mio fratello. Con Niccolò le cose vanno molto bene, siamo sempre più in sintonia e riesce sempre a farmi stare bene, ogni giorno di più. L'episodio di qualche mese fa a casa mia in cui lui ha esplicitamente detto che lo faccio uscire pazzo non è mai stato rammentato, tanto che penso fosse un semplice momento di poca lucidità anche perché non è mai più accaduto nulla di simile tra noi.

«Cosa stai dicendo, papà?» chiedo, ancora incredula alla notizia che ho appena ricevuto. Lorenzo non tornerà a Roma per festeggiare il compleanno con tutti noi. Poco dopo la festa di anniversario dei nonni, unico motivo per cui era tornato a casa, non ha perso tempo a prendere il primo treno e tornare a Milano in università, e adesso sembra non avere intenzione di lasciare il capoluogo lombardo. Capisco che preferisce festeggiare insieme ai suoi amici e ai compagni di università, ma siamo pur sempre la sua famiglia.

«Mi dispiace tesoro, ma che vuoi che sia per un anno...lo abbiamo sempre festeggiato tutti insieme qua.» è forse proprio per questo che mi sento così a pezzi. Sin da quando siamo piccoli abbiamo sempre trascorso il giorno del nostro compleanno tutti insieme in famiglia: noi cinque, zii, cugini e nonni. Mamma organizzava grandissime cene nel salone di casa nostra con l'immancabile aiuto di Anna che rimaneva sempre a mangiare con noi, e qualche volta ha partecipato anche Niccolò dal momento che lui e mio fratello si sono sempre stati simpatici a vicenda. Ai suoi infatti era sempre presente, mentre ai miei capitava raramente, ma ho ben impressa l'immagine del suo viso da bambino seduto alla mia tavola su cui il mio sguardo cadeva spesso dal momento che era il periodo della mia cottarella. Un periodo che sembra non essere mai terminato.

Senza dire niente mi dirigo in camera mia, mi stendo sul letto e afferro il telefono facendo il numero dell'unica persona con cui al momento ho voglia di parlare.

«Pronto, stellì.» la voce di Niccolò arriva quasi subito al mio orecchio, dopo solo un paio di squilli. Sorrido al soprannome che mi ha dato ormai mesi e mesi fa, anche se non gli ho mai chiesto il significato.

«Ciao Nic, che fai?» domando mangiandomi un'unghia, non l'ho chiamato per una ragione vera e propria, solo perché avevo voglia di sentirlo.

«Sto in studio, dimmi.» E ora cosa gli dico?

«Scusa, non lo sapevo. Ti lascio allora.» non voglio assolutamente che trascuri il suo lavoro per me. Ha da concludere il nuovo album e da organizzare il tour, l'ultima cosa che voglio è essere d'intralcio.

«Ma figurati. Dimme tutto, te sento un po' giù.» com'è possibile che riesci a capire come mi sento solo ascoltando la mia voce senza nemmeno guardarmi in faccia, Niccolò?

«In realtà ho niente da dirti, avevo solo voglia di sentire la tua voce.» ammetto con un coraggio che nemmeno io sapevo di avere, e potrei giurare sulla cosa più preziosa che ho che adesso lui stia sorridendo. Un po' perché è felice di ciò che ho detto ed un po' perché sa che mi sto piano piano rammollendo a causa sua.

«In tal caso grazie, anche io avevo voglia di sentire la tua.» inizio a sorridere come un'ebete scomparendo tra i cuscini sul mio letto. Sembriamo una di quelle coppiette che vivono a distanza e che non non si vedono mai, quando in realtà siamo due semplicissimi ragazzi che vivono entrambi a Roma. «Che ne dici se quando esco da qua ce ne andiamo a fa un giro? Almeno me racconti anche che te passa per quella testolina.» propone, ed io non potrei essere più felice di accettare la sua gentile offerta.

«Com'è che riesci sempre a capire tutto?»

«Non posso svelarti i miei segreti, è un sì?» ha ancora bisogno di conferme?

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora