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27. Febbre d'amore

Niccolò's pov

«No regà, non ce la faccio più. Tornateve a divertì, forse è meglio se sto un po' da solo.»

«Non te lasciamo qua in 'ste condizioni Nic, ce siamo sempre stati l'uno per l'altro, tu per primo. Mo tocca a noi aiutà te.»

«A Nì, te capisco e ce sto male a vederti così. Ludovica me piace, è 'na brava ragazza ed è diversa da tutte le parioline dell'età sua, ma non puoi farti influenzare così, te stai a rovinà 'ste belle giornate a stattene chiuso qua dentro su 'sto letto.»

«Niccolì, vedrai che se sistema tutto...»

«Ale ha ragione, fai passare 'sti giorni de festa e vedi che tutto torna come prima.»
«T'ha proprio fottuto il cervello la ragazzetta, eh?»

«Più che il cervello pensi che se tratti de core.»

«Ma che te sei per caso innamorato Nì?»

Erano esattamente quarantuno giorni che non vedevo Ludovica, che non vedevo i suoi occhi scintillanti e che non toccavo le sue guance morbide. Quarantuno giorni che non sentivo la sua voce, quarantuno giorni che non saliva nella mia macchina con il respiro affannato per la paura di essere scoperta. E tutto questo per un'inutile incomprensione.

Avevo percepito che in lei ci fosse qualcosa di diverso già quando, poco dopo aver lasciato Roma, aveva letto il testo di ringraziamenti nell'inserto nel mio primo disco. All'epoca stavo con Federica e quasi tutte le canzoni d'amore  contenute nei miei due album sono state scritte per lei. Non è mai stato un segreto, anzi, più volte l'ho sbandierato ai quattro venti inserendolo anche in quel breve testo e, dopo averlo letto, Ludovica non è stata più la stessa. Aveva smesso di parlare, di guardarmi ed aveva iniziato a rispondere a monosillabi, non mostrando il minimo interesse di avere un rapporto con me. Ed io mi ero sentito morire, io che per lei stavo facendo qualsiasi cosa, adesso la vedevo allontanarsi sempre di più, minuto dopo minuto. Poi la goccia che ha fatto traboccare il vaso, che l'ha fatta scappare via da me.

Poco prima della mezzanotte l'avevo cercata in lungo e in largo per tutta la villa, senza trovarla. In giardino, in tutti i bagni, al piano di sopra, nel ripostiglio. Ovunque, ma lei non c'era, non era nemmeno insieme a suo fratello. Era sparita, si era volatilizzata. Non ho detto niente a Lorenzo, mancavano pochi minuti alla mezzanotte e non volevo di certo farlo stare male dicendogli di aver perso sua sorella, lo avrei informato più tardi, a festa finita. Poi però una voce mi aveva fatto immediatamente voltare.

«Cerchi Ludovica?» Alessio, il ragazzo che ci aveva accolto e portati dal festeggiato mi stava guardando con un sorrisetto e un bicchiere di Gin Lemon tra le mani. Non mi piaceva quel ragazzo, non mi era piaciuto dal primo momento in cui l'avevo visto, quando aveva abbracciato e baciato calorosamente Ludovica come se la conoscesse da sempre. E non mi piaceva meno che mai in quel momento, mentre mi guardava con un sorrisetto arrogante sulle labbra.

«Sai dov'è?» avevo domandato, senza troppi giri di parole. Non avevo tempo per gli indovinelli, giochetti o occhiatacce, l'unico pensiero che avevo era quello di trovarla.

«Sei arrivato tardi principe, la tua principessa è salita in lacrime sul primo treno diretto a Roma, l'ho accompagnata io stesso.» e in quel momento, tra musica, urla e brindisi per l'arrivo della mezzanotte, non mi ero mai sentito così vuoto. Tutto intorno a me era scomparso, nelle mie orecchie rimbombavano solo le parole di Alessio, allontanatosi per festeggiare insieme agli altri. Su un divanetto poco distante da dove mi trovavo avevo notato la sua giacca, un lungo cappotto color cammello che odorava ancora di lei. L'avevo stretto tra le mie mani e mi ero precipitato fuori dalla villa, dove però ero stato fermato da una voce.

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora