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22. Colpo di scena

«Ma è un tesoro!» esclama Benedetta, portandosi le mani sopra gli occhi. Siamo a casa mia, è pomeriggio e tutti sono fuori, i miei sono come sempre a lavoro e mio fratello agli allenamenti di calcio. Neanche Anna è in casa dato che per oggi ha terminato di lavorare, perciò ci siamo solo io e Benedetta.

Ieri sera dopo ho chiesto a Niccolò di ripetere ciò che aveva detto per circa dieci volte visto che non riuscivo a realizzare. Poi mi sono subito gettata al suo collo riempiendo la sua guancia di baci, per poi rendermi conto subito dopo della troppa eccitazione e staccarmi da lui imbarazzata. La felicità che ho provato quando mi ha detto che sarebbe stato lui a portarmi a Milano è svanita non appena la mia mente si è focalizzata su un qualcosa che aveva momentaneamente dimenticato: i miei genitori. Come giustifico un'assenza di due giorni o anche di più?

Al mio racconto Benedetta è letteralmente esplosa, esattamente come una tredicenne con i suoi primi batticuori. Sono tanto felice del fatto che ci siamo piano piano riavvicinate, riprendendo a raccontarci tutto come qualche anno fa. Oggi infatti come facevamo sempre da piccole dopo scuola è venuta a casa mia, abbiamo pranzato con un semplice piatto di pasta preparato da Anna che si è unita a noi e poi ci siamo chiuse nella mia stanza e, con la scusa di studiare, non ho resistito a raccontarle quello che mi ha detto Niccolò ieri sera.

«Ma cosa dico ai miei?» domando impanicata, facendo avanti e indietro per la mia stanza, nervosa.

«La verità Ludo, Niccolò è un ragazzo grande, vaccinato e per bene. Non è un delinquente e questo i tuoi lo sanno. L'hai addirittura portato alla festa dei tuoi nonni, pensi che non si siano fatti qualche domanda?»

«Sono passati mesi, i miei non sanno niente di Niccolò. Non penso che mi lascino attraversare mezza Italia con un ragazzo che conosco appena.» da quell'episodio il nome di Niccolò non si è più fatto sentire tra le mura di questa casa, o quasi. Non ho mai chiesto ai miei un'opinione su di lui, non ho mai chiesto niente di niente. Mia madre ha fatto l'indifferente, come se lui non esistesse mentre mio padre lo ha rammentato un paio di volte rivolgendomi un sorriso. Forse è vero che si sono fatti qualche strana idea, nonostante lui sia stato presentato come un amico portato da Lorenzo ha trascorso tutta la serata a fianco a me. Sorrido al ricordo di quel giorno. Persi tra i corridoi di quell'enorme villa ci siamo divertiti da matti, lui che imitava i partecipanti al rinfresco prendendoli in giro ed io che non riuscivo a trattenere le risate di fronte a quelle scene. Per la prima volta qualcuno è riuscito a non farmi annoiare alle cene di famiglia, e questo qualcuno è proprio Niccolò, è sempre Niccolò.

«E allora digli che andremo insieme io e te. Siamo entrambe maggiorenni, non possono dirci di no. Dirai che andremo con il treno e alla stazione ci sarà tuo fratello a prenderci.» il discorso di Benedetta non fa una piega, se non fosse per il fatto che i miei genitori mi vedono ancora come la loro bambina da tenere sotto la palla di cristallo per paura che si faccia male. Odio quando si comportano come se avessi ancora sette anni, tra un po' danno più libertà a mio fratello che a me.

Non faccio in tempo a rispondere che un rumore attira la nostra attenzione. Proviene dalla finestra, come se ci fosse qualcuno fuori. Possibile che quando in casa non c'è nessuno oltre a me debbano entrare i ladri?

«Che cos'è?» domanda spaventata Benedetta, alzandosi piano dal mio letto per venire di fianco a me, nascondendosi dietro le mie spalle. Sto tremando dalla paura, sono ferma in mezzo alla stanza senza sapere cosa fare. Penso ad andare nello studio di mio padre e prendere una delle canne da pesca che conserva per la domenica mattina quando mio nonno, seppur raramente, gli chiede di andare a pescare. Ma cosa ci faccio con una canna da pesca? Come lo affronto un ladro? Lascio immediatamente perdere l'idea anche perché i miei piedi non sembrano riuscire a muovere un solo passo dalla paura che sto provando. L'unica cosa che riesco a fare è vagare con lo sguardo da una parte all'altra della stanza in cerca di qualcosa di utile.

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora