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12. Tu me faje asci pazz

«Gianmarco dà una festa questo sabato...che facciamo?» domanda Benedetta eccitata, dopotutto se le feste di Gianmarco sono conosciute in tutta la scuola un motivo c'è.
Fortunatamente però ho un motivo più che valido per evitare di andarci, possono essere anche le feste più fantastiche di Roma eppure a me andarci interessa meno di zero.
«Non contatemi, venerdì sera torna mio fratello e voglio trascorrere un po' di tempo con lui.» dopo quattro mesi finalmente Lorenzo torna a Roma ed io mi sono liberata da ogni impegno per stare con lui, almeno quel poco tempo che abbiamo all'anno me lo voglio godere.
«Ma come, Ludo! Se non ci sei tu cosa ci andiamo a fare? Lo sappiamo tutti che Gianmarco stravede per te!» si lamenta Alessia ed io non me la sento di negare. Che a Gianmarco interesso è visibile pure a un cieco, e lo è da parecchi anni ormai quasi come quanto è evidente che a me non interessano le sue attenzioni, è fin troppo pieno di sé ed io con questa tipologia di personaggio non riesco nemmeno ad vere una conversazione.
«Potete comunque andare e divertirvi, non è importante che Gianmarco vi stia appresso tutta la sera, no?» alzo le spalle, sporgendomi un po' giusto per vedere l'Audi nera di Sergio entrare nel parcheggio della scuola. Ho sempre sospettato che Alessia provasse dei sentimenti per Gianmarco e forse è anche per questo che non siamo riuscite a legare più di tanto: la nostra amicizia è tenuta in piedi solo grazie al nostro gruppo di ragazze e agli incontri in cortile a ricreazione. Se non ci fossero le altre probabilmente non ci parleremmo nemmeno.
Velocemente mi piego per afferrare lo zaino che avevo poggiato in terra. «Io ora devo andare, ci vediamo domani.» avviso le ragazze della mia imminente uscita e dopo esserci salutate con due baci sulla guancia ciascuna scendo le scale dell'edificio alla volta del cancello.
Se Dio vuole questa giornata è finita, o quasi.
Non appena sento una mano afferrarmi il polso capisco di chi si tratta. Questa brutta abitudine ce l'hanno solo due persone tra quelle che conosco, e sentendo una presa più forte e decisa vado subito per esclusione.
«Ciao, Gianmarco.» sorrido al ragazzo che lascia la presa dal mio braccio per portarsi la mano dietro la nuca, grattandosela nervosamente. È considerato tra i ragazzi più belli della scuola, non esiste ragazza che non conosca il suo nome eppure davanti a me sembra sempre così impacciato, come se non sappia cosa fare quando di esperienze ne ha avute a sufficienza.
«Ciao, Ludo. Hai sentito della festa?» dovevo intuire subito il motivo per il quale mi ha fermata, non ce ne potevano essere altri, lui e queste dannate feste.
«Sì, me ne ha parlato prima Benedetta. Mi dispiace ma non potrò esserci, Lorenzo torna da Milano e volevo stare un po' con lui prima che riparta.» spiego nuovamente, seppur non dovrei dargli così tante spiegazioni.
Noto il suo sguardo incupirsi mentre annuisce. «Capisco, fai bene.»
Dopo qualche altra frase di circostanza finalmente ci salutiamo ed io raggiungo l'auto. Rimango a dir poco sorpresa quando scopro che al suo interno al posto di Sergio c'è Niccolò, che martella nervosamente le dita sul volante mentre con gli occhi coperti dagli occhiali da sole guarda un punto indefinito fuori dal finestrino.
«Ehi! Cosa ci fai tu qua?» domando con forse troppo entusiasmo. Un entusiasmi che si sbriciola quando vedo che il ragazzo di fianco a me ha il senso dell'umorismo a terra, tanto che non dice nemmeno ciao.
«Che pensi che faccia, la bella statuina? Sergio ha avuto una complicazione e so venuto io, anche se forse un passaggio ce l'avevi lo stesso.» dice furioso, indicando con un cenno del capo un punto fuori dal finestrino, lo stesso in cui fino ad ora ho parlato con Gianmarco. Lo guardo storta, più mi sforzo e più per me questo ragazzo diventa incomprensibile.
«Ma che ti prende?» è forse...geloso?
«Niente, non me prende niente.» senza dire altro mette in moto la macchina e nessuno sembra avere più l'intenzione di aprire bocca, nemmeno lo stereo spento con un gesto furioso da Niccolò, fino a che non ci fermiamo all'interno del cancello di casa mia ed io scendo chiudendomi lo sportello alle spalle.
Subito però mi abbasso, guardandolo dal finestrino appena aperto, bussando per attirare la sua attenzione vedendo che non sembra avere alcuna intenzione di scendere. «Tu non vieni?»
«Tra poco arrivo.» dice, sempre freddo come il ghiaccio. Al che decido di lasciare perdere e, sbuffando entro in casa con la testa piena di domande.

Piccola Stella | UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora