18- Il nostro castello.

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HOPE

<<Dormi sonni tranquilli finché puoi piccola, tenera Hope. Arriverà il momento della mia vendetta e sarà così bello poter dire di avercela fatta. Resterai con me, puoi starne certa>>, il tono inquietante della sua voce mi fece rabbrividire, sperai solo che non se ne accorgesse. Il fatto era che questa era una guerra iniziata anni prima, e che non sarebbe finita, se non con la morte di uno di loro. Perché in questo mondo funzionava così, due nemici non potevano coesistere. Uno dei due doveva essere eliminato, e quello non poteva essere Damon, per quanto mi abbia ammaliata, Marcus restava il cugino di quel bastardo che anni fa meritava di perdere questa partita, eppure non meritava di perdere la vita. Quest'ultima era un dono prezioso, che andava vissuta fino in fondo e nessun essere umano dovrebbe poter decidere quante ore ti restino da vivere. <<Tesoro siamo arrivati a Los Angeles>>, dissi alla piccola Alice che al mio contrario, si era addormentata. Il viaggio era stato stancante come sempre, ma fortunatamente riuscii a non prendere realmente sonno, non mi tranquillizzava affatto la sua presenza. <<La prendo io in braccio, tranquilla>>, fece il generoso Alessio ma, mio figlio, non era d'accordo. <<No, tu porti le valigie. Prendo io mia sorella>>, Abel lo fulminò con lo sguardo e mi sentii così fiera di lui. Alessio senza dire una parola acconsentì e poco tempo dopo, eravamo fuori all'aeroporto, con Abel che teneva in braccio sua sorella, Arthur che portava la valigia di Alice e io che fingevo di essere contenta di essere con mio marito, nella mia città, a casa mia. <<E adesso dove andiamo?>>, mi chiesi quale fosse il suo piano ma per la prima volta non avevo neanche una supposizione. <<Nella nostra nuova casa>>, quando l'aveva acquistata una nuova casa? E perché proprio a Los Angeles? Non ne avevo idea ma decisi di fare finta di niente e di aspettare una sua mossa sbagliata. Sperai solo che Damon non si dimenticasse di me, di noi e che prima o poi avrebbe fatto qualcosa per salvarci. <<E come ci arriviamo papà?>>, Arthur era il gemello più tranquillo e dolce, ed era mal visto da suo fratello, proprio perché considerava Alessio come se fosse suo padre e questo Abel non l'ha mai sopportato. 

<<Arthur la smetti di fare il bambino e di chiamarlo papà? Lui non è tuo padre, e non lo sarà mai, è ora che te ne renda conto prima che se ne vada e ci resti male!>>, fortunatamente Alessio era stato occupato da una telefonata urgente e si era allontanato, così non aveva sentito niente. <<Abel tesoro per favore non dire queste cose a tuo fratello ok? Lui vi ha cresciuti>>, <<dai mamma non fare la finta tonta, sarò piccolo ma non sono cieco. Tu non lo vuoi, perché non è il nostro papà e continui a mentirci>>. Mi meravigliai di quanta saggezza delle volte possedevano i bambini, tra la loro innocenza. Fosse così facile, l'avrei piantato in asso dal primo momento in cui avevo fatto ritorno. Gli presi le mani, non sapendo più cosa fare per uscire da questa situazione, decisi per una volta di essere onesta con loro. <<Hai ragione tesoro ok? Ma non posso fare nulla per adesso perché Alessio non è l'uomo che vuole farci credere che sia, è pericoloso e io devo togliervi da ogni pericolo prima di pensare a me>>, riuscii a dire solo queste poche parole, con tanto significato e sapevo che mio figlio avrebbe capito. Alessio si avvicinò e feci finta di nulla, sorrisi ad Abel che mi guardò inizialmente stranito, poi capì e ricambiò il sorriso. <<Ti voglio bene mamma>>, disse prima di mollare Alice nelle braccia di Arthur e abbracciarmi, lo strinsi forte a me e gli diedi un bacio sulla testa. <<Ti voglio bene anche io amore>>, vidi Alessio osservarci in silenzio, non sembrava quel killer di tempo fa. Sembrava un uomo normale che sorrideva alla vista di una scena dolce. Probabilmente aveva dei momenti di lucidità, nella sua pazzia. <<E io? Anche io ti voglio bene mamma>>, disse Arthur mentre ci guardava con un cipiglio in volto. <<Voglio bene anche a te Arthur stai tranquillo, su vieni>>, presi la piccola Alice in braccio e la abbracciai a me, Abel si mise un po' a disparte per fare spazio ai suoi fratelli. Dopodiché, abbracciai i miei figli e mi sentii completa. <<Non vorrei interrompervi ma è arrivato un mio amico che mi ha aiutato a trovare la casa, ci accompagna lui>>, lo guardai e annuii anche se quest'amico non mi convinceva per niente.

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