HOPE
Avevo sperato tante di quelle volte di sognare mia madre, Samantha, e adesso mi ritrovavo ad un passo da lei e il mondo dei sogni c'entrava ben poco. Era una strana giostra la vita, quando voleva cambiava giro, iniziava a girare in senso orario e quando meno te lo aspettavi, girava nella direzione opposta. Una donna che doveva essere morta e stata sepolta circa trent'anni fa, si ritrovava nella città in cui avevamo deciso di ricominciare a vivere, di chiudere con il passato. Sembrava un eufemismo, volevamo cancellare il passato e questo ci veniva incontro, ci cercava e ci voleva prendere a ogni costo. Non sapevo dove stavamo andando, quando eravamo usciti da casa di Thomas, un uomo mi aveva bendata, considerando che ero già legata, mancava solo quello. Ero certa di trovarmi in un auto, il seggiolino era scomodo e sentivo il tessuto rotto, dal quale fuoriuscivano dei pezzettini di spugna, probabilmente aveva un auto di seconda mano, malridotta. Il tempo sembrò fermarsi d'un tratto, non riuscivo più a quantificarlo, non riuscivo a capire se fossero passati minuti o ore dalla nostra partenza, e non riuscivo a capire dove mi stessero portando. Mi ricordai del micro-cip che Damon mi aveva nascosto sotto i capelli, nel colletto della camicia bordeaux che avevo indossato quella sera, sperai che non se ne fossero accorti, almeno non prima che il mio Dam venisse a prendermi. Avevo paura, non di morire ormai ci avevo fatto una certa abitudine, ma di non rivedere i miei figli, di non riuscire a sposare l'uomo che amavo più della mia stessa vita. Avevo paura di non poter portare mio padre all'ospedale, a fare tutti i controlli, le visite e i cicli di chemio che erano essenziali per la sua sopravvivenza, avevo paura di non riuscire a vedere i sogni della mia migliore amica realizzarsi e mio fratello vivere una vita felice. <<Prendi la pistola e andiamo>>, Stephanie aveva dettato ordini a colui che immaginai essere l'uomo che, per tutto il tragitto, mi aveva stretto in modo particolarmente saldo il braccio, come se da cieca e legata potessi fuggire da qualche parte.
<<So camminare non c'è bisogno che mi tiri>>, sbuffai contro qualsiasi bisonte mi stesse trascinando in quel modo, certo era scomodo camminare quando avevi delle corde ai piedi, fortunatamente avevano almeno provveduto ad allargare i nodi, era fattibile, anche se mi irritava non poco essere tirata per la camicia come se fossi un cane rabbioso che doveva essere punito. <<Prendi una cazzo di sedia e assicurati che non respiri>>, era sempre la donna che mi aveva cresciuta, con la differenza che adesso, anche se bendata, riuscivo a vederla anche meglio di prima. Avvertii un rumore stridulo, doveva essere molto svogliato se trascinava anche una sedia che pesava sicuramente meno di me. Una mano mi afferrò con più forza di prima, mi lasciò cadere sulla sedia che constatai essere di legno, poi lo sentii afferrare qualcosa che si rivelò essere una serie di corde. Mi strinse i nodi ai piedi, poi legò le mie gambe a quelle della sedia, successivamente mi strinse le braccia sullo schienale della sedia, strinse anche qui prima il nodo alle mani e poi le legò, non avevo alcuna possibilità di scappare. <<Stephanie, c'è qualcosa qui>>, qualcuno mi tolse la benda, per usarla come nastro isolante e impedirmi di parlare. La vidi avvicinarsi, cavolo erano alle mie spalle, avevano trovato quell'aggeggio di Damon? Non era durato neanche due secondi. <<Opera del coglione del suo ragazzo, naturalmente>>, commentò stracciando la camicia proprio nel punto in cui c'era la mia unica speranza di essere trovata. <<Distruggilo>>, ordinò prima di andare via e sparire dietro una porta apparentemente di ferro, era più ruggine che altro però. Mi presi un attimo per osservare l'ambiente che sembrava inghiottirmi, era pressoché buio, tranne nel punto in cui avevano situato la sedia sulla quale mi avevano legata, c'era una luce che puntava proprio sulla mia testa. Notai dei pilastri, sembravano quelli di un fienile in legno, ma un fienile non avrebbe la porta di ferro o metallo, c'era decisamente una puzza di chiuso, ma anche di qualcos'altro che non riuscivo a decifrare.
Inoltre, il pavimento non c'era, quella sotto ai miei piedi era della terra, ma com'era possibile? Solitamente, un ambiente chiuso aveva un qualsiasi tipo di pavimento, una mattonella con l'effetto mosaico o marmo, un parquet, ma non si era mai vista della terra a ricoprire il suolo di un luogo chiuso completamente. <<A tempo debito capirai ogni cosa mia dolce Hope, nel frattempo non sforzarti, ti assicuro che nemmeno il tuo Damon potrà trovarti>>, sentii la voce della psicopatica che un tempo aveva avuto il ruolo di madre, ma non era qui, non la vedevo e, nonostante ciò, riuscivo a sentire benissimo la sua voce. Era sicuramente un megafono o qualcosa del genere, il suono era amplificato dal vuoto del forse fienile in cui mi ritrovavo, anche se non aveva molto senso, decisi di credere che mi stesse guardando da un'altra stanza e che comunicasse con me tramite un megafono probabilmente. Dovevo capire perché, quando Damon sarebbe arrivato, dovevo aiutarlo a capirne di più. In risposta, riuscii solo a far uscire un lamentio, avrei voluto tanto mandarla al diavolo e dirle che lui sarebbe arrivato prima o poi, e quando l'avrebbe fatto, non avrebbe esitato un solo istante per ucciderla. Mi fidavo di lui, delle sue capacità e del suo intuito, era un uomo pieno di risorse per giunta, e quindi avevo fiducia nel suo rivoltare il mondo, pur di trovarmi. L'aveva sempre fatto, anche da ragazzini era corso in mio aiuto, eppure ci conoscevamo appena all'epoca. Non mi restava altro da fare comunque, sperare era l'unica cosa che mi era concessa fare, come perdermi nei pensieri che da sempre avevano dimostrato di essere i miei migliori amici, erano sempre gli stessi da almeno undici anni.
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All is lost.🌚
RomanceSEQUEL DI "NOTHING IS LOST".🌻 Hope ha deciso di cambiare vita nel momento in cui ha scoperto di essere in dolce attesa mentre, il suo grande amore, non aveva alcun ricordo di lei. Si è trasferita in Italia, ha cresciuto i suoi figli come meglio pot...