57- Ha vinto.

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HOPE

Mi resi conto che ero meno agitata di come avrei dovuto essere in una situazione del genere. Probabilmente ero diventata immune alla paura di morire, dopo le innumerevoli volte che avevano provato ad uccidermi, l'unica volta in cui ebbi davvero paura, fu quando Robin mi rapì a diciott'anni, vedere Damon entrare da quella porta, fu la gioia più grande della mia vita, eppure c'era anche Josh che ai tempi era il mio ragazzo, ma non fu lui a farmi sospirare di sollievo. Con il tempo mi chiesi perché non mi avesse tranquillizzato la sua presenza, e mi risposi che infondo, era stato lui a mettermi in quella situazione e di conseguenza, non mi fidavo più di lui e questo non mi faceva sentire al sicuro. Con Damon invece era tutto diverso, lui non c'entrava con quella storia, manteneva solo il segreto del suo migliore amico e potevo capirlo, avrei fatto probabilmente lo stesso per Beth, non potevo di certo biasimarlo per essere un buon amico. Nonostante ciò, però, mi aveva salvata ma non fu questo a far cambiare i miei sentimenti, bensì fu il dopo. Quella sera indimenticabile, Robin sparò e mi colpì il braccio, finii in coma. Non ricordavo nemmeno per quanto tempo fossi rimasta in quello stato di incoscienza, forse per un mese o poco più, ma comunque la cosa importante era che proprio Damon, a quei tempi per me uno sconosciuto, era stato al mio fianco ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Lo sentivo, riuscivo a sentire i suoi racconti, delle volte lo sentivo tirare su con il naso e capivo quanto gli facesse male parlarne, quelle volte desideravo solo svegliarmi e abbracciarlo, assorbire quel dolore che per troppo tempo si era trattenuto dentro, imprigionandosi in se stesso, il suo corpo era la sua gabbia. Quando mi svegliai, ricordavo perfettamente che lui era lì, pronto ad accogliermi una volta sveglia e così fece, mi diede anche un bacio sulla fronte, mi strinse per la prima volta la mano, sentii il suo calore fin dentro le ossa anche se ero così debole da avere molto freddo. Non voleva ferirmi, voleva proteggermi e questo mi fece innamorare di lui, del suo essere e dei suoi modi di fare, delle volte troppo spietati, ma erano parte di lui e non erano mai stati un vero problema per me. Lui c'era sempre stato, nei momenti peggiori era lì per salvarmi e nei momenti migliori era lì per supportarmi.

Era parte integrante nella mia vita, e anche se erano passati undici anni dalla mia scelta inappropriata, non aveva mai smesso di avere la stessa importanza per me. Era solo più difficile accettare che aveva quel posto importante nel mio cuore, anche dopo anni, anche dopo la distanza, anche senza sentirlo. Non aveva fatto male solo a lui, le persone erano brave a condannare uno per salvare l'altro, ma in questo caso, eravamo sulla stessa barca, anche se uno era a poppa e l'altro a prua. <<Sarà anche impulsivo ma sicuramente lo faranno ragionare Elisabeth e Thomas, non agirà d'impulso>>, Philip si voltò a guardarmi, credeva davvero nelle parole che aveva detto per rassicurarmi, ma io ero tutto fuorché tranquilla. <<Stavolta è diverso e lo sai. Solitamente ci sono solo io in queste situazioni, invece adesso deve salvare anche te>>, se conoscevo bene Damon come credevo, probabilmente si stava dando colpe che non aveva, si stava tormentando per aver permesso a mio padre di aiutarlo nella sua missione suicida. <<Non deve salvare nessuno dei due, non è questo il punto. Il fatto è che lui era convinto di dover proteggere entrambi il che è diverso, come se fosse un bodyguard ma non può farlo, non sempre almeno e soprattutto non con me>>, aveva sempre avuto il ruolo da supereroe, con me era sempre in allerta, sempre sull'attenti ovunque andassimo insieme, probabilmente nella sua testa era sempre convinto di dover proteggere anche me da qualsiasi cosa, ma non toccava a lui farlo. <<Il problema di Damon papà è che si sente la causa di tutti i mali che dobbiamo affrontare nella nostra vita ed è sempre pronto a farsi avanti e impedire che colpiscano anche me, ma non funziona così. Va bene farsi male, è la vita, ma farsi male insieme può risultare meno doloroso; invece, lui vuole affrontarlo da solo e ne ricava questo, alla fine il destino fa del male ad entrambi, solo che non possiamo affrontarlo insieme>>. Un rumore assordante mi fece urlare per il dolore alle orecchie, i miei timpani chiedevano pietà, come quelli di Philip che si era voltato alla sua destra, come se provenisse da lì.

<<Che discorso pietoso, mi viene quasi da piangere, ovviamente dal ridere, per quanto sei ridicola. Il destino, il male... tutte quelle stronzate che hai detto sul dolore, provo quasi pietà per te e per il fatto che ci credi veramente>>, dovevo immaginarlo che quel rumore provenisse dalle casse dal quale potevamo sentire quella serpe di Stephanie sputare veleno. <<Sai è buffo, io provo pietà per te per sentirti superiore dopo averci legati e rinchiusi in una stanza. Dimmi adesso, chi è più ridicola? E' facile sentirsi così forti quando si detta il gioco senza giocare>>, sorrisi quando si fece sfuggire un sonoro ringhio, avevo fatto centro. <<Non ti si addice sai, l'essere inferiore intendo. Dopotutto, ti ho cresciuta io. Potresti ancora cambiare le cose, metterti dalla mia parte e aiutarmi ad eliminare quei due incapaci che ti hanno messa al mondo. Potresti fare grandi cose, se solo accettassi di passare dalla mia parte>>, col cavolo che l'avrei fatto. Era più probabile che il diavolo fosse il suo amante. <<Se prometti di liberarla in questo istante, e lasciarla andare, lei sarà dalla tua parte. Però, devi farla tornare a casa, i figli hanno bisogno della loro mamma>>, Philip mi anticipò la riposta, ovviamente non la pensavo allo stesso modo anzi, totalmente il contrario. Non avrei mai potuto accettare e lasciare mio padre in pericolo, nelle mani di una psicopatica. <<Non se ne parla>>, dissi di getto, non sarò stata la madre migliore negli ultimi tempi ma non potevo essere anche una pessima figlia, non l'avrei mai potuto condannare in questo modo. <<Invece si Hope, tu hai tre figli da crescere, hanno bisogno di te e lo sai troppo bene. Non mi farà niente, lei vuole Samantha non me, sono solo un burattino nelle sue mani che muove a suo piacimento>>, era così assurdo quello che mi stava chiedendo. <<Bene, bene, bene. Questo è davvero interessante. Il padre che decide per la figlia, la figlia che si sacrifica per il padre, rinunciando ad essere madre. Ammetto di essere un po' confusa, ma sono sicura che Hope sia abbastanza intelligente da prendere una decisione da sola>>, rise quando non c'era nessun motivo per farlo, <<voglio la garanzia che la porterai a casa sua, dai miei nipoti>>, mio padre continuava a dare corda a quella donna senza prendere in considerazione il mio pensiero.

<<Ti ho già detto che non ci penso neanche>>, dissi in preda a una crisi di nervi, la situazione era già delicata ma a renderla più difficile ci pensava l'uomo alla mia destra, <<Hope io sto morendo. I medici mi hanno dato due mesi, dopodiché verrò cancellato dal mondo con la stessa facilità con cui mi hanno disegnato. Tu hai un'intera vita davanti, è giusto che mi sacrifichi per l'unica cosa buona che ho fatto nella mia esistenza>>, le lacrime non tardarono ad arrivare, non poteva restargli così poco tempo, i medici avevano detto che la sua malattia dopo il coma si era rallentata. <<No papà, i medici hanno detto che lo stadio del cancro si era come congelato dopo il coma; quindi, non ti restano solo due mesi e anche se fosse, non posso lasciartelo fare>>, mi guardò con disappunto anche se i suoi occhi erano lucidi, non poteva chiedermi di lasciarlo andare per sempre, cos'avrei fatto poi? Mi sarei sentita vuota, spaesata e sola, senza l'ultimo genitore che mi era rimasto. <<Ti sbagli, l'ultima volta che mi hai accompagnato, mi hanno esplicitamente detto che non c'è più speranza e che ormai mi restano solo quei due mesi. Senti figlia mia, non vorrei sprecare quei due mesi che mi restano a fare il burattino, vorrei godermi i miei nipoti ancora un po' ma non posso. Tutto questo è successo per colpa mia e delle mie azioni sbagliate, devo accettare le conseguenze e tu, devi tornare dai tuoi bambini>>, non era colpa sua, lo sapevo che si sarebbe assunto la responsabilità di tutto questo, ma non era colpa sua se la migliore amica di mia madre, era una psicopatica con gravi problemi mentali. <<Non è giusto, non hai colpe papà>>, dissuaderlo era ormai impossibile, aveva tratto le sue conclusioni e aveva programmato la fine di questa situazione, escludendomi come solo lui sapeva fare. <<Stephanie, lei è dalla tua parte, ora rispetta i patti e portala a casa>>, Philip urlava contro una possibile telecamera che riusciva a vedere solo lui sulla sua destra, io ero così accecata dalla luce sulla nostra testa, da non vedere niente.

<<Voglio sentirlo dire da Hope>>, disse con tono sadico, non avrei mai voluto farlo, mai. <<Sono dalla tua parte, ma non devi fargli del male>>, dissi con l'amaro in bocca, guardai mio padre e gli mimai un "scusa" con le labbra, sentii una risata soddisfatta e sadica, <<bene, verranno i miei uomini a prenderti e ti porteranno a casa, sono una donna d'onore io>>, aveva vinto, si era presa gioco di noi e aveva avuto la meglio anche adesso, mi venne voglia di urlare e tirare pugni alla cieca e senza un senso, per il puro piacere di dare libero sfogo alle mie frustrazioni, alle mie paure e alle mie fragilità.

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