24- Non può morire.

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DAMON
Era proprio vero che la vita sapeva prenderti in giro, l'aveva dimostrato più volte; eppure, questa volta era stata quella decisiva: il mondo, la vita, il destino o chiunque fosse, era arrabbiato con me o semplicemente mi odiava a morte. Ero riuscito a portare in salvo tutti, e all'ultimo avevo perso il controllo dei fatti, quel bastardo era riuscito a colpire Philip, che tra l'altro era già morente di suo. Vi dovrei spiegare come sono andate le cose, be' partiamo da dove c'eravamo lasciati.

Flashback.

Abel mi strinse forte a sé, non mi aspettavo una reazione del genere, nemmeno Hope che ci stava osservando letteralmente a bocca aperta. Lo strinsi a mia volta e mi sentii completo, con uno scopo nella vita, con la voglia di amare sempre di più quei bambini che erano parte di me. <<Mamma, chi è quest'uomo?>>, Arthur, era appena sceso dalle scale e si era fermato accanto alla sua mamma, sembrava sulla difensiva, non era felice di vedermi, probabilmente tra i due gemelli, era lui quello che mi odiava. <<Ecco tesoro, vedi lui è tuo padre, è venuto qui per salvarci>>, disse guardandolo negli occhi, <<e Abel perché lo abbraccia? Si è dimenticato che ci ha abbandonati?>>, guardò suo fratello con disprezzo, era ciò che più temevo. <<Non dire così Arthur, sei troppo piccolo per capirlo, ma lui è sempre stato presente, anche se non di persona>>, la dolcezza con cui lo guardava, gli parlava, mi fece immaginare un futuro in cui avrebbe guardato sempre e solo me e i suoi figli, in quel modo. Nessun altro aggiunto. <<Non dirmi che sei dalla sua parte mamma, tu più di tutti dovresti odiarlo>>, disse di rimando, iniziando ad agitarsi, <<quando cresci tesoro, capisci molte cose, soprattutto che non puoi odiare chi hai sempre amato>>, mi guardò negli occhi e mi persi in quei due pozzi pieni di cioccolato fuso, in quel momento mi sentivo fuso anch'io. Aveva appena ammesso, in presenza dei suoi figli, che mi amava. Cosa potevo desiderare di più al mondo? <<Ma che bel quadretto felice, sono quasi commosso>>, una voce ci colpì alle spalle, era quel bastardo di Marcus, che senza motivo, iniziò a ridere in modo inquietante, mi chiesi come sia possibile che avesse dei problemi di personalità o mentali, e nessuno se ne fosse accorto, nessuno se ne fosse preso cura. <<Finalmente siamo arrivati alla fine della partita, Marcus>>, dissi voltandomi per guardarlo, non era armato, ma aveva la mini-Hope in braccio. Vidi Hope con la coda dell'occhio irrigidirsi, afferrò immediatamente i due ragazzi e li portò dietro al suo corpo per proteggerli, feci esattamente la stessa cosa, con lei. <<I giochi prima o poi finiscono Damon, non è una novità. Spero che tu sia pronto, sai per la tua sconfitta>>, sorrise prendendosi gioco di me, risi a mia volta, prendendomi gioco di lui. <<Sei così convinto che a perdere sarò io, che non hai pensato a una cosa>>, dissi con disinvoltura. <<Illuminami, ti prego>>, mi incitò a continuare e in quel momento intravidi Philip nascosto dietro a un muro, bene lui non lo sapeva. 

<<Anche se vinci, non hai davvero vinto Marcus. Non c'è nessun premio>>, <<ti sbagli, la vita con Hope è il premio>>, sapevo che avrebbe risposto in quel modo, ciononostante, mi irrigidii per il modo in cui l'aveva detto, come se la vita di una persona fosse un valido premio. <<E credi che sarà come prima? Ti faccio un piccolo spoiler: lei ti odierà a morte. Non l'avrai mai davvero>>, avrei potuto vantarmi di questo ma era già abbastanza irritato quindi evitai di farlo, avevo paura per la piccola. <<Sono sicuro che, quando sarai in una bara, se ne farà una ragione e si innamorerà di me>>, che idiozia. Non l'avrebbe mai fatto, ne ero certo. <<Alessio, o Marcus be' non so più chi sei, lascia stare i bambini, non devono assistere a tutto questo>>, si intromise Hope alle mie spalle, era una buona idea, così Philip poteva sparargli, senza il rischio di sparare alla bambina. <<Vuoi andare dalla mamma Alice?>>, chiese alla bambina che teneva le mani strette tra loro, era piccola di statura per avere sei anni. Alice annuì con gli occhi lucidi, aveva paura e voleva stare con Hope. Il cugino svitato di Robin si abbassò per farla scendere e la bambina fece una corsa per poi atterrare tra le braccia della mamma, che l'aveva presa in braccio e capendo le mie intenzioni, era uscita con i bambini, dalla finestra che fortunatamente era bassa. Mentre ero distratto, Marcus si guardò alle spalle e sentii uno sparo, mi girai in tempo per vedere la pistola puntata a Philip, afferrai la pistola che avevo dietro ai pantaloni e sparai. Un solo colpo secco al cervello, e l'incubo era finito. Finalmente non aveva più il potere di tormentare le nostre vite. L'avevamo abbattuto, ma non avevamo vinto, non avremmo mai vinto. Mi avvicinai a Philip, aveva una ferita all'addome e doveva essere portato urgentemente in ospedale. <<Capo tutto a posto? Ho sentito gli spari e sono venuto>>, Antony l'uomo che avevo portato con me, a cui avevo dato l'ordine di nascondersi e intervenire solo se non saremmo usciti entro mezz'ora, venne in mio soccorso. 

<<Philip è stato ferito e devo portarlo in ospedale, ascolta ci sono i bambini fuori che non possono vederlo in queste condizioni, portali a casa mia da Elisabeth, la chiamerò lungo il tragitto>>, mi ascoltò attentamente e uscì di corsa da casa. <<Non voglio andare con questo signore mamma, ho paura>>, sentii la vocina di Alice in lontananza, <<non preoccuparti la mamma arriva subito, poi ci sono i tuoi fratelli pronti a difenderti>>, le rispose Hope con il tono preoccupato, aveva sicuramente capito che qualcuno si era fatto male. <<Si coniglietto, ci sono io non preoccuparti, ti difenderò a ogni costo, promesso>>, era proprio come suo padre, come me. Abel era la mia fotocopia e questa era l'ennesima prova. Non sentii altro mentre facevo pressione sulla ferita. <<Non addormentarti vecchio>>, gli dissi quando stava per chiudere gli occhi, non andava affatto bene. <<M-mi sembra d-di averti già d-detto che non s-sono vecchio>>, rispose facendo fatica a respirare, parlò a tratti, ma almeno era riuscito a parlarmi. <<Bravo, così ti voglio Philip, devi resistere per tua figlia, per i tuoi nipoti capito?>>, annuì incapace di farsi uscire la voce, una lacrima gli percorse il viso. <<Cristo se non ti uccide la pallottola e nemmeno la malattia, sei un vecchio fortunato>>, volevo evitare che i suoi pensieri prendessero la strada della morte, <<sarò sicura-mente l'uomo più fortu-nato al mondo>>, disse tossendo, prima di svenire, cazzo. <<No, no, no. Svegliati, devi restare sveglio!>>, urlai proprio quando Hope entrò nella stanza. <<Papà!>>, la sentii urlare mentre lo alzai, pesava troppo. <<Hope ascoltami non è il momento di farsi prendere dal panico, devi aiutarmi a portarlo in macchina, subito!>>, nonostante le lacrime e il fiato corto, mi aiutò a caricarlo in aiuto. Prese posto sul sedile posteriore, appoggiai Philip addossò a sua figlia e chiusi lo sportello, mettendomi alla guida. <<Tieni, mettilo sulla ferita e fai pressione con la mano>>, le presi un asciugamano che avevo in macchina sempre, per quando uscivo dalla palestra e glielo diedi. <<Damon fa presto!>>, guidavo più veloce che potevo, mi ricordai di Elisabeth e la chiamai mettendola al corrente del minimo indispensabile. Arrivammo in tempi da record all'ospedale più vicino, Hope iniziò ad urlare, <<aiuto, aiutateci! Mio padre è stato sparato!>>, un dottore con degli infermieri e una barella vennero in soccorso e portarono Philip in sala operatoria.

 Parcheggiai l'auto mentre Hope era rimasta con suo padre, quando entrai non dovetti neanche chiedere dove fossero, la sentivo piangere e urlare frasi sconnesse. <<Hope, ti prego calmati>>, le dissi quando la raggiunsi e in risposta si gettò tra le mie braccia, la strinsi forte, cullandola per farla calmare. <<Me l'ha quasi ucciso Damon, quel mostro ha quasi ucciso mio padre!>>, <<lo so Hope e mi dispiace per questo ma è finita, quel bastardo è morto e non potrà più fare niente>>, non era molto confortante ma era bello sapere che non fosse più un problema la sua presenza. <<Se dovesse morire...>>, la interruppi subito, non era un'opzione da considerare, no. Non poteva morire, non adesso, non così. <<Non morirà, conosci tuo padre. L'uomo più forte che io conosca, lui non morirà per una cazzo di pallottola, ok?>>, alzò la testa per guardarmi con i suoi occhi spenti, inondati di lacrime e annuì. Stavamo aspettando nella sala d'attesa e c'erano delle sedie per i parenti in attesa di notizie, le feci segno di prendere posto. Restammo così, l'uno accanto all'altro in attesa di una qualunque risposta alle nostre domande, mi prese la mano e la strinse forte alla sua, mentre appoggiò la testa sul mio braccio. Mi voltai quel poco che bastava per lasciarle un bacio tra i capelli.

Fine flashback.

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