CAPITOLO 6

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Sto servendo un cliente quando il mio sguardo ricade per l'ennesima volta sul ragazzo dagli occhi verdi, solo che stavolta anche lui alza lo sguardo nello stesso momento. 

Ed ecco, come stamattina al parco, rimaniamo incantati a guardarci negli occhi. 

Non so perché, ma non riesco a staccarmi dal suo sguardo. E’ come se i suoi occhi tenessero incollati i miei senza dargli possibilità di trarsi da tale gesto. 

Ci guardiamo per interi minuti finché non mi sento chiamare ad un tavolo, perciò stacco i miei occhi da quelli del ragazzo e vado verso il tavolo dove sono stata richiesta.

Il tavolo che vado a servire è uno in cui ci sono tre uomini che stanno giocando a poker. In particolare uno dei tre uomini sembra star perdendo alla grande. Mi fermo un attimo ad osservare come gioca e onestamente non fa altro che sbagliare mosse. Dopo poco che sono lì i tre mi notano.

《Ehi bellezza, perchè non ti siedi qui accanto a me? La sfortuna oggi ce l’ha con me e non riesco a vincere, magari tu mi porterai fortuna》Dice l’uomo che prima stavo osservando per il suo pessimo modo di giocare. 

Infatti rispondo《Secondo me non è la sfiga il problema, ma tu che non sai giocare. E poi non sono mica un portafortuna. Compratelo se ne vuoi uno, costano poco sai?》

Gli uomini come lui non li ho mai sopportati, credono che le donne siano degli oggetti con cui divertirsi, ma non capiscono che anche noi abbiamo un cuore e una mente, solo che c’è chi li sa usare e chi no.

《Ehi puttana, ma come ti permetti. Non sai chi sono io》Dice lui alzandosi dalla sedia e afferrandomi un braccio

《Si che lo so, sei uno che è negato a poker》Controbatto per niente spaventata. Se pensa che facendo il duro mi mette timore si sbaglia. 

《E sentiamo, tu sapresti fare di meglio? Io non credo, dopotutto come può una donna vincera a poker?》 Schernisce per poi mettersi a ridere seguito dalla maggior parte delle persone presenti che si erano messi a guardare la scena. 

Ecco, appunto. Voi donne. Ma io vorrei capire, viviamo nel ventunesimo secolo e ancora devo sentire dire cose come “voi donne non potete…” “ voi donne non siete...” “voi donne come potreste...” e così via ad andare. Quando sento certe cose mi salgono i nervi, oltre che il disgusto per chi le ha pronunciate. Ora gli tiro un pugno che lo faccia risvegliare domani. All'ospedale però. 

Smetto di pensare tra me e me per evitare di sembrare scema a stare impalata senza dire nulla e gli rispondo in maniera fredda《Io invece credo che riuscirei a battere sia te che i tuoi amici senza alcuno sforzo, vogliamo provare?》 

《Oo, la bambolina ha fegato. Vediamo come batterai me e i miei amici. Prego, accomodati》 Lascia il mio braccio e porta indietro una delle sedie del tavolo invitando a sedermi.

Sento lo sguardo di tutti su di me mentre mi accomodo al tavolo. Con la coda dell’occhio noto che c’e’ una persona che mi osserva piu’ degli altri con fare incuriosito. Si, il ragazzo del parco mi sta guardando, ma non devo deconcentrarmi. Ora devo solo pensare a battere questi idioti che, come tutti penso qui dentro, penseranno che io non sappia neanche come si gioca e che di conseguenza farò una figuraccia, solo che non sanno che mia madre è un asso nel poker e che mi ha insegnato a giocare quando avevo undici anni.

Iniziamo a giocare e verso la fine della partita siamo rimasti io e uno dei tre uomini. Alla fine quello negato a giocare ha lasciato subito. Coniglio. Adesso è il momento dello showdown, cioè dobbiamo mostrare le carte che abbiamo in mano e quello con la mano più alta vince.

Il primo a scoprire cosa ha in mano è il mio avversario,

《Scala colore》Afferma super soddisfatto con un sorriso in volto. 

Non credo nelle favole    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora