DISTACCO Capitolo 39

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Dafne mosse per un paio di volte le palpebre, erano pesanti, riuscì ad aprire gli occhi in un piccolo spiraglio notando una luce. Sentiva una forte pressione addosso come se fosse sotto una lastra di cemento, gli occhi percepirono un bagliore di sole provenire dalla finestra. Intorno pareti bianche, era su un letto, un bip metallico proveniva alla sua sinistra da un macchinario attaccato al suo polso. Era in ospedale. Il corpo intorpidito cominciava lentamente a risvegliarsi. La mano poggiata al lato destro del suo fianco era calda, protetta da quella di Katsuki. Doveva essere rimasto lì per tanto tempo, seduto su una sedia la testa pesante si era accasciata in avanti sul bordo del letto.

Era così bello! Quando dormiva aveva un'espressione così beata e tranquilla. Anche se in quel momento notò le occhiaie. Ne seguì i lineamenti: il profilo del naso, la mascella squadrata e le labbra. Aveva voglia di baciarlo e toccarlo. Ma se avesse mosso la mano l'avrebbe svegliato, voleva che si riposasse, poteva solo immaginare quello che aveva passato per ritrovarla.

Quanto tempo è passato? Non ne aveva idea.

Era ancora confusa, aveva solo caos nella testa. Sprazzi di immagini come se non fossero le sue, come se ne fosse stata testimone. E non erano belle. No per niente! Non ci teneva a ricordare, ne avrebbe fatto davvero a meno. Ne aveva abbastanza di ricordi traumatici.

Alzò il braccio sinistro da cui fuoriusciva una flebo e aveva attaccato il macchinario che segnava le funzioni vitali. C'erano diversi segni: lividi, cicatrici. La spalla tirava, lì dove quel folle le aveva sparato, faceva ancora male. Le avevano messo dei punti e bendato la zona.

Si guardò intorno e in un angolo della stanza c'era il padre. Seduto su una poltrona anche lui che dormiva. I lunghi capelli erano sciolti e gli ricadevano sul viso; la testa era pesantemente poggiata sulla spalla destra con un'angolazione tremenda, quando si fosse svegliato avrebbe sicuramente avuto dolore al collo; era stravaccato con i gomiti sui braccioli e le gambe allungate. Posizione di uno che si era buttato sulla poltrona distrutto per la stanchezza e si era addormentato in un attimo.

Chissà cosa avevano fatto per ritrovarla! Si sentiva in colpa per averli fatti preoccupare. Se fosse stata più forte, più capace, forse non sarebbe successo nulla.

Ora doveva fare i conti con il senso di angoscia che l'attanagliava per quello che aveva fatto. Le era sembrata la cosa più logica da fare. Togliere di mezzo il problema una volta per tutte. Poi era stata nuovamente pervasa dalla rabbia mista a disperazione e il potere era fluito per vendicarsi per tutte le sofferenze che quell'uomo aveva arrecato a lei, a sua madre e a tutte le altre persone che aveva usato per gli esperimenti. In quel momento aveva un peso sul petto, avrebbe dovuto sentirsi bene, quell'uomo non le avrebbe più potuto fare del male. Eppure era inquieta. Non voleva ucciderlo in verità, lo aveva solo pensato, ma il potere dentro di lei era uscito incontrollato e aveva distrutto ogni cosa. Un'altra volta. Non sarebbe stato facile convivere con un tale peso.

E poi avrebbe dovuto affrontare il giudizio degli altri, soprattutto di Katsuki. Ed era proprio quella la cosa più difficile!

Katsuki si mosse e le strinse più forte la mano. Dafne sorrise.

Quanto amava quel brontolone! Lui era riuscito ad infilarsi nel suo cuore nonostante i suoi modi insopportabili. Il suo sbraitare all'inizio la irritava poi conoscendolo meglio cominciò a piacergli quel suo lato burbero. Nonostante la facciata di un duro isterico in fondo era una persona profonda e molto passionale.

Si era innamorata di lui come una bambina del suo principe azzurro.

Cercò di bloccare una sonora risata divertita, tappandosi la bocca, perché si era immaginata Katsuki vestito da principe azzurro. Orrore!

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