BATTAGLIA Capitolo 49

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Il giorno fissato arrivò, le squadre si posizionarono nei luoghi assegnati per pattugliare ed intervenire in caso di attacco. Katsuki si recò sulla collina che sovrastava la città per fronteggiare il nemico principale, Dafne era stata costretta alla fine a rimanere in agenzia con Jeanist e il padre che si occupavano di amministrare e coordinare l'operazione da remoto.

Dafne doveva rimanere ad osservare dai monitor e ascoltare dagli auricolari cosa sarebbe successo e l'unico pensiero era verso Katsuki che doveva affrontare quel folle. Alla fine, si era fatta convincere o forse non voleva deludere ancora Katsuki. Dopo la riunione con le varie agenzie avevano nuovamente litigato e stavolta nei suoi occhi vi aveva letto frustrazione. L'ostinazione di Dafne lo aveva infastidito e nello stesso tempo amareggiato a dimostrazione che lei non si fidasse pienamente del ruolo che lui ricopriva. Ma non era quella la motivazione. Anche lei sentiva il bisogno di proteggerlo ma non voleva minare il suo orgoglio di uomo e di eroe, perciò alla fine aveva abbassato la testa in segno di resa e aveva accettato di mettersi da parte.

In quel momento però non riusciva a stare ferma, si muoveva di continuo nella sala, senza trovare una posizione, lo sguardo rimbalzava tra i vari monitor e le spalle di Jeanist che era seduto composto alla consolle principale. Lei invece sembrava uno spirito intrappolato in cerca di pace. Il padre aveva intuito il suo stato d'animo e le mise una mano sulla spalla.

Lo sguardo interrogativo che lei gli rivolse era la richiesta ad una spiegazione a quella condizione. Il tono amorevole con cui le parlò quietò di poco quegli occhi ansiosi e carichi di voglia di reagire.

"Bakugo sa quello che fa. Ricordati che è il numero Due solo perché non gode di grande favore tra le persone ma in quanto a forza e determinazione eguaglia Deku senza ombra di dubbio"

Già, era proprio quello che la terrorizzava di più: consapevole di quanto fosse tenace poteva spingersi oltre il limite. E quel dottor Kendo non era il cattivone delle favole, era un essere spregevole e pericoloso che avrebbe lasciato uscire il suo lato disumano, insensibile a chiunque si fosse trovato davanti.

Dafne provò a trovare un comodo alloggio ai suoi muscoli tesi sulla sedia che aveva agguantato con rassegnazione. Si era piantata davanti al monitor che segnava la posizione di Katsuki, gli occhi attenti a captare ogni minima anomalia anche se non capiva nulla di tutta quella tecnologia. Non le avevano assegnato alcun auricolare perché a detta del padre non avrebbe fatto altro che aumentare la sua apprensione. E non si potevano permettere che lei perdesse il controllo in quella situazione. Si sentì schifosamente inutile. Ma era davvero degna di stare dov'era?

Era una vita che si sentiva sempre fuori posto e il macigno del suo dannato quirk non le aveva lasciato scampo in ogni tappa della sua vita. Quando aveva incontrato Katsuki pensò che fosse uno dei tanti ostacoli che aveva imparato a saltare. Le persone per lei erano semplici impedimenti da aggirare per tirare dritto nella sua marcia verso una meta di pace interiore. Si era convinta che avrebbe trovato un equilibrio solo se fosse stata sola: gli altri smuovevano l'animo, sconvolgevano la mente e lei non poteva permettersi tutto quel caos interiore. Eppure, Katsuki era diventato un intralcio difficile da aggirare e impossibile da ignorare. Lui aveva trovato il comodo rifugio che si era creata per stare lontano da ogni tipo di emozione e aveva trovato un interruttore nella sua anima che facesse brillare l'oscurità in cui si era rintanata.

Mai avrebbe pensato che si sarebbe innamorata di un vero eroe!


"Come sei cambiata Dafne in questi giorni!"

L'euforia del dottor Kendo era quasi contagiosa ma il riso maligno stampato sulla faccia stonava con l'entusiasmo vibrato da quelle parole ironiche.

"Sei una comparsa che sparirà subito dalle nostre vite"

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