capitolo 2

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Katsuki abbassò lo sguardo sul villain che aveva mugolato, stava riprendendo i sensi e sicuramente aveva tutto il corpo dolorante: il naso si era rotto con lo schianto a terra e il braccio, colpito dal calcio di quella ragazza, era piegato in un modo innaturale. Percepì un movimento repentino davanti a lui e quando rialzò lo sguardo, dove un attimo prima c'erano la ragazza e la donna, erano già in fondo alla strada come se fossero state mosse dal vento.

"Ehi dove cazzo stai andando!" gridò ma quelle svoltarono l'angolo e sparirono dalla sua visuale. Ma che razza di tipo! Non poteva inseguirle, doveva occuparsi del villain che fece rialzare di peso da terra e caricandoselo in spalla lo portò alla stazione di polizia.

Katsuki tornò a casa senza passare dall'agenzia, con addosso ancora il costume da eroe. Il suo appartamento era in periferia, in un posto lontano da occhi indiscreti, una villa a due piani di proprietà di famiglia in cui aveva sistemato solo il piano inferiore dove vivere, a lui bastava.

Un grande appartamento con due camere, un grande salone con tv al plasma55 pollici e un divano di tre metri, una cucina con penisola centrale e due bagni: uno in camera e l'altro nel corridoio che separava la zona giorno da quella notte.

La sua stanza era quella più grande con il bagno. L'altra stanza era stata usata da capelli di merda e il parafulmine quando si mettevano in testa di andarlo a trovare, poi erano così sbronzi che non riuscivano a tornare a casa e lui era costretto ad acconsentire di farli rimanere. Era capito solo due volte in verità, non gli piaceva che quelli girassero nel suo spazio.

Si sentiva strano, aveva ancora nella testa le parole di quella ragazza. Vi aveva percepito un forte disprezzo per gli eroi. E non aveva avuto bisogno di un aiuto per mettere al tappeto quel villain.

Cazzo, però, lo aveva sistemato per bene!

Si tolse tutta l'attrezzatura che aveva addosso e si sfilò la tuta che era completamente bagnata di sudore. Si buttò sotto il getto caldo della doccia e con l'acqua che gli scorreva sui capelli non riusciva a togliersi dalla mente quei dannati occhi. Avevano una scintilla che lo aveva scosso, la sensazione di essere scrutato in quel modo lo aveva fatto sentire quasi nudo. E lo avevano guardato con astio. Non era il modo in cui lo guardava la gente di solito, quel timore reverenziale che lo lasciava sempre indifferente.

Gli aveva dato fastidio quello sguardo di completo distacco, disinteresse per il suo ruolo, di quello che rappresentava. La società acclamava gli eroi, quella ragazza li schifava. Non gli era mai piaciuto in verità il lato pubblico per lui essere eroe significava solo vincere su tutti e non arrendersi mai. Perché quella ragazza lo aveva messo in discussione? Non si spiegava cosa cazzo era successo!

Uscito dalla doccia si avvolse i fianchi con un asciugamano e con un altro si frizionò i capelli. Arrivò un messaggio sul cellulare. Era Kirishima che gli ricordava l'appuntamento di quella sera per il grande annuncio di Deku che avrebbe fatto a tutti i suoi amici. Merda lo aveva dimenticato! Non aveva davvero voglia di rivedere tutte le facce di quegli idioti della sua vecchia classe del liceo. Ma da Deku aveva ricevuto una ventina di messaggi per dirgli di non mancare quella sera. E non si sentiva di deluderlo.

Si vestì, prese le chiavi della moto e il casco, andò a quella serata. Sperava solo che sarebbe finita il prima possibile!


"Dafne rallenta non riesco a starti dietro!"

Dafne camminava rumorosamente e spedita senza meta in verità, solo con l'intenzione di mettere più distanza possibile tra lei e quell'Hero.

"Ci stiamo allontanando troppo tesoro! Puoi calmarti per l'amor del cielo!"

Dafne si fermò di colpo a quella richiesta accorata da parte della madre

"Scusami mamma!"
Era anche un po' contrariata per il fatto che avesse gridato il suo nome davanti a quel tizio.

"Potevi evitare di dire il mio nome davanti a quello là però!"

"Tesoro perché sei così indispettita, non ti ha detto nulla in verità"

"Non mi piaceva la sua faccia strafottente. Come se non fossi capace a difendermi da sola e avessi bisogno di un eroe" rimarcando l'ultima parola con un tono cinico.

"Sei ostinata figlia mia!" le disse la madre sorridendo

"Avrò ripreso da qualcuno suppongo"

Dafne era ancora agitata, gli occhi di quell'eroe l'avevano disturbata in un modo che non pensava. Non aveva riflettuto sulla possibilità che si potesse ritrovare davanti uno di quelli così facilmente e non aveva avuto nemmeno il tempo di capire come poteva comportarsi.

I suoi occhi però... erano ipnotici. Vi aveva letto determinazione, sicurezza, orgoglio anche tanta passione e grinta.

Tutte cose a cui lei aspirava. Poteva avere la faccia della dura ma in verità si sentiva insicura, un pesce fuor d'acqua, sempre fuori posto. Diversa. Sfogava le sue debolezze con la strafottenza soprattutto verso quelli che la mettevano in soggezione proprio come quell'Hero.

"Dafne, lo so che per te è difficile ma non sei più una bambina. Devi trovare la tua strada adesso"

La madre era sempre stata presente, pronta a guidarla, sorreggerla anche ammonirla e metterla di fronte a delle scelte.

Sin da bambina la ricordava amorevole e severa allo stesso tempo. L'aveva cresciuta con il principio di dover mantenere il controllo in ogni situazione. Ma a volte era difficile imbrigliare il fremito delle emozioni. Per lei era sempre tutto amplificato. E per evitare di deluderla o fare disastri preferiva isolarsi e ridurre al minimo le interazioni sociali.

Era riuscita negli ultimi anni a sviluppare una certa passività difronte alle cose ma l'incontro con quell'eroe aveva messo tutto in discussione.

"Andiamo Dafne o saremo in ritardo"

Madre e figlia si incamminarono verso la loro destinazione.

Quello era stato solo un contrattempo, un maledetto contrattempo.


Katsuki arrivò al locale dove c'erano già tutti. Poteva sentirli e riconoscerli distintamente da fuori, ogni voce, ogni schiamazzo, ogni stronzata che usciva dalle loro bocche. Fu accolto da un saluto trionfale dagli idioti in prima linea, ovviamente non si lasciò andare ad abbracci o saluti plateali anche con chi non vedeva da tempo. Fu raggiunto da un abbraccio esagerato da faccia tonda che durò un attimo perché si divincolò immediatamente. Deku che gli diede solo un pugno sulla spalla come segno di saluto sapeva che non poteva osare di più.

"Cosa devi annunciare nerd!"

"Il solito Kacchan dritto al punto! Non puoi goderti un po' la rimpatriata"

Katsukisi accomodò ad un tavolo, non era un animale da festa, lo sapevano tutti. E quella sera era ancora meno di compagnia. Era assente come gli fece notare capelli di merda dopo un'ora. Rivedeva gli occhi di quella ragazza su ognuna che passava. Era assurdo. L'avrebbe più incontrata? Probabilmente doveva solo non fare caso a quella sensazione che gli aveva lasciato. Era solo stanco, ecco cosa. Sperava che il nerd si decidesse a dire a tutti perché li aveva riuniti, se ne sarebbe tornato a casa a fare una bella dormita. Aveva già passato da ore il suo coprifuoco.

Le sue preghiere furono esaudite un secondo dopo perché Deku alzò in aria un calice e annunciò

"Vi ho chiamati qui per dirvi che io e Ochaco ci sposiamo"

Un boato di gioia e congratulazioni fece tremare il locale. Sovrastò anche la musica e tutti si voltarono nel loro angolo per guardare. Ognuno fece gli auguri a qui due. Quando gli animi si accesero di nuova vita per fare festa tra alcol e musica, capì che era arrivato il momento di defilarsi. Si alzò e sbraitò un saluto a tutti senza neanche voltarsi e difronte a Deku riuscì comunque a dire "Buon per voi!" il sorriso che gli rivolse il nerd fu carico di intesa e affetto.

Tornò a casa e si buttò sul letto. L'ultimo pensiero prima di addormentarsi furono nuovamente quei dannati occhi ametista.




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