26. Keep Holding On

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Ayden

<< sicura che non vuoi che ti accompagni? Posso ancora chiamare Kristine e Jason avvisarli e... >>

scuoto il capo, alzando gli occhi al cielo e accennando un sorriso << quante volte dovrò ancora rifiutare per fartelo entrare in testa? >>

Mio zio mi sorride di rimando, aiutandomi ad impacchettare le ultime cose.

Gli eventi degli ultimi giorni hanno accelerato la mia partenza che avevo già comunque programmato da tempo.
Mio zio era sospettoso sul motivo della mia fretta, ma alla fine ha deciso di non fare domande a patto che prima si fosse assicurato che fosse tutto apposto.
Più volte si è offerto di aiutarmi con il trasloco ( sono sicura per controllare la situazione, maniaco del controllo quale è ) ma ho categoricamente rifiutato perché so che è occupatissimo a lavoro.
Così mi ritrovo qui, in questa piccola casa a due piani o meglio, un piano che ospita cucina, sala da pranzo e salotto, delle scale che conducono a un soppalco che ospita un letto e un piccolo bagno con doccia: dovrò dire addio alla mia adorata vasca da bagno.
La cosa che mi ha conquistato, però, è stata la scala antincendio, alla quale posso accedervi tramite la finestra. L'adoro: mi vedo già a sorseggiare tisane seduta lì fuori avvolta in una pesante coperta a guardare il panorama e a leggere un buon libro (se mai ne avrò il tempo )

Il lavoro inizierà domani: sono impaziente e curiosa allo stesso tempo. Mi chiedo come sarà il mio capo, i miei colleghi... ho ancora tutto da spacchettare ma va bene così: tenere la mente occupata è la mia priorità adesso.

***

E' una vibrazione a svegliarmi. Mi rigiro nel letto che stanotte ho improvvisato ( ho usato il cuscino senza federa e la mia coperta preferita ) afferro il cellulare dopo numerosi tentativi alla cieca e lo porto vicino al viso, sollevando la fascia da notte dai miei occhi: è mio zio che mi augura buona fortuna con il lavoro. E' pomeriggio inoltrato e non inizierò che fra molte ore ancora, metto giù il telefono e torno a letto...

Questa volta è la sveglia a destarmi dal coma. La spengo ( ma non senza prima maledirla ) e mi alzo. Occupo quello che resta della giornata a disfare le scatole rimaste.
Arrivo a lavoro mezz'ora prima del previsto: volevo giocare d'anticipo.
Sono comunque partita prima poiché dovevo arrivarci seguendo il navigatore e, se si fosse presentato qualche imprevisto, sarei dovuta arrivarci chiedendo indicazioni, cosa che avrebbe complicato tutto visto il mio scarso senso dell'orientamento.
Alla fine giungo a destinazione, incolume. Lascio la macchina poco distante e l'insegna luminosa mi guida fino all'entrata, attraverso l'oscurità. Lettere al neon che vanno a formare la scritta "The Hole" sono sospese sulla porta. Strano nome per un locale: mi chiedo cosa l'abbia ispirato. Spingo l'enorme portone nero e quando si richiude alle mie spalle, percepisco una sensazione di appiccicaticcio sui palmi: forse avevo solamente le mani sudate.
Me le ripulisco sui jeans mentre avanzo nella sala completamente immersa nell'oscurità, la disposizione dei tavoli la fa sembrare così piccola... Ok, adesso capisco da dove venga in nome.
Mi fermo di fronte il bancone laccato in vernice nera ( in alcuni punti è saltata ) aspettando che qualcuno si faccia vivo. Mi guardo intorno e non so dire che impressione mi stia facendo questo posto, ma finora non posso dire certamente... positiva.
Finalmente un uomo sbuca da quello che dovrebbe essere il retro, passando attraverso una porta divisa dal resto della sala da una tendina fatta di perline colorate: spero non ci tenga soldi lì dietro.
Non è molto più alto di me: ha i capelli neri, come gli enormi baffi che gli nascondono la bocca, tirati indietro con una quantità eccessiva di gel. Indossa una camicia anch'essa nera con degli strani ghirigori color oro, è aperta fino al petto, dal quale riesco a intravedere della peluria nera e una catenella d'oro: spero che il mio viso non mi tradisca, mostrando quanto in realtà la cosa mi disgusti. Un enorme sigaro gli pende dall'angolo destro della bocca... mi guardo intorno alla ricerca di telecamere: mi sembra di essere finita in una puntata di Narcos.
Finalmente sembra accorgersi della mia presenza: alzo lo sguardo e mi osserva, aggrottando poi le sopracciglia. Mi avvicino e mi sporgo oltre il bancone, porgendogli la mano

Say yes to meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora