34. Settle for the ghost of you

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Weid

Dopo un "paio" di bicchieri mi ritrovo a parlare di nuovo con la barista senza ricordare bene quando ho riiniziato a farlo.
La sua immagine va via via a sfocarsi e raddoppiarsi con l'aumentare dei bicchieri che si svuotano ( alla fine mi son fatto lasciare la bottiglia, ma stranamente lei trovava sempre qualche attimo di stacco dagli altri clienti per chiaccherare. Quando li serviva spesso distoglieva lo sguardo per incrociare il mio )

Mi fa domande di ogni tipo, dalla famiglia, al lavoro, agli amici e per quanto sia riservato cerco di rispondere senza stare troppo sulle mie e risultare maleducato.
Durante il corso della serata, girandoci intorno, ha cercato di tornare più volte sull'argomento per me off limits: immagino la incuriosisse abbastanza, ma all'ennesima volta in cui mi sono irrigidito sulla sedia e chiuso in un mutismo, alla fine ha mollato.
Mentre trangugio l'ultima goccia dalla bottiglia, le luci iniziano a spegnersi, gli ultimi clienti ad avvicinarsi all'uscita e ripensando al suo "custode" mi viene da ridere.

<< avanti spugna, è ora di chiudere >>

La barista mi sorride per poi sfilarmi la bottiglia di mano alla quale mi aggrappo quasi fosse un salvagente e mi trovassi in mare aperto, per poi depositarla da qualche parte sotto il bancone. Mi alzo e tutta la stanza vortica come se mi trovassi su una giostra. All'improvviso un flashback di diversi mesi fa mi colpisce: il mio bar, Ayden dietro il bancone, io che cado a terra e lei che mi soccorre subito dopo.
Indietreggio come se fosse possibile scappare dal mio passato, ma la stanza continua a girare, inciampando nei miei stessi piedi pronto ormai a sentire le piastrelle fredde sotto il mio sedere. Ma questo non accade: un corpo minuto mi sorregge.

<< stai attento, campione >>

Cerco di stare in posizione eretta per quanto possibile senza poggiarle tutto il peso addosso, o la trascinerei con me sul pavimento

<< stai bene? >>

Sento le mie labbra distendersi agli angoli. Si, sono decisamente ubriaco.

<< non mi vomiterai addosso, vero? >>

mi risponde anche lei con un sorriso.
Abbasso il capo in direzione della voce per risponderle: è decisamente più bassa di quel che sembrava. Le poggio un braccio intorno alle spalle, la luce dell'ultimo faro acceso colpisce qualcosa al suo petto, accecandomi: ma che diavolo...?

E' un oggetto in metallo, rettangolare allungato color oro. Il mio cervello rallentato dall'alcol ci mette un po' a capire di cosa si tratta: è una targhetta, la targhetta che riporta il suo nome.

Con qualche secondo di ritardo il cervello genera una domanda più che legittima: se lo sto notando solo adesso, com'è che mi sono rivolto a lei per tutta la serata?
Cerco di tornare indietro anche di qualche minuto ma niente, il buio più totale.
Assottiglio lo sguardo e le uniche lettere che riesco a leggere prima che si sciolga i capelli sono A e Y. Senza capirne il perché un principio di ansia mi attanaglia lo stomaco, mentre lei, reggendomi sottobraccio, mi conduce fuori dal locale...

***

Blackout. Mi ritrovo, senza ricordare l'intero tragitto, all'entrata della mia camera: come conosce il numero? glielo avrò detto io per poi dimenticarmene subito dopo o mi ha frugato, in modo non molto professionale, nelle tasche?

<< eccoci arrivati. Se mi da la chiave elettronica l'accompagno dentro, giusto per essere sicura di non ritrovarla a terra steso in una pozza di vomito domani mattina... >>

Say yes to meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora