Capitolo 21

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WARREN

L'arbitro solleva il mio braccio, decretandomi il vincitore dell'incontro. Non ho mai avuto dubbi. Sapevo di vincere. Io non combatto senza l'assoluta certezza di vincere e così è stato. Mi sono bastati tre pugni assestati bene per farlo cadere a terra e non farlo alzare per più di dieci secondi.

In questo momento, però, mentre l'arbitro tiene su il mio braccio e la folla mi applaude, i miei occhi sono puntati solo su quell'unica ragazzina che non si è alzata in piedi per urlare il mio nome. L'unica ragazzina che se ne sta seduta con i gomiti puntati contro le ginocchia e le mani che le coprono il volto. Sperava forse che perdessi? È rimasta delusa dalla mia vittoria? Perché è venuta a vedere l'incontro?

Amo gli incontri. Ho sempre amato la boxe, ma ancora di più ho sempre amato vincere. Amo ogni istante, partendo dall'allenamento fino ad arrivare al silenzio che precede l'ingresso sul ring. Di solito me ne sto da solo nello spogliatoio, seduto su un tavolino a cercare la concentrazione. Me ne sto sempre con gli occhi chiusi, cercando di concentrarmi sul mio corpo. L'unico momento che mi piace di meno è quello dopo la vittoria. Me ne sto di nuovo chiuso nello spogliatoio, sempre in silenzio, sempre seduto su quel tavolo. Il problema è l'adrenalina che lascia il mio corpo e che pian piano mi fa sentire il dolore di tutti i pugni presi. Non ho mai fatto un incontro senza avere la certezza di vincere e questa volta non è stato da meno. Devo ammettere che stavolta non ero così sicuro di farcela. O meglio, io sono sempre sicuro, ma Oscar non ha fatto altro che ripetermi per tutto il mese che Dominic mi avrebbe massacrato. Quei dieci chili fanno la differenza, ma io non sono fatto per perdere e ora lo sa anche Dominic.

La porta dello spogliatoio si apre e vedo Alex sorridente venire verso di me.

"Sei stato grande, amico" mi dice. "Sapevo che l'avresti massacrato". Mi dà una pacca e io mi lamento un po' per il dolore.

"Alex, togli queste mani da me" dico e lui si rende conto solo adesso del suo palmo premuto contro un punto in cui a breve mi uscirà un bel livido.

"Oh, scusami" dice. "Comunque sei stato forte".

"Temevi il contrario?" gli chiedo, sollevando un sopracciglio che mi fa un male atroce.

"Assolutamente no. So che vinci sempre. Non ho mai avuto dubbi al riguardo" dice e io sbuffo una piccola risata. "Però..." inizia a dire.

"Però, cosa?" gli chiedo.

"C'è qualcun altro che ha avuto paura e che vorrebbe sapere come stai" dice.

Corrugo la fronte. Ma di che parla? Alex lo sa bene che prima di un incontro non voglio mai vedere nessuno e che dopo, invece, lui è l'unica persona che tollero. Sono sicuro che non farà entrare nessuno qui, ma proprio mentre penso questo lui si allontana da me per tornare alla porta. La apre e vedo Winnie. Se ne sta stretta nelle spalle, mentre con le mani stringe la tracolla della sua borsa consumata.

"Vi lascio soli" dice Alex, uscendo e chiudendo di nuovo la porta.

Avevo quasi dimenticato che ci fosse anche lei. Alex non mi aveva detto nulla e quando l'ho vista nel pubblico mi sono arrabbiato. Non la volevo qui. Perché lei è qui? Perché Alex l'ha portata qui? Questo è di sicuro il momento meno opportuno per parlare con lei perché dopo l'incontro sono più suscettibile del solito e potrei dirle cose di cui mi pentirei.

Se ne sta ancora ferma in piedi dall'altro lato della stanza. Si sta torturando il labbro inferiore con i denti, mentre i suoi occhi sono puntati a terra.

"Che c'è, orsetto? Hai paura di me adesso?" le chiedo, notando il modo in cui evita di avvicinarsi o semplicemente di guardarmi.

Finalmente solleva lo sguardo su di me e si decide a fare qualche passo in avanti. Sono ancora seduto su questo tavolo con le gambe penzoloni e lei è esattamente davanti a me. Mi sta guardando con quegli occhi preoccupati e quest'espressione non mi piace sul suo viso. Non mi piace che la gente mi guardi così.

Winnie: istruzioni per l'usoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora