WINNIE
"Che ci fai qui?" chiede la voce di Warren.
Riesco appena ad aprire un occhio e lo vedo in piedi vicino alla porta. Dalle mie labbra esce solo un lamento. Mi fa male la testa e ho passato tutta la notte a vomitare. Ecco perché mi sono addormentata sul pavimento, accanto al gabinetto.
Richiudo l'occhio e mi lascio sfuggire un altro lamento, sperando che sia sufficiente a far capire a Warren che deve lasciarmi in pace perché sto male. Sento i suoi passi che si avvicinano e io riapro l'occhio per controllare. Si è abbassato sulle ginocchia ed è proprio davanti a me.
"Stai male?" mi chiede.
"Lasciami stare" biascico, richiudendo l'occhio. Voglio tornare a dormire. Non deve rompermi le scatole.
"Vieni qui" mi dice, ma io scuoto la testa. Passano pochi secondi e sento le sue mani afferrare le mie. Mi fa alzare in piedi, ma io non ho forze e le mie ginocchia cedono. Warren mi tiene in piedi e alla fine mi prende in braccio.
"Ho detto che devi lasciarmi stare" sussurro, poggiando la testa contro il suo petto. "Sono ancora arrabbiata con te".
"Ok" risponde semplicemente.
Mi fa sedere su qualcosa e io cerco di aprire gli occhi, ma non ci riesco. Li stropiccio per un po' con i pugni chiusi e, dopo l'ennesimo lamento, li apro.
Siamo in cucina e io sono seduta su una delle sedie, mentre Warren è vicino al piano da lavoro e mi sta dando le spalle. Non riesco a vedere che cosa stia facendo, ma io voglio solo tornarmene a letto.
Faccio per alzarmi. "Non muoverti da lì" ordina severo Warren. Non mi sta nemmeno guardando. Come fa a sapere che stavo per alzarmi?
Decido di ignorarlo e mi alzo. Proprio in quell'istante si gira e si avvicina a me. Poggia una mano sulla mia spalla e applica un po' di pressione, obbligandomi a sedermi di nuovo. "Seduta e bevi" dice, passandomi una tazza.
La prendo con entrambe le mani e guardo all'interno. È caffè. Gliela porgo di nuovo. "Non voglio il caffè".
"Bevi".
"Non è decaffeinato" mi lamento. Non diventerò mai una di quelle persone dipendenti dalla caffeina. Non diventerò mai come Warren che non vive senza bere dieci caffè al giorno.
"Hai bisogno della caffeina per riprenderti".
"No. Ho bisogno che sparisci dalla mia vista per riprendermi" dico.
Normalmente non sarei così cattiva e nemmeno così arrabbiata, ma non posso credere che abbia picchiato Charles ieri sera. Come diavolo gli è venuto in mente? Ieri non ha fatto altro che farmi arrabbiare. Prima la borsa e poi quella sceneggiata.
Warren sospira, poi si abbassa sulle ginocchia per essere di nuovo alla mia altezza. Poggia la tazza sul tavolo e mi guarda negli occhi. "Ascoltami, mi dispiace per ieri, ok?" dice. "Non credevo che Charles ti stesse aiutando. Forse ero un po' ubriaco e ho frainteso la situazione, ma, anche se ho fatto una cosa sbagliata, l'ho fatto perché credevo di aiutarti".
Incrocio le braccia e mantengo il broncio. Forse non ha tutti i torti. Anche se ha fatto un'idiozia, l'intenzione era buona.
"Ok" sussurro. "Però sono ancora arrabbiata per la mia borsa. Ci tenevo".
Voglio mantenere il punto. Voglio che capisca che non può fare come gli pare. Non può andare in giro a buttare la mia borsa in una siepe solo perché non gli piace.
Warren sospira di nuovo e abbassa un po' la testa. Sembra che stia pensando a qualcosa.
"D'accordo" dice, poi mi guarda di nuovo negli occhi. "Che mi dici allora se... questa mattina ti accompagno a comprare una nuova borsa e te la pago io?"
STAI LEGGENDO
Winnie: istruzioni per l'uso
ChickLitWinnie ha aspettato quella lettera con ansia, ma nel momento in cui l'ha avuta tra le mani si è resa conto che non poteva lasciare tutto. A Philadelphia c'era ciò che era veramente importante per lei e che non poteva abbandonare. Il destino, però, g...