Capitolo 3

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Violet.

Mia madre non è molto entusiasta del fatto che io trascorra parecchio tempo con Malcom e Dawson. Ha finito col cedere vedendomi felice in loro compagnia e soprattutto dopo che Rebekah ha insistito perché venissi anche io. Per Rebekah mia madre non è più solo la psicologa di Malcom, ma sta diventando anche un'amica. Anche lei si sta affezionando alla famiglia, ma non lo ha mai detto esplicitamente perché teme che possa essere considerato disdicevole per una professionista intrattenere rapporti di amicizia con la madre di un suo paziente. 


Malcom.

Questa notte non riesco a prendere sonno. Quando infine mi addormento è già mattina e il cielo è oscurato da qualche nuvola passeggera all'orizzonte. Prima di uscire di casa mia madre mi si avvicina.

- Vai via senza salutarmi?

Odio essere trattato come un bambino. 

- Ciao mamma. - dico svogliato.

Il nostro autista Duncan mi sta aspettando col motore acceso per accompagnarmi a scuola. Io non sono uno studente qualunque, sono un Coleman. Apparteniamo a una delle famiglie dei Dieci e non possiamo permetterci che si spettegoli ancora su di noi come è già accaduto in passato. Mi attendono ore di lezioni. Mi annoio e per questo continuo a guardare l'orologio credendo di non essere visto.

- Cosa c'è, Malcom? Non vedi l'ora di tornare alla tua casetta per ricchi sfondati? - dice ridendo David. 

Non gli rispondo, ho imparato da Meredith che è necessario non cedere alle provocazioni.

- Allora? Non hai niente da dire, figlio di papà?

Faccio uno sforzo immane per non tirargli un pugno in faccia.

- Ma che dici, David? - interviene Matt - Non sai che il padre è scappato a gambe levate?

Tutti iniziano a ridere. Decido di ignorarli, ma dentro il sangue mi ribolle. Ho fatto dei progressi, sono in grado di gestire la rabbia, non sono più fuori controllo. Finalmente suona la campanella. Quelle parole mi sono entrate dentro e fanno male. Nel corridoio incontro altri studenti, ma in realtà non li vedo nemmeno. Punto dritto verso Matt.

 - Cosa hai detto su mio padre? 

- Quello che hai sentito. Avanti, non farne un dramma, lo sappiamo tutti. Se è scappato a noi puoi dirlo.

Gli sferro un pugno. Interviene anche David per cercare di difendere il suo amico provando a colpirmi a sua volta, ma cade a terra mentre il sangue gli cola dal naso. Scappo via. Li odio, odio tutti. Odio mio padre per averci abbandonato, odio il mio cognome e la mia famiglia, ma soprattutto odio me stesso. Sto diventando un mostro, la violenza è radicata in ogni parte della mia anima. Tornato a casa sto per chiudermi in camera quando incontro Evan.

- Tutto bene?

- Una favola.

Cambio idea e mi dirigo in bagno per lavare via il sangue dalle mani. Spero che Evan non se ne accorga, ma ovviamente mi segue.

- Perché strofini le mani in maniera così frenetica? - dice riferendosi alla fontana che continua a scorrere - Era sangue quello?

- Ecco fatto. - la chiudo e faccio per andarmene senza rispondere alla sua domanda.

- So che le cose non vanno bene, Malcom. 

- Ti assicuro che è così, davvero.

- Ti sembro uno che si beve queste stronzate? Lo vedo che sei sconvolto, dimmi cos'è successo.

- Lascia perdere. 

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