Chapter 39: Le fiabe di P.P.

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[Good Luck, Babe! di Chappell Roan]
I don't wanna call it off
But you don't wanna call it love
You only wanna be the one that I call "baby"

[Good Luck, Babe! di Chappell Roan]I don't wanna call it offBut you don't wanna call it loveYou only wanna be the one that I call "baby"

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Chapter 39: Le fiabe di P.P.

Adele.

L'ospedale Saint Catherine's Haven si trovava in una zona isolata, lontano dal trambusto della città. Circondato da vasti campi di erba verde che si estendevano a perdita d'occhio, l'unico segno di civiltà nei dintorni erano alcuni piccoli mini market sparsi qua e là. Raggiungerlo non era semplice: mancavano indicazioni stradali adeguate e l'unico segnale della sua presenza era un modesto cartello in legno bianco, situato poco prima dell'imbocco di una stretta stradina sterrata.

Venni a conoscenza di questo luogo grazie a un gruppo Telegram di cui facevo parte. In quel gruppo, composto principalmente da fotografi, ci scambiavamo informazioni su luoghi o eventi interessanti nelle vicinanze. Da sempre, come fotografa, ero attratta da eventi più ristretti e intimi. Crescendo nel caos dell'élite inglese, desideravo catturare artisticamente l'intimità che si creava in posti meno affollati, o in momenti totalmente reali in cui solitamente i soggetti non si accorgevano di me e potevo finalmente essere un fantasma.

Incuriosita, mi misi a cercare informazioni. Non fu facile: il Saint Catherine's Haven aveva una presenza quasi inesistente su internet. Dopo diverse ricerche, trovai finalmente il loro numero telefonico su un solo sito che elencava le cliniche nei dintorni di Londra. Li chiamai con un mese di anticipo. Una voce gentile mi rispose, e dopo una breve spiegazione del mio progetto fotografico, mi concessero il permesso di visitare l'ospedale e scattare qualche foto ai bambini.

Quando arrivai davanti all'enorme struttura, rimasi senza parole. Parcheggiai la macchina e restai seduta per alcuni secondi, cercando di catturare ogni dettaglio con lo sguardo. L'edificio era imponente, con un aspetto che ricordava una residenza nobiliare inglese. La facciata bianca risplendeva alla luce del sole, e fontane artistiche adornavano il giardino circostante. Mi chiesi come fosse possibile che un posto del genere non fosse conosciuto dagli inglesi. La cura con cui era mantenuto e il continuo via vai di personale indicavano chiaramente che i fondi per la sua manutenzione erano ingenti. Ogni dettaglio, dalle aiuole perfettamente curate ai marmi splendenti delle fontane, suggeriva un luogo di grande importanza e prestigio, nascosto però alla vista del mondo esterno.

Uscii dalla macchina, mettendomi in spalla la borsa che conteneva la mia macchina fotografica e la piccola pochette con i miei effetti personali. Ero vestita in modo semplice: un maglione color crema, dei jeans chiari e delle sneakers. Avevo legato i capelli in una treccia basse e il freddo di Natale mi aveva costretto a indossare anche la sciarpa che mi aveva lasciato Theodore. Sì, forse non l'avevo messa solo per ripararmi dal freddo, ma perché, dopo tutto ciò che era successo, i miei pensieri continuavano a tornare su di lui. Sentire la sua sciarpa intorno al collo mi faceva sentire un po' più vicina al ricordo della scorsa notte, era come averlo nuovamente vicino, anche se sapevo di non meritarmelo – nemmeno un po'.

Rêverie di Mezzanotte - 𝘽𝙇𝙐𝙀 𝙇𝙊𝙏𝙐𝙎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora