Capitolo 30

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La volta stellata si apre sopra di noi, appena visibile attraverso l'intrico dei rami che si allungano verso il cielo, quasi a volerla afferrare. Per due giorni, il nostro cammino è stato scandito dal costante mormorio delle onde che si infrangono lontano, un suono ora distante, come il barlume di speranza che ci aveva spinti fin qui. Abbiamo perlustrato ogni angolo della Foresta di Malghat, e ora restano solo gli ultimi chilometri di sentiero, un'ascesa lenta e tormentata. I ciottoli aguzzi e il ghiaccio scivoloso hanno reso ogni passo una sfida.

Del leggendario lago di ghiaccio, però, ancora nessuna traccia. La certezza che ci ha guidati in questa impresa comincia a vacillare, e il timore che sia solo una storia vuota serpeggia tra noi. L'aria tagliente mi ha da tempo privato del calore nelle mani e nei piedi, e le nocche, screpolate dal gelo, bruciano a ogni movimento.

«Sarà meglio trovare una taverna per la notte, ci riproveremo domani», esordisce Tristen fermandosi alla fine della salita.

«Oh, grazie al cielo. Non ne posso più di camminare senza una meta precisa», dice Nori con uno sbuffo di frustrazione. È da giorni che si scusa con noi per averci parlato di quel lago, anche se è certamente l'opzione migliore che abbiamo.

«Abbiamo una meta, sono sicuro che quel lago esiste», insiste Leif mentre avvicina le sopracciglia. Alzo lo sguardo sull'unico a non aver ancora perso la fiducia in quella storia. Non importa che cosa quel ragazzo si metta in testa, riuscirà a raggiungerla con un sorriso stampato in faccia e una buona dose di umorismo. L'ottimismo di Leif è forse una delle qualità che più apprezzo di lui, anche se rischia spesso di rimanere deluso dalle sfide che si lancia. 

«Più avanti dovrebbe esserci una locanda.» Niel indica un punto indefinito a sud con la mappa aperta. Riprendiamo il sentiero con i piedi che si trascinano dalla stanchezza, pregando che questo posto abbia almeno un camino per riscaldarci. L'edificio minuscolo sorge in uno spiazzo privo di alberi, come se il bosco si fosse ritirato rispettosamente per lasciargli spazio. La struttura è in pietra grezza, con assi di legno che sporgono dal tetto coperto di neve. Dall'interno filtrano una luce calda e il suono vivace di una fisarmonica, che si mescola al rumore ovattato dei nostri passi sulla neve.

Varcata la soglia, il contrasto con il gelo esterno è quasi travolgente. L'aria è satura dell'aroma di carne arrostita e spezie, mescolato all'odore pungente di birra. Le pareti, tappezzate di vecchie mappe e trofei di caccia, sembrano raccontare storie di viaggiatori passati. Tavoli e panche di legno scuro sono sparsi senza un ordine preciso, ognuno occupato da gente intenta a mangiare o a bere. Lungo il soffitto, travi annerite dal tempo sorreggono lampade a olio che gettano una luce tremolante.

L'oste ci saluta facendosi largo tra la folla, guadagnandosi subito il titolo del più ospitale che abbiamo incontrato finora.
«Buonasera ragazzi, spero siate affamati perché oggi la carne è a metà prezzo», afferma allargando le braccia fasciate da una camicia bianca con le maniche bagnate di birra.

«Lei è la mia nuova persona preferita», scherza Leif, seguendo l'uomo sulla quarantina fino a uno dei pochi tavoli liberi, posizionato vicino a un camino che scoppietta e diffonde un calore tanto desiderato.

Non appena gli altri raggiungono un punto meno affollato, sento un brusco strattone alla schiena. Il peso dello zaino sparisce improvvisamente, e un'ondata di allarme mi stringe lo stomaco. Mi giro di scatto, il cuore che già accelera, ma l'unico segno del furto è il campanello sopra la porta che trilla, annunciando che qualcuno è uscito di corsa. Istintivamente, faccio un passo indietro e inciampo sul pavimento in legno, finendo seduta tra gambe e stivali che si muovono confusi intorno a me.

Il sangue mi pulsa nelle orecchie mentre mi rimetto in piedi, le mani tremanti che spingono via chi mi ostacola. Tiro gomitate per farmi largo nella folla, i miei passi frenetici accompagnati da insulti e proteste. Quando finalmente raggiungo la porta, il gelo del pomello mi morde le dita sudate. Spalanco l'uscio e il mio sguardo si fissa su una figura incappucciata che scatta verso il bosco come un'ombra sfuggente.

Divided Lights - La scelta dei draghiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora