Capitolo 37

321 28 52
                                    

SAFYA

I muscoli delle mie gambe doloranti urlano di gioia quando, finalmente, troviamo un luogo in cui fermarci per la notte. Il legno di un tronco adagiato a terra scricchiola quando mi ci siedo con uno sbuffo. Niente e nessuno deve provare a farmi alzare o giuro che potrei compiere un omicidio. Tra Nevercrest e Northhorn non ci sono villaggi a popolare la pianura sconfinata; quindi, non è stato possibile soggiornare in una locanda. Non saprei se questo possa definirsi fortuna o sfortuna, dal momento che posso affermare con certezza che la terra sotto i miei piedi è di gran lunga più pulita.

Il cammino di oggi è stato così estenuante da farmi credere di aver percorso una distanza che, in circostanze normali, avremmo attraversato in due giorni. Quello che hanno detto quelle strane fate blu è bastato per farci fare ogni passo con il cuore in gola. Ci siamo tenuti a distanza da ogni tipo di rumore sospetto, gli scontri con eventuali creature non avrebbero fatto altro che rallentarci. Quindi abbiamo intervallato momenti di tranquillità a corse sfrenate nella notte di Gaerys.

Le settimane sotto questo cielo stellato non ha fatto altro che farmi mancare di più Estborn, i suoi giardini pensili e la luce del sole a riscaldarmi la pelle.

«Per riposarci, direi che possiamo fare un giro al gioco della boccetta», proclama Leif con il suo solito sorriso stampato in faccia. Qualche volta mi chiedo come faccia a mantenerlo tutti i giorni, sembra che lui non abbia mai avuto nemmeno una minima preoccupazione da quando lo conosco.

«Onestamente, credo che ci farebbe stressare anziché farci rilassare», rispondo io portando la mano sulla guancia e il gomito sul ginocchio. I miei compagni sembrano essere d'accordo con me ma, a quanto pare, si tratta dell'unico intrattenimento che possiamo trovare tra questi alberi scintillanti.

Estraggo la mia coperta dallo zaino e la sistemo sul terreno appiattendo ogni piega, farei fatica a dormire con la consapevolezza di averne una dietro la schiena. Quando compio questa operazione posso sentire gli sguardi straniti di tutti gli altri. Io mi limito a ignorarli, voglio dire, non ho chiesto di farlo anche con le loro... per adesso.

Le lucciole blu che, a quanto pare, fanno nascere gli Wenlly fluttuano tra le nostre teste e fanno assumere all'atmosfera un tono meno cupo. Ormai sono così abituata ad averle attorno che credo mi mancheranno quando tornerò a Galador. Ci siamo riuniti a formare un cerchio attorno al fuoco e, anche se mi scoccia ammetterlo, stare in loro compagnia non mi infastidisce poi così tanto. Il gioco inventato da Leif ci ha portati a conoscerci meglio, più di quanto io abbia mai fatto con qualunque persona all'Accademia.

Durante il primo anno di addestramento non ho instaurato rapporti stretti quasi con nessuno. Percepivo l'invidia delle ragazze della camerata e, dal momento in cui ho capito che nessuno avrebbe mai cercato di scavare più in profondità, ho deciso di godermi la mia indipendenza. Per quanto riguarda i ragazzi invece, ho mantenuto sempre la stessa indifferenza. Potevo sfogarmi con uno diverso ogni notte eppure, quando mi svegliavo il giorno dopo, il senso di vuoto non faceva altro che accrescere. Ho utilizzato il mio potere su di loro diverse volte, inizialmente per verificare fino a che punto potesse spingersi e, forse, anche un po' per divertimento. Tuttavia, presto ho scoperto che quei ragazzi non si comportavano solo con me in quel modo; stavano con più di noi contemporaneamente, causando grande dolore e malessere tra le altre ragazze del dormitorio. Da quel momento in poi il mio atteggiamento è cambiato. Non ho più esitato a farla pagare a chiunque di loro mi ritenesse una poco di buono. Ho fatto in modo che si facessero del male da soli o che confessassero il loro più grande segreto a chiunque, non solo per vendetta personale, ma anche per difendere le altre ragazze che soffrivano in silenzio. Per un po', le risate che mi provocavano quelle situazioni smisero di uscire dalle mie labbra, e iniziai a provare odio e risentimento per loro. Volevo che soffrissero e arrivavo a tormentarli per giorni interi. Credevo che farlo mi avrebbe aiutata a togliermi quell'appellativo che tutti ormai mi leggevano in fronte e a fare giustizia per chi non aveva il coraggio di ribellarsi.

Divided Lights - La scelta dei draghiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora