La passione ha il tuo nome. Capitolo 20

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Bolsena, aprile.

Emily.

Finalmente i miei denti hanno smesso di battere. Le cure, le medicine e i decotti, a base di miele e finocchio, di Carl iniziano a fare effetto. Mi sento fisicamente e psicologicamente meglio ed io non faccio altro che benedirlo; lui riesce a darmi calma. Durante la notte successiva, poiché non si era allontanato da me ed è ancora seduto in poltrona al mio fianco a tenermi la mano, ho pensato che se avessi potuto scegliere di avere un difensore, un fratello, senza dubbio avrei scelto lui. Carl vedendomi, scendere una lacrima mi domanda se stessi male, ed io gli dico semplicemente, <<no, ma tu sei il migliore... tra i medici intendo>>. Poi per farlo distendere in modo che potesse riposare più comodo, gli chiedo se avesse voglia di farmi da poltrona-cuscino e lui accetta capendo che avessi bisogno di gesti affettuosi e cullandomi tra le sue braccia, mi parla di Eric giustificandolo, dicendo che avrei dovuto provare a capirlo. Come se fosse facile con la personalità bislacca del fratello. E il fatto che fosse andato via, nonostante fossi stata io a cacciarlo, mi fa soffrire, perché significa che non gli importasse di me. Poi mi racconta del buon esito dell'accertamento, da parte della polizia, altra manovra di Pietro per distruggerci, sia per la libreria, per Adriana, che per la loro società. Una notizia che alleggerisce di poco la mia coscienza. Poi con un certo imbarazzo, gli domando <<per caso ho detto qualcosa di strano durante la febbre>>. Adriana era solita raccontami il mio delirio quando succedeva. <<Beh! Mi hai ripetutamente chiamato mamma>> mi salgono altre lacrime agli occhi dicendogli <<è in questi momenti che mi manca di più>>. Carl mi sorride compassionevole, poi scherzosamente mi dà il benvenuto nella sua casa in montagna, poiché non aveva potuto farlo adeguatamente prima, ma mi rassicura dicendomi che da lui non ci fossero strane tradizioni. E il ricordo della serata in piscina da Tom, ha l'effetto di farmi sorridere.

In mattinata, Carl mi misura la temperatura e dopo avermi controllato la gola, afferma che è ancora un po' infiammata, e quindi dovevo fare attenzione, ma potevo ritenermi guarita. Recandomi nel bagno faccio la doccia. L'acqua che mi scorre sulla pelle, è un'unione tra corpo ed elemento naturale. Porta via gli ultimi residui della febbre facendomi sentire più pulita e quindi più in forma. Nell'armadio, tra vari indumenti nuovi della mia misura, prendo una tuta grigio topo e la indosso. Sicuramente acquisti fatti da Tanya o Felicia pensando, con logica, che mi servissero. Lascio la camera, che mi rendo conto fosse di Irma da un acquerello, firmato da Tom, che la ritrae con il fratello che tiene incorniciata a una parete, momentaneamente occupata da me, e vado in cucina. Faccio colazione con Carl, che mi attende al tavolo, notando, però che prima del caffè ingurgita lo stesso beverone, rosso scuro di Eric. Per curiosità avevo provato ad assaggiarlo una mattina, ma per me è imbevibile, sapeva poco di frutta e troppo di strane vitamine che la rendono una bevanda densa e salina, ma poiché loro ne fanno largo consumo, non metto in dubbio che faccia bene alla salute. Dopo la colazione, con Carl faccio un giro dello chalet: la struttura è tutta di legno e mattoni rossi, immersa nel verde, mi ricorda le baite che vidi sulle Dolomiti, durante una vacanza natalizia con i miei amici, ma dentro è tutto moderno tinto di bianco, e arredato con pochi mobili essenziali. Le loro case sono tutte spaziose e l'interno non rispecchia mai lo stile esterno ottenendo sempre un impatto stupefacente, penso, accettando la proposta di Carl per una passeggiata. Dopo una lunga camminata nel bosco, per la maggior parte in salita, arriviamo a un ruscello, e lui m'indica che dobbiamo oltrepassarlo. Oddio, stiamo camminando da due ore e sono stanca e sicuramente perderò l'equilibrio non essendo molto coordinata nell'esercizio fisico e scivolerò in acqua. Carl, vedendomi titubante e affaticata, mi dà il suo zaino, dicendomi <<salta su!>>. Si abbassa leggermente, ed io dopo che lui insiste, con il viso in fiamme per la mia goffaggine, mi accoccolo sulla sua schiena, e tenendomi su per le gambe, lo attraversiamo, passando su ogni pietra con passi sicuri. Carl, nonostante fosse un trentottenne, ha un fisico da nuotatore olimpionico e non fatica a portarmi in quel modo anche su per una collina, a dispetto della mia debole protesta che lui ignora. In cima, in un prato verde, troviamo Tom, con cavalletto, tavolozza e pennelli, che senza distogliere l'attenzione nel dipingere, <<Emy, ti ho immortalato nuda immersa nella natura, vorrei che controllassi la tonalità della tua peluria, immagino che sia dello stesso colore dei tuoi capelli!>>. Io non ho peluria, e Tanya che mi aveva visto nuda lo sapeva, probabilmente glielo aveva detto, ma lui non può avermi dipinto senza veli e non senza il mio consenso. Se l'ha fatto glielo spacco sulla testa e sbirciando dalle sue spalle vedo sulla tela solo impresso il panorama primaverile. Mi ha provocato come il suo solito per mettermi in imbarazzo e spazientita, gli chiedo <<quanti anni hai Tom?>> <<Ventinove>> risponde continuando a dipingere <<e quant'è che ti decidi a crescere, idiota>>. Tom voltandosi verso di me, con un sopracciglio inarcato all'insù dice <<sei arrossita. Curioso!>>. Carl, per togliermi dall'imbarazzo, m'invita ad andare da lui. Ignorando il fratello mi siedo sul prato al suo fianco, chiedendogli dove fossero le mogli, <<a una battuta di caccia con Eric>> mi risponde, prendendo un libro di biochimica dallo zaino. Spero tanto che tornino senza alcun bottino, poiché è uno sport che non approvo, visto che per divertimento si uccidono degli animali indifesi. Lasciando Carl alla sua impegnativa lettura, mi distendo sul prato. Nonostante la sfacchinata, questa gita all'aperto con i raggi del sole che mi riscaldano la pelle e le dita immerse nell'erba, ho la sensazione che stessi facendo una scorta di energia. Amo la primavera, i profumi della natura che sboccia e quelle giornate con quel tepore, di solito mi mettono di buon umore, ma non oggi, perché temo il rientro di Eric: e faccio bene. Dopo di quello che gli ho scaricato, per scatenare un litigio per lasciarlo, se mi grazia, m'impiccherà solo a un albero. Rabbrividisco, certe volte, il mio cervello formula certi pensieri così ragionevoli che lo odio.

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