Emily.
Ringrazio Dio che c'è la sua famiglia e che sta lavorando, così ho tempo per riprendermi un po' per affrontare la sua sfuriata su quello che è successo ieri. Ho disobbedito al suo divieto di uscire con Rose, per evitare che continuassero a discutere e invece, grazie a quella matta ma simpatica, dotata di un forte senso di persuasione, mi sono messa ulteriormente nei guai con lui. Carl, prima d'iniziare il suo lavoro al pc, mi ha accuratamente visitato e spiegato in che stato sono tornata a casa e alla cura cui sono stata sottoposta. Ovviamente non ricordo nulla a causa dei sedativi, ma mi sento fiacca e psicologicamente uno schifo ed Eric è arrabbiato. Adesso è solo questione di ore o di minuti, il tempo che Eric finisce di dettare ordini a destra e a manca e poi dovrò subirmelo. Sto cercando di non incontrare il suo sguardo tenendo la testa bassa e di rendermi visibile il meno possibile stando seduta sullo sgabello vicino al mobile snack da quando sono uscita dalla camera, ma è impossibile, perché appena alzo gli occhi, incrocio i suoi che lanciano promesse di guai grossi. Improvvisamente, Eric sbatte una cartelletta rigida sul tavolo, facendomi sussultare, frustato, si passa una mano nei capelli <<basta>> dice ai fratelli, poi con passi decisi viene da me e ordina <<mettiti il cappotto>> e me lo porge, <<perché?>> squittisco saltando giù dallo sgabello. <<Usciamo>> risponde facendo roteare la chiave dell'auto intorno al dito. Lo seguo fuori di casa e mi siedo in macchina come una condannata a morte. Ci siamo! Attendo che accosti in un luogo appartato, invece imbocca la superstrada <<dove stiamo andando>> domando cercando di apparire calma. <<In giro. Non né potevo più di stare chiuso in casa e di vederti deprimere senza fare nulla>> <<allora non sei arrabbiato?>> <<Dipende da come risponderai a una domanda>> <<e quale sarebbe>> gli chiedo guardando con ansia, il suo profilo perfetto. Eric, mi lancia uno dei suoi sguardi penetranti e con un accenno di sorriso <<vuoi divertirti con me. Adesso, fidandoti senza discutere>>. Ha cambiato umore! Inspiro profondamente. Oddio, mi abituerò mai al cervello volubile di quest'uomo? <<Allora?>> mi domanda suadente. Sorrido con lui e annuendo, dico <<sì>> continuando a guardarlo, <<bene! Ti sei risparmiata una litigata colossale, ma solo perché ho già dato con Rose>>. Il mio sorriso svanisce, come per incanto, hanno litigato di nuovo per colpa mia, ecco perché la cugina non si era vista in casa, né in giro. Guardo ostinatamente fuori dal finestrino alla ricerca di un modo per farli riappacificare, ma l'ansia mi assale riconoscendo la strada in cui c'immettiamo e il cancello che imbocca con l'auto: non è possibile! Sono in un campo volo, lo stesso posto di ieri. Eric parcheggia l'auto vicino a un aereo grigio, poi esce dall'auto e parla con un uomo in divisa blu da meccanico. Si stringono la mano, poi viene ad aprirmi lo sportello <<si vola>> dice facendomi scendere dall'auto. <<Dove andiamo>> gli domando senza togliere gli occhi da quel mostro con le eliche rotanti, <<alza la gamba destra>> mi ordina. Poggio gli occhi su di lui e lo vedo reggere una tuta nera da paracadutismo. <<No! No e poi no>> esclamo categorica capendo in che modo intendesse "volare". <<Non fare storie. Infila il piede qua dentro>> e avanza deciso verso di me, mentre io indietreggio, ma mi ritrovo intrappolata tra lui e l'auto <<so cosa stai facendo>> lo accuso con voce tremante, <<uhmm! Esprimimi il tuo concetto>> <<mi stai punendo con la mia stessa paura, perché ti ho disobbedito uscendo con Rose>> <<ti sbagli! Io voglio che tu la superi la paura, per questo siamo qui>> <<non posso rifarlo>> piagnucolo. Lui poggia la tuta sul tetto dell'auto e mi prende il viso tra le mani <<tu devi essere forte, senza debolezze perché voglio portarti in una dimensione sconosciuta. Nella mia dimensione, ma posso arrivare momenti infausti, ed io devo essere sicuro che farai appello a tutto il tuo coraggio per superarli. Voglio che tu sia forte. Voglio che tu sia come me, Emily>> e mi bacia. Non capisco più nulla. Cerco di formulare delle parole, delle opposizioni, ma non ci riesco è tutto confuso nel mio cervello a causa dei suoi baci. Sono persa! Eric mi toglie il cappotto e non protesto. Come un manichino, alzo un piede, poi l'atro, lasciandolo infilarmi la tuta, mi alza la cerniera dalle gambe, fino al collo poi attendo che lui si vesta. Muovo le gambe con la sua mano stretta intorno alla mia e mi ritrovo dentro il mostro grigio, agganciata a un sediolino. Eric si siede di fronte. Sento un rumore assordante, ci muoviamo, la forza di gravità mi spinge indietro contro il sedile e il mio cuore accelera sotto lo sguardo inchiodante di Eric. Non so quando tempo è passato dal decollo, perché sono concentrata a tenere a bada la paura e l'ansia, quando due uomini con tute arancioni si avvicinano, e quello pelato e barbuto fa un cenno della testa a Eric. Lui mi sgancia dal sediolino, ed io sto per sentirmi male. Tenendomi sempre per mano andiamo verso la coda del mostro. Eric aiuta l'uomo dai capelli color carota diritti come un porcospino, a bardarmi con cinghie alle spalle, in vita e alle gambe. Vengo, tirata, strattonata e allacciata, poi vedo il pelato che fa la stessa cosa a Eric, mentre l'uomo-carota mi regge. Totalmente intontita e con il respiro accelerato, vedo il portellone che si solleva lentamente, poi avverto la presenza di Eric alle mie spalle, qualcuno m'infila un casco con visiera, poi sono nuovamente strattonata, i piedi non toccano più il suolo e mi ritrovo compressa al torace di Eric. Lui si muove verso il portellone aperto, la paura mi attanaglia, la potenza dell'aria m'investe e in un attimo cadiamo nel vuoto e lo stomaco mi balza in gola togliendomi il respiro. Il mio cervello urla disperatamente di terrore, sento il cuore pompato veloce dall'adrenalina che aumenta sempre di più mentre precipitiamo a testa in giù nel nulla, verso la terra che mi pare un masso attentatore: stiamo per morire! Riesco a pensare, poi di colpo l'imbracatura tira forte e ci raddrizziamo fluttuando nell'aria, sul lago circondato di verde, poi viriamo a destra e scendiamo. Il terreno ci respinge con un sobbalzo poi Eric trova stabilità e tocchiamo il suolo fino a fermarci, ma le mie gambe penzolano ancora ed io ho bisogno di sentire la terra sotto i piedi. Mi agito per sganciarmi le cinghie, come se stessi scacciando un ragno che mi corre sul corpo, senza riuscirci, ma improvvisamente, lui muove le braccia e sono libera. Mi allontano di qualche passo togliendomi il casco, e lo getto via, poi mi piego sulle gambe, poggio le mani sulle ginocchia cercando di prendere fiato e di calmare il mio stomaco sotto sopra. Il tremito in tutto il corpo non cessa, sono così sconvolta che non riesco nemmeno a piangere, ho solo voglia di picchiare quel pazzo. Oddio! Com'era alto, sembrava che non finisse mai la caduta libera, però riflettendoci non era stato come con l'istruttore il giorno prima. Eric, mi aveva tenuto stretta facendomi sentire tutt'uno con lui, mentre quell'uomo aveva agito solo in base alla sua professionalità, fregandosene della mia paura. La tuta e il casco, che ieri non avevo, mi hanno protetto dall'eccessivo vento, dandomi modo di poter controllare il respiro e nonostante la paura sono riuscita ad ammirare il panorama. Da lassù, mentre fluttuavamo, il mondo era senza alcun rumore e ricco di colori, le onde del lago, su cui abbiamo volato, le ho viste luccicare baciate dal sole che oggi splende dopo giorni di grigiore e pioggia e adesso sono in mezzo a un campo di margherite selvatiche, e non sono morta e nemmeno svenuta. Alzo la testa verso Eric, l'uomo che poco prima mi ha detto di volermi forte identica a lui, che mi fissa come se avesse un cannone puntato contro, ed io scoppio a ridere. È isterismo il mio, lo so, ma ridere, è liberatorio, mi fa sentire bene e in un impeto di euforia, mi getto su di lui e gli cingo il collo con le braccia. Mi stringe e nel mio orecchio, sussurra <<sai, questa è un'altra delle cose che per me rientrano nell'ordinario, ma che fatta, oggi, con te trovo straordinaria>>. Smetto di ridere per quella frase inaspettata: sono emozionata e incantata. Io, proprio io sto facendo vivere parentesi di vita straordinaria a quest'uomo complesso e imprevedibile. E lui guadandomi in viso con un mezzo sorriso, mi afferra per mano e mi porta oltre il campo di margherite, dove è parcheggiata la sua Ferrari e una Jeep. Da quella sua, scende l'uomo con i capelli carota poi dalla Jeep quello pelato e barbuto che si avvia a recuperare il paracadute che sventola placido aggrovigliato sul prato. Eric, si toglie la tuta ed io lo imito <<la dia a me signore>> <<grazie, Cornelius>>. Oh, l'uomo porcospino ha un nome ridicolo, penso tentata di ridergli in faccia mentre gli passo la mia tuta. Entriamo in macchina, e dopo un paio di chilometri Eric si ferma davanti ad una caffetteria <<adesso farai una soddisfacente colazione, giacché hai solo un bicchiere di latte nello stomaco>>. Anche se non sono certa che il mio stomaco sia tornato nella giusta posizione per contenere del cibo, lo seguo nel locale senza discutere al suo ordine. Mi sono ripromessa di essere obbediente e se questo è l'unico modo per renderlo felice, lo accontenterò. In fondo se sono sopravvissuta al paracadutismo, posso farcela anche davanti a una colazione. Una cameriera, grossa di età, con un'acconciatura bionda meticolosamente cotonata e un eccessivo rossetto rosso, su labbra quasi invisibili, compressa in un camice giallo, della taglia sbagliata per la sua stazza, si avvicina al nostro tavolo, porge il menù a Eric con un sorriso civettuolo divorandolo con gli occhi, finge di non vedermi ed io mi sento a disagio, come se fossi di troppo: e che diamine! Eppure lui la sta ignorando completamente, ma lo stesso, questa donna, si spoglierebbe se solo lui schioccasse le dita. Indispettita dall'atteggiamento della cameriera, afferro il menù dalle mani di Eric dicendo <<scelgo io, qualcosa di buono>>. Ordino cioccolata calda, torta caprese e tiramisù! Il tutto per due. Eric fa aggiungere, per se, anche del caffè e conceda la donna lanciandogli una breve occhiata e lei arrossendo si allontana sculettando notevolmente il suo enorme sedere. Mi ritrovo a seguirla con gli occhi e incredula sbatto le palpebre, quest'uomo ha conquistato una donna senza fare niente! Eric richiama la mia attenzione chiedendomi <<allora, come ti senti, rispetto a ieri?>>. Nel riflettere sulle sensazioni provate, la cameriera ritorna con le ordinazioni e mentre poggia i piattini sul tavolo, continua a divorarsi Eric con gli occhi, ed io indispettita rispondo <<eccitata>> e gli passo le dita nei capelli scomposti, dimostrando a quella stupida, che lui è mio e lo tocco pure. Eric esclama <<interessante, reazione! Deduco che lo rifaresti>>. Questa donna è veramente maleducata, non si appresta ad andarsene per ascoltare la nostra conversazione. Bene te la sei cercata! Giocando con le parole dico <<beh, posso affermare con certezza che i divertimenti estremi non fanno per me, ma non escludo una terza volta, a un solo patto però>> <<quale?>> <<Niente bardatura. Ti voglio davanti e non dietro di me perché voglio vedere la tua espressione mentre lo facciamo>>. Eric afferrandomi la mano se la porta alle labbra e dopo averla baciata <<sempre più interessante! Ho già in mente la posizione. E se non urlerai, mi avrai dietro, davanti, sopra, sotto. Insomma faremo un sacco di acrobazie>> e mi strizza l'occhio. Ha capito che sto scherzando per mettere in imbarazzo quella donna, e sta al gioco, ed io, sempre più divertita, gli bacio l'indice poi succhiandogli la punta del dito seducente, dico <<oh! Non vedo l'ora di averti dappertutto>>. La cameriera geme, ed entrambi, ci voltiamo verso di lei, che imbarazzata si allontana con il viso paonazzo. Eric, sorridendomi divertito, dice <<adesso mangia strega>>. Traggo un respiro e l'odore del cacao non mi nausea, anzi ne sono invogliata e sorprendentemente mi ritrovo ad avere fame. Assaggio un pezzo di torta caprese e il mio stomaco, tornato nella giusta posizione, ne richiede ancora. Oh il cioccolato! Delizia dei miei sensi, ogni boccone che mando giù mi fa sentire viva. Mangio quello che ho ordinato, con voracità. Eric, compiaciuto, spinge le sue porzioni verso di me, dicendo <<tu hai un rapporto quasi intimo con gli zuccheri. Questo spiega molte cose, in fondo siamo ciò che mangiamo, ma va bene così, purché tu ti nutra senza discutere>>. Divoro tutto, per assecondare sia lui, che il mio appetito, senza preoccuparmi di lui che non ha toccato nulla, tanto si nutre solo di proteine e di quell'intruglio di frutti rossi e vitamine. Mentre usciamo dalla caffetteria, come ultimo dispetto, faccio un cenno di saluto, con la mano, alla cameriera che fa una specie di broncio vedendoci andare. Arrivati all'auto, Eric mi dà la chiave <<guida tu. Io devo fare delle telefonate>>. Accetto con mio malgrado, di guidare questo mostro d'auto, perché mi viene sempre l'ansia quando lo fa lui parlando al telefono. Accendo il contatto e già inizio a sudare sentendo il motore ruggire. Introduco la retromarcia e cautamente esco dal parcheggio, mentre lui armeggia con i tasti del suo telefono, pigio il pulsante delle marce, inserisco la prima e m'immetto sulla destra come lui m'indica. Guido senza correre, ma lo stesso mi sento a disagio ad avere quest'auto tra le mani perché ho sempre la sensazione che sia lei ad avere il controllo e non io, mentre Eric continua a parlare, forse con uno dei fratelli, su una fusione aziendale e sembra contento di quello che sta sentendo. Poi riattacca e si rilassa sul sediolino dicendo, con tono ironico <<la mia Ferrari sta soffrendo nelle tue mani>>. Ignoro il suo sarcasmo, per non perdere la concentrazione e imbocco la statale sotto l'indicazione del navigatore umano seduto al mio fianco che non fa altro che rimirarsi in tutti gli specchietti dell'auto, poi si volta per guardare indietro e incavolato esclama <<merde!>>. Incredibile, Eric, che dice una parolaccia e solo per il mio modo cauto di guidare! Per la miseria, ma che esagerazione, dovrebbe apprezzarmi invece d'imprecare, però anche quella, detta in francese, sembra raffinata uscita dalla sua bocca e sorrido invece di rispondergli a tono. D'improvviso guarda il cellulare <<maledizione>> poi lancia un'altra occhiata indietro e mi dice <<lo vedi quel suv nero? Ci sta inseguendo, perciò accelera>> <<cosa?>> domando con la prospettiva di una tragedia davanti e con il sangue che mi si gela. <<Forza, Emily schiaccia quel maledetto acceleratore>> <<non posso farlo. Ho troppa paura. Chiama qualcuno in nostro aiuto anche l'esercito se è necessario>> <<lo farei volentieri ma il mio telefono si è scaricato e se ci fermiamo per scambiarci il posto, di sicuro ci prenderanno>> si volta ancora indietro <<si stanno avvicinando. Accelera e punta dritta a casa>> mi ordina. Oh mio Dio! Vogliono rapirci e questa volta è la sua vita a essere nelle mie mani. Abbasso di poco il pedale e stringo il volante mentre l'auto schizza sulla strada. Ho il cuore che mi balza nel petto e il panico mi sta stringendo la gola, <<più veloce! Quel suv ha il motore truccato. Avanti puoi farcela Emily, andrà tutto bene>>. Trattengo le lacrime, per vederci meglio e mi concentro sulla strada libera dando ancora gas. Oh no, un ostacolo! Un cartello stradale indica una curva a gomito. Eric tenendosi con una mano al cruscotto <<frena prima della curva. Decelera e scala le marce>> <<so come si fa. Stai zitto>> gli urlo in preda al totale panico vedendo dallo specchietto il suv starci sempre dietro. Riesco a tenere la strada senza volare giù dalla montagna. Dio, com'era corta la curva! E facendo un ultimo atto di coraggio, sul rettilineo schiaccio del tutto l'acceleratore, facendo un'entrata trionfale nel viale e una frenata spettacolare davanti casa sua. Tremante, poggio la fronte sullo sterzo: c'è l'ho fatta, l'ho portato in salvo adesso ci sono gli uomini della sicurezza a occuparsi di quel maledetto suv. <<Tutto bene signore?>> <<Sì! Milo grazie>> <<complimenti per la guida signorina, specialmente per come ha preso le curve>>. Di scatto alzo la testa e lo vedo allontanarsi dalla nostra auto e poi salire sul suv. Guardo Eric e lui mi dice <<ero in accordo con Milo. Lui ci scorta da quando siamo usciti da casa solo che tu non l'hai notato. L'ho fatto perché tu dovevi superare la paura della velocità in una situazione di pericolo>>. Le lacrime iniziano a colarmi dagli occhi, ho superato il test, ma non è detto che lui avesse il diritto di pendersi gioco di me e dei miei traumi. Eric mi accarezza una guancia e parlandomi con calma <<la paura è solo una condizione imposta dal cervello, solo prendendola di petto si supera ogni cosa>> <<e quale cazzo di metodo psicologico suggerisce questo trattamento>> gli urlo contro inviperita. <<Il mio. Ed ha sempre funzionato>> poi mi solleva dal sediolino e mi mette sulle sue gambe e tenendomi stretta <<sei stata brava. Adesso calmati. La prossima volta, però, che userai un lessico poco educato, io ti sculaccerò così ti ricorderai di esserlo ogni volta che ti siederai e poiché nella caffetteria hai detto che eri eccitata e visto dove mi sei seduta, ti do il tempo di entrare in casa, poi ti strappo i vestiti e facciamo le acrobazie>>. E scende con la mano sul mio didietro. Scivolo dalle sue gambe sull'altro sediolino ed esco dall'auto con un misto di rabbia, eccitazione e frustrazione verso di lui. Come può essere così presuntuoso, io non sento di aver superato nessuna paura anzi sono tutte lì in agguato nel mio cervello! E poi come si permette di minacciarmi! <<Emily, dove stai andando?>> <<A chiedere asilo a tuo fratello. Perché non ho intenzione di fare proprio nulla con te>>. In un attimo mi ritrovo circondata dalle sue braccia. Come cavolo ha fatto, a essere così veloce? <<Se pensi che basti chiedere asilo per fermarmi, ti sbagli. E tu lo sai!>>.
STAI LEGGENDO
La Passione ha il tuo nome
VampirosLa notte di San. Valentino, Emily, una giovane libraia, non sapeva che grazie a un'aggressione incontrava l'uomo che avrebbe stravolto il suo modo di amare. Perché a causa della maledizione, l'amore per lei era un sogno che non poteva permettersi, m...