La passione ha il tuo nome. Capitolo 16

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Emily.

Pasticcio la colazione, con lui seduto al lato opposto del tavolo, e con Olga che mette ordine nel salone. Non posso evitare di guardarlo e pensare al comportamento che ha tenuto ieri sera. Il suo essere prepotente mi manda su tutte le furie e per questo non mi scuserò del mio gesto, piuttosto pretendo delle scuse per il suo. Il sorriso che in questo momento ha stampato sulla bocca lo fa apparire rilassato, ma il suo sguardo è di sfida, devo essere cauta perché non tiri fuori la rabbia altrimenti, questa volta avrebbe centrato con un pugno il mio viso. Sono sicura che fosse tentato di farlo, ma, invece di dar retta alla paura che si è insinuata nel mio cervello, la cosa mi fa ancora più innervosire e alzandomi di sbotto lo guardo dritto negli occhi dicendogli, <<non ti sopporto!>>. Lui colpisce il tavolo con una mano con tanta forza che le tazze tintinnano. Trattengo il respiro preparandomi allo scontro. Poi con calma studiata si alza e si avvicina al mio viso con quegli occhi di ghiaccio: oddio adesso mi frantuma penso raggelandomi. Invece con un tono tra il suadente e l'ironico, mi sfiora le labbra con un dito, <<io invece ti adoro quando fai così, ma la prossima volta che vuoi farmi dispetto, ricordati che non c'è nulla che mi possa nuocere>> poi con aria strafottente aggiunge, <<stasera si esce, non mi va di restare a casa>>. Ed eccolo che eccede di cortesia, e se ne va. Dal salone sento ancora la sua voce dura, sta parlando in polacco, e poi la porta sbattere. Precipitandomi di là vedo sul viso di Olga un'aria mortificata e capisco che l'ha rimproverata, nella sua lingua, e mi scuso con lei per averla coinvolta, <<non si preoccupi, signorina. Il signore mi ha fatto solo delle raccomandazioni. Non è successo niente>>. La abbraccio. Benedetta donna! Lo difende pure. Durante la giornata penso al modo di fargliela pagare: lui la doveva smettere d'impormi tutto o cambiava atteggiamento oppure la mia permanenza in casa sua sarebbe finita di lì a poco. E soprattutto non doveva più prendersela in quel modo con Olga per avermi aiutato. Quando rincaso, lui è già lì con l'umore cupo, ma senza dargli importanza mi dirigo alla scala, <<sbrigati, non sopporto quando perdi tempo>> <<ma chi ti ha chiesto nulla! Sei stato tu a volermi qui, potevo benissimo cavarmela da sola>> <<tu credi?>> e si chiude nello studio lasciandomi a pensare che avesse ragione ma anche a quanto fosse rinfacciante, arrogante e pieno di sé. Vuoi la guerra Bilmar, allora ti accontento, mentre la ragione mi sussurra, cantilenando: non esagerare! Indispettita, inizio con il lavarmi un centimetro di pelle alla volta, poi mi preparo con più calma del solito, e quando lo raggiungo, lo trovo impegnato al telefono e parla in francese. Non capisco ciò che dice, ma comprendo dal suo tono autoritario che si tratta di lavoro, allora mi armo di pazienza e attendo, poi a un tratto mentre continua a discutere al telefono, afferra la giacca dalla poltrona e si avvia alla porta. Non riesco a trattenermi dal fargli una linguaccia alle spalle, e sorrido sentendomi della stessa età di Letizia, decisa a non muovermi. Mentre avrei dovuto dare ascolto alla mia razionalità che mi grida: SMETTILA! Ritorno subito seria, quando lui si volta sull'uscio e mi fa cenno di seguirlo. Alla fine, mi arrendo perché lo trovo terribilmente irresistibile anche quando lo mando su tutte le furie. La sua conversazione dura fino a che non arriviamo al "Cabaret" e, solo allora lui finisce di parlare al telefono, facendolo di sicuro, di proposito per non rivolgermi la parola. Cavolo è veramente furioso con me, penso mentre ci rechiamo all'ingresso del locale: <<che gnocca di bionda! Ammazza che chiappe>>. Dopo qualche passo sento un tonfo e un antifurto suonare. Nel voltarmi, vedo un ragazzo disteso su un'auto ed Eric, si allontana da lui aggiustandosi le maniche della giacca. Lo guardo incredula, mentre altri ragazzi in tutta fretta scappano trascinandosi dietro il loro amico zoppicante. Assurdo! Eric ha menato quel poveretto solo per aver espresso un pensiero ad alta voce e quando mi raggiunge, accigliata dico, <<tu hai qualcosa che ti gira male nel cervello!>> <<La mia testa funziona bene, sono certi apprezzamenti su chi è al mio fianco che non gradisco>> <<e chi ti dice che era diretto a me. Ci sono altre bionde per strada>> <<sì ma nessuna è una gnocca, perciò vestiti in modo adeguato la prossima volta. Adesso stai zitta e cammina>>. Per non subire altre imbarazzanti scenate in strada lo seguo a testa bassa, chiedendomi se il suo si possa definire un attacco di gelosia. Certo che sì! Mentalmente mi cullo di soddisfazione, perché doveva prendersela solo con se stesso: tanto è stato lui a vestirmi a suo piacimento.

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