La passione ha il tuo nome. Capitolo 48

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Eric.

Sono fuori di casa sua e vedo l'auto di Luca. Guardo dalla finestra: lui sta dormendo sul divano. È rimasto per farle da guardia. Bene, non mi ero sbagliato, è un amico leale. Librandomi nell'aria arrivo alla sua finestra: è sola in camera e uso il mio influsso. Sentendo il mio richiamo dischiude gli occhi volgendo la testa verso me, poi si alza, apre la finestra e salendo sul davanzale mi tende le braccia. La prendo e ci spostiamo distante dalla casa. Siccome indossa solo una camicia da notte sottile per l'aria fresca di questa notte, mi tolgo la camicia e gliela infilo, poi ci sediamo sotto a un vigneto e guardandola <<raccontami di te>>. Con la mente ipnotizzata, inizia a parlare, <<i primi sei anni della mia vita sono da cancellare. Avevo un padre troppo fatto e ubriaco perché si accorgesse di me e una madre che per mestiere vendeva il suo corpo per drogarsi e che un giorno vendette anche me. Solo grazie al dono di Emy, Flavio arrivò e mi salvò dalle gambe di quell'uomo. Lo uccise quasi di botte, poi passò a mio padre e gli spezzò le braccia e a mia madre, le lanciò dei soldi in faccia dicendole: mi prendo tua figlia, la porto via da questo schifo. Elena fece arrestare tutti, ottenendo anche il mio affidamento e da allora Flavio mi trattò come una figlia, ma purtroppo durò poco perché dopo due anni morì. Eravamo a scuola quando Emy sentì le voci, ma quella volta non servì a salvargli la vita ed io persi, l'unico uomo che mi amò disinteressatamente. Dopo anni, iniziai a fidarmi nuovamente degli uomini, lui era più grande di me e quando gli confessai di essere incinta, disse che né io né un bambino facevamo parte dei suoi progetti e mi ordinò di liberarmene. Caddi nella più totale disperazione e decisi di andare ad abortire, ma mentre stavo per farlo, mi assalì la paura e scappai. Non appena fui tornata a casa, seppi che Elena aveva avuto un incidente. Elena era morta. Emy era in ospedale perché era in auto con la madre ed io mi ritrovai nuovamente sola. Lei, anche per Elena aveva sentito le voci. Durante la veglia funebre, la messa e il funerale Emy era presente fisicamente ma non con il cervello, l'unica reazione l'ebbe al cimitero. Lei s'inginocchiò stringendosi le braccia al corpo e poggiando la guancia sul marmo ripeteva: portami con te. Diego riuscì a portarla in casa sua, ma lei per più di una settimana rimase in uno stato catatonico, e a quel punto il medico decise di metterle dei flebo per idratarla, ma mentre ne finiva una, lei guardò Diego e disse: le voci, lei è morta, poi iniziò a singhiozzare senza lacrime, poi arrivarono e insieme le urla. Sembrava impazzita, tanto che riuscì a strapparsi l'ago dal braccio e mentre tentavamo di tenerla e di fermare il sangue, si mise la mano sul cuore dicendo: fa male. E svenne. Il medico disse che lei aveva vissuto le fasi del lutto tutte in un solo momento, la perdita, la consapevolezza della morte e poi il dolore. Fu terribile, ma la parte peggiore avvenne quando arrivò il senso di colpa, lei continuava a sostenere che fosse colpa dei sussurri. Una notte tentò il suicidio con dei sedativi ma io me ne accorsi e riuscimmo a salvarla. Quando si svegliò, se la prese con me. Mi urlò di tutto e di più e finì col dire che noi tutti non eravamo nessuno per impedirle di morire. A quel punto la implorai di desiderare di vivere perché avevo bisogno di lei, di mia sorella perché avevo un problema grosso. Le raccontai tutto, lei mi ascoltò, poi dopo un lungo silenzio, guardandomi negli occhi: dicono che quando una vita sta per spezzarsi, se muore un'altra persona, a lei vicina, vuol dire che quella stessa persona è morta al suo posto, e per questo noi saremo unite da un legame che andrà oltre il comune. Mi chiese di non abortire perché lei mi avrebbe aiutato; solo il tempo di mettersi in forze e poi ci saremmo rimboccate le maniche. Dopo una settimana che si era abbastanza ripresa fisicamente, disse: Adriana, si gira pagina! Dobbiamo fare progetti, per prima cosa si cambia aria! E fu così che vendette la casa di Pescara e ci trasferimmo qui. Lei mi aiutò in tutti i modi, aprimmo la libreria in società, studiavamo di notte per laurearci crescendo anche Letizia e dopo due anni dalla sua nascita lei le regalò la casa in cui viviamo, che apparteneva ai suoi nonni materni>> <<bene. Adesso dimmi i nomi degli uomini che ti hanno fatto del male>>. Adriana, al solo provare a pronunciarli trema con la fronte imperlata di sudore e il respiro accelerato, nonostante fosse sotto la mia influenza e che avesse il mio sangue, spalanca gli occhi, ed io vedendola così sconvolta da quel ricordo, rinforzando l'influenza dico, <<pronunciali, a voce alta>> <<Antonio Rubio e Gianni Albini>>. Soddisfatto, le accarezzo una guancia e lei prendendomi la mano, la poggia sul suo seno, accostando le labbra alle mie. In questo istante mi ravvedo che sta sopraggiungendo in noi la chimica, l'istinto animale, primordiale tra due sessi opposti. Lei sta cedendo alla seduzione. Lei sta cedendo al Vampiro, al richiamo del mio sangue, ma sento anche il suo desiderio impellente di essere amata da un uomo. Presi entrambi da questa frenesia inizio a toccarla, ma lei spostando la mia mano si spinge su di me volendo di più e allora prorompo, <<che si compia l'ineluttabile!>>. Sono appena in lei che diventa rigida come un pezzo di legno, gemendo di dolore. I suoi ormoni reclamano sesso ma il suo subconscio, nonostante fosse sotto ipnosi, l'ha irrigidita: una reazione dal trauma subito. Piccola, fragile donna, penso e fissandola le dico, <<abbandonati e concediti. Nuptiae dies caro, sexus et sanguis>>. Adriana, obbedendo scende lentamente su di me. Sono completamente in lei e inarcandosi all'indietro si abbandona. Io tenendola la lascio condurre, ma quando inizia a muoversi troppo veloce, la rallento e la porto sotto di me. Conducendo adesso io fino a che non accompagna l'orgasmo con un grido. A quel punto m'incido il collo offrendole il mio sangue, appena sento le sue labbra sulla mia pelle, mordo il suo, scambiandoci moderatamente il sangue, rinforzando il legame. Ancora stordita di piacere, la sollevo tra le braccia e la riporto nel suo letto e sedendomi al suo fianco catturo il suo sguardo e le dico <<ti amerò solo come fece Flavio e di me ti fiderai sempre>> mettendole la pistola sotto il materasso, <<usala per difenderti, poi chiamami. E cosa più importante, non lasciare entrare in casa chi non conosci. Adesso dormi>>. Riprendendomi la camicia, ritorno a casa, lasciando una donna che ha superato la paura del sesso e, un'altra ancora nelle mani di un Vampiro crudele, che dopo quell'esperienza, sarebbe stata lontano dagli uomini per molto tempo.

Nel silenzio della mia casa, con il letto vuoto senza di lei, che desidero terribilmente, mi sento solo come non mai: in me, riconosco un'emozione da poco riconosciuta, la solitudine. Ed è tremendo. Io non voglio più essere solo.

Riempio la vasca: devo rilassarmi per non pensarci e tra le varie boccettine di oli che stanno sul bordo, ne porto una al naso. Un sentore forte, acre e intenso mi riporta tra quelle vigne: io, Adriana, Emily... la colpa! Ancora una nuova sensazione dentro di me, la peggiore! Quella che corrode, che ti fa sentire un verme, ma ovviamente queste sono sensazioni umane dettate dal sentimento che provo per Emily.

No! Nel mio mondo, no. Niente colpa. Perché era inevitabile che accadesse. Rose, mi aveva imposto di creare al più presto il legame con Adriana, per proteggerla da Ludovic. Ovviamente, per vendetta, mi aveva fatto carico anche della bambina che io non sopporto. Conoscendola il suo ragionamento era stato: vuoi Emily e ti prendi anche il resto con annesse conseguenze. Dopo qualche ora di sentimenti eterogenei, d'immagini immorali e di ammollo con idromassaggio, finalmente riesco a rimuovere quel ricordo con Adriana e tutto il resto, mettendolo in un angolo remoto del mio cervello e mi vesto elegante con un abito nero.

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