La passione ha il tuo nome. Capitolo 7

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Emily.

Gli occhi mi lacrimano, starnutisco in continuazione e la testa mi martella. Ascoltare la messa domenicale è stato un supplizio e il pranzo, un masticare di cibi insapori. Adriana, mi versa la seconda aspirina della giornata in un bicchiere d'acqua e mentre, attendo che si sciogliesse, lei seduta sul bordo del tavolo di casa sua, dice <<lui è strano>> <<di chi stai parlando?>> domando massaggiandomi le tempie sperando di alleggerire il mio mal di testa. <<Del tuo Eric! Ieri sera ti guardava come se stesse in agonia, oppure con severità. In alcuni momenti ti fissava incantato, poi sorrideva. In altri come se fosse pronto a ucciderti poi ha cambiato atteggiamento e ha tirato fuori qualche battuta divertente. Secondo me è introverso a tratti diffidente oppure soffre di disturbi mentali>> <<io lo conosco da più tempo di te, perciò, non metterti a fare psicanalisi errate. Lui è solo un succhia sangue>> rispondo menzionando la battuta del barista per non incalzare una discussione con lei. <<Sedie di forma allungata! Mangiare e fare sesso insieme. Chi può farlo! Ci mancavano, esposti, solo dei falli par uso occasionale>> esclama Adriana, poi fissandomi con fare indagatore <<ma tu, hai avvertito qualcosa di duro, tra le sue gambe>>. Scuoto la testa guardandola con circospezione, in attesa della sua battuta, <<allora è gay!>> esclama e insieme scoppiamo a ridere per la stravacanza dei posti in cui eravamo state. Se non fosse stato per l'episodio di Pietro, Luca ed Eric, e il suo modo di guidare la moto, mi sarei divertita da matta. Mi ero rilassata solo dopo aver parlato con Luca, appena rincasata. Fortunatamente stava bene. Certo mi aveva mandato, bonariamente, a quel paese poiché l'avevo chiamato alle cinque del mattino, ma mi dovevo rassicurare del fatto che Pietro non fosse andato oltre per vendicarsi della lite. Speravo con tutta me stessa che presto Pietro capisse e si rassegnasse sulla fine del nostro rapporto perché nemmeno lontanamente avrei preso in considerazione un eventuale ripensamento, specialmente, dopo di quello che mi aveva fatto. Dopo il centesimo starnuto, getto nel cestino il fazzolettino di carta e prendo il cappotto <<io me ne vado. Ho bisogno di una pozione rigenerante>> e lancio un bacio volante a Letizia, che è tutta concentrata, a giocare con il pc della madre. Appena scendo dall'auto, la mia vicina, una signora di mezza età mi guarda incuriosita mentre mi tampono gli occhi. Davo l'impressione che stessi piangendo e sotto voce dico <<è solo colpa di quel pazzo di Eric e suo fratello se ho un tremendo raffreddore>>. Le rivolgo un sorriso di cortesia ed entro in casa. Per prima cosa faccio una doccia, ma non abbastanza calda come avrei voluto perché il vapore mi bruciava la pelle arrossata del naso. Dopo mi cospargo il petto e il collo con una crema a base di eucaliptolo, così avrei respirato meglio, e m'infilo una tuta con un cardigan di lana, poi in cucina mi preparo una tazza di latte bollente con il miele. Accendo il camino, metto la scatola dei fazzolettini sul tavolino e mi distendo sul divano sotto un soffice plaid: Dio sono tutta intorpidita dallo stato influenzale. Bevo il latte guardando un talent show alla tv lanciando ogni tanto uno sguardo al telefono tentata di chiamare Eric. Non lo faccio però, tanto nella serata sarebbe venuto. Ne sono sicura, penso mentre gli occhi mi si chiudono.

Trascorre l'intera settimana, senza che Eric si facesse vivo ed io come una stupida l'ho atteso, riducendomi a telefonargli nella speranza di rivederlo o di sentire la sua voce, ma era sempre irraggiungibile. E fissavo il telefono elemosinando un suo squillo, come un'adolescente alla prima infatuazione. Il suo atteggiamento nei miei confronti, mi aveva fatto capire di interessargli, ma adesso che ci penso, forse, mi sono solo illusa e se davo retta alle chiacchiere su quanto fosse donnaiolo e al suo comportamento, ero sicura che si stesse divertendo con la ragazza che ballava sul bancone del: "Planet Rock". Mi do ancora della stupida; quell'uomo mi stava sconvolgendo la vita e il mio modo di essere. Infastidita dal mio stesso atteggiamento, afferro la borsa e gettando il telefono sul tavolo, ad alta voce, immaginando di averlo davanti, stizzita, dico <<Bilmar, hai sbagliato persona!>>. La settimana successiva, per sbollire la rabbia e svagarmi, tutte le sere esco con i miei amici, facendo coppia con Luca, ovviamente evitiamo i luoghi, dove sarei potuta imbattermi in Pietro, ma nonostante mi diverto, il mio cervello è in balia di lui, fino al punto di avere l'impressione di avvistarlo, di sfuggita tra la folla nei locali. Questo mi turba cambiandomi d'umore, ma la cosa più strana era che, anche se non mi facesse più visita, avevo l'impressione di sentire il suo profumo in casa e questo la notte scatenava la mia libidine. Il lunedì seguente, quando ormai penso che non si sarebbe fatto più vivo, mentre esco da casa, lui si presenta alla mia porta con quell'aria disinvolta, con i suoi capelli mossi dal vento freddo che soffia quella sera salutandomi con un <<ciao! Stavi uscendo?>>. Sono tentata di sbattergli la borsa in faccia e strappargli i capelli uno a uno ma il solo vederlo, il mio cuore inizia ballare la samba, però mostrandogli distacco dico <<sì. Vado a festeggiare il ritorno del figliol prodigo, perciò non rompere!>> e apro lo sportello della mia Smart. Eric richiude la portiera impedendomi di salire <<non mi aspettavo di essere accolto in questo modo>> <<e cosa credevi che ti facessi le feste e infine da zerbino, pregandoti di calpestarmi? Scordatelo! Ho fatto già la mia porca figura provando a chiamarti. Si può sapere, che fine hai fatto?>> <<Emily, non pensare che non abbia nulla da fare solo perché io sono ricco! Io ho dei doveri! Io ho intere famiglie di cui preoccuparmi! Io ho anche una vita privata che non è fatta solo di te!>> <<Io. Io. Io! Sembra che l'universo intero giri intorno a te! Ehi tu! Dio dell'Olimpo scendi da lì e vieni a far parte degli umani, anche se ti dovesse costare di confonderti con loro! La vita è fatta anche di relazioni interpersonali e poiché non ne tieni conto, va a tuffarti nel tuo privato>> e lui guardandomi come se stessi parlando, una lingua sconosciuta esclama, <<un momento, ma noi due, stiamo discutendo e perché?>>. Infuriata, perché ho l'impressione che non volesse capire il senso del mio discorso, riprendo <<tu non puoi comportarti così; vieni, sparisci poi ritorni, non chiami, insomma non puoi fare come ti pare. Non con me, mister Bilmar!>>. Eric, accigliato mi afferra per le braccia <<tu, cosa vuoi da me?>>. In questo momento, mi sarebbe piaciuto, stringerlo, baciarlo e poi dirgli: "Questo voglio da te", ma facendo largo alla ragione, perché non volevo essere come le altre donne che gli si buttano tra le braccia, gli dico <<vorrei essere considerata!>> <<Emily, ma io parlandoti ti sto considerando>>. Per la sua arroganza senza limiti mi sarei messa a urlare di frustrazione, ma liberandomi, crucciata, sono più esplicita, <<mi piacerebbe capire che ruolo vorresti avere nella mia vita Eric>> <<ma di che ruolo parli!>> <<Vedi, un amico non sparisce per settimane senza neppure mandarti un sms. >> <<Allora, io sarò un amico speciale e poi chi ti dice che vorrei un ruolo, potrei essere solo una comparsa>> mi risponde con sfacciata ironia ed io puntando il dito verso la strada a occhi stretti, urlo <<smettila Eric vai... >> lui mi blocca il polso e tirandomi a se con uno strattone, <<non dirlo, potrei sparire e rischieresti di non rivedermi più>>. Al suo contatto, il suo profumo mi confonde, il mio cuore accelera la samba e dico con un tono supplichevole, che non mi sarei mai aspettata di sentire dalle mie labbra, <<non trattarmi come una delle tue prede. Non farmi male!>> <<Ok! Sappi però che manco da due settimane da casa e che sono appena atterrato da Pechino e a dispetto della stanchezza, mi sono fermato da te, perciò basta litigare>>. Potevo perdonarlo? Potevo lasciare che lui si comportasse in quel modo? Una voce dentro di me diceva: ma sì! Nonostante tutto sei stato il suo primo pensiero, per il momento accontentati. Lo sguardo intenso di Eric e il modo in cui mi sorride, mi spingono a dare ascolto a quella voce, pur sapendo di sbagliare e mentre sto per aprire bocca, un'auto, che riconosco, rallenta passando davanti casa mia. Eric attorcigliandosi una ciocca dei miei capelli tra le dita mi dice, <<ora, due sono le cose: o entriamo in casa e mi racconti come hai conosciuto Diego e la sua fidanzata, oppure fracasso il cranio al maiale se si ferma. Scegli!>>. Ormai Pietro lo aveva visto, anche se di spalle e il modo in cui stavamo parlando dava l'impressione che amoreggiassimo e per essere sicura che non si fermasse per litigare, tendendo una mano a Eric, propongo <<entriamo in casa, ma a un patto! Solo se anche tu mi racconti qualcosa di te>> <<affare fatto>> risponde stringendola. In casa, prendendomi la sua giacca di pelle nera, poiché era trascorsa l'ora di cena, osservando le buone maniere, <<vuoi bere qualcosa?>> gli dico. Lui guardandomi negli occhi, <<non ho sete, grazie>>. Accomodandoci sul divano Eric dice <<prima le signore! Avanti racconta>> <<io, Diego e Katya eravamo vicini di casa. Loro due sono più grandi di me di cinque anni, la mamma di Diego, Linda, mi faceva da baby-sitter mentre la mia era a lavoro. La nostra amicizia negli anni non è cambiata. Nei momenti più difficili, loro mi sono sempre stati di sostegno, senza farmi mai sentire sola. Gli sono molto legata, compresa Adriana e poi ho anche altri amici che tu hai visto>>. Poi tocca a lui, <<sono nato in Svezia, il primo gennaio. Vivo da un anno a Roma, viaggio spesso per lavoro e prima dell'Italia, ho vissuto in varie parti del modo l'ultima è stata New York, dove ho trascorso buona parte della mia esistenza. Ho tante conoscenze, ma si contano sulle dita di una sola mano le persone che ritengo amici fidati, però lo sono in assoluto i miei fratelli. Mi fido a tal punto che metterei la mia vita nelle loro mani>>. La stima che avesse dei fratelli era ammirevole, ma era altrettanto brutto essere circondato da persone di cui non ti fidi, perché alla fine si era soli. Penso, mentre si fa largo nel mio cervello una riflessione e perciò gli chiedo <<il tuo viaggio a Pechino, era per lavoro?>> <<Sì! E mentre tu, qui dormivi o ti davi alla bella vita, io ero impegnato in trattative serie, ma che sotto certi punti di vista ho trovato addirittura piacevoli>> <<allora ti trasferirai lì?>> e prego che mi dicesse di no. <<Anche se ho costatato e apprezzato da vicino il materiale di Nazifatu, però quel progetto, non ha catturato il mio completo interesse e quindi resterò in Italia. Adesso se mademoiselle è soddisfatta, io andrei perché sono stanco>>. Sono tentata d'invitarlo a restare, avendo la camera degli ospiti, ma mi trattengo, perché dopo una lunga assenza da casa, al suo posto avrei desiderato solo tuffarmi nel mio letto. Salutandolo sulla porta, gli propongo <<domani sera, andrò a una festa in maschera al "Modiva", ti andrebbe di venire con me?>> <<Domani mattina, volerò a Parigi>> avvicinandosi, alza una mano e sfiorandomi le labbra con le dita, <<ma ho un biglietto aereo in più>> e mi sorride. Rimango incantata e senza parole, e poiché avverto un lieve tremore alle gambe, mi poggio alla porta, pensando: oddio mi sta invitando con lui nella città, che io ritengo la più romantica dell'universo? Forse ci metto qualche secondo di troppo per formulare quel pensiero e per dirgli; la mia valigia è già pronta, perché Eric si avvia alla sua auto e prima di salire, con tono fin troppo serio, mi dice <<fai attenzione ai Vampiri, c'è ne sono molti in giro il martedì Grasso. Oltre ai maiali>>. Poi va via facendo ruggire il motore. Rientro in casa dandomi della stupida e continuo a ripetermelo, mentre mi spoglio, m'infilo il pigiama e ancora fino a quando non appoggio la testa sul cuscino. Uffa, sono sicura che il mio silenzio, lui l'avesse preso come un rifiuto pensando che non mi fidassi di lui e per questo mi sarei schiaffeggiata da sola. O che avessi addirittura paura di lui? Beh, questo forse è vero. Solo un po', ma di me. Ho paura di rivelargli i miei segreti, specialmente di uno perché me ne vergogno.

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